La cultura del restauro, in particolar modo la storia della disciplina sistematizzata intorno agli anni Cinquanta del Novecento, ha posto a pieno titolo Camillo Boito tra i ‘padri’ del restauro e collocato gli esiti del Convegno degli Architetti e Ingegneri del 1883 nel rango di prima ‘Carta’ italiana del restauro. Molto cammino è stato fatto, da quel momento, sia nelle esperienze operative, sia nelle riflessioni teoriche sul tema disciplinare. L’idea di monumento come documento ‘veritiero’ di storia e d’arte, l’analisi filologica come momento essenziale per la comprensione dell’edificio - e quindi come elemento di riferimento per l’intervento operativo del restauratore - secondo i concetti introdotti da Boito - con il succedersi delle stagioni storiche e dei mutamenti culturali sono stati declinati secondo diverse ‘teorie’ nella lettura del monumento, estesa al patrimonio costruito in seguito. Tuttavia non si può non considerare che da quel momento la riflessione sul restauro abbia conservato inalterata la necessità di confrontarsi costantemente con uno dei nodi centrali e imprescindibili della disciplina messo a nudo dal Nostro, ovvero il problema della relazione tra la preesistenza e l’aggiunta costituita dal restauro; opera questa che, come recitava il ben noto motto boitiano, doveva essere ‘tutta moderna’. Con l’irruzione di un presente distinto dal passato nella discontinuità progressiva della storia da leggere nel monumento, Camillo Boito apre in effetti il fronte di quel dibattito sul rapporto tra ‘Antico’ e ‘Nuovo’ che in alterne fasi della storia del restauro, secondo il mutare delle declinazioni culturali e teoriche della disciplina, ha impegnato tanta parte della discussione tra i restauratori, come ad esempio dopo la seconda guerra mondiale. Dopo aver esaminato i passaggi più significativi che hanno contrassegnato la continuità e allo stesso tempo l'evoluzione dell’eredità boitiana nella storia disciplinare e nella riflessione novecentesca sul restauro, il presente contributo si propone di focalizzare in particolar modo l’attenzione sui possibili termini che la sua eredità può assumere, in rapporto ai temi fondativi della disciplina, così mutati nell’attuale orizzonte culturale rispetto alla temperie nella quale prese forma il suo pensiero. Oggi i legami profondi che costitutivamente connotano la disciplina nelle sue connessioni con i concetti di storia, di materia e di memoria vedono radicalmente mutati i contenuti di queste ultime, sia rispetto al clima culturale ottocentesco nel quale la riflessione di Boito ha preso le mosse, sia relativamente a molte teorie che hanno fatto attraversare la sua eredità nel Novecento. La distanza e la trasformazione avvenute nei tempi più recenti si registrano già a partire dal significato dei termini del linguaggio disciplinare e dall’ampliamento di essi intorno al nucleo originario che in Boito è incentrato sulle parole monumento come documento storico-artistico attestante l’identità di un popolo, mentre oggi arriva a comprendere anche oggetti alla scala urbana e territoriale nel loro valore di testimonianza molteplice, materiale e immateriale. Se il valore documentario riconosciuto alla testimonianza materiale si è dilatato dagli oggetti singoli fino a al territorio bisogna anche riconoscere, nel contempo, come oggi il significato testimoniale del patrimonio costruito ponga al centro dell’intervento la conoscenza dell’oggetto materiale in funzione del suo uso. Tale documento, perciò, risulta fortemente collegato alla fruizione dell’individuo, alla sua dimensione esistenziale, in una visione e molteplicità di letture che va, evidentemente, ben oltre le rigide codificazioni storiografiche come quella che nell’Ottocento considerava il monumento quale documento della civiltà che l’ha prodotto, e quindi come veicolo per conoscere la storia del passato. Per certi versi però, pensato rispetto all’oggi, il discorso di Boito assume una forza particolare, se si pone più in generale la questione del significato documentario che il costruito può assumere come ‘traccia’ del nostro essere nel mondo. L’importante questione dell’architettura per la ‘nuova Italia’ che Boito poneva nasceva dalla consapevolezza della necessità di lasciare una ‘traccia’, di ‘costruire’ un documento nel presente per il futuro, concetto questo al quale, nell’Italia appena unificata, corrispondeva la forza simbolica del ‘monumento’ del passato, e dunque l’esistenza stessa del restauro come operazione volta a potenziare la leggibilità di valori passati per il futuro. Pertanto, il tema dell’architettura oggi come atto di cultura contemporanea si deve confrontare - non senza difficoltà e con esiti talora sconcertanti - con la questione dell’identità che in un mondo globalizzato risulta frammentata e contraddittoria come sono frammentate e contraddittorie le molteplici identità culturali con le quali gli oggetti e la pratica della conservazione si devono confrontare. Se in Boito il monumento è espressione della società che l’ha prodotto e il suo restauro ha lo scopo di rendere sempiterni i valori ‘forti’ di quel passato, come in varie declinazioni tutta la storia della disciplina ha mostrato di cercare, la sfida del nostro presente è forse proprio quella di interrogarsi su quale senso per il futuro possano assumere i molteplici caratteri testimoniali portati dal costruito in relazione alla mescolanza culturale di identità del mondo globalizzato. Le nuove parole del linguaggio del restauro, in proposito, già delineano i molteplici requisiti del progetto di conservazione nelle sue diverse scale (ad esempio, sicurezza, prevenzione o, rispetto ad altre istanze, di compatibilità, reversibilità e così via). Queste parole però non chiamano in causa soltanto il sistema, sempre più articolato, di esigenze esistenziali e di saperi inter e intra-disciplinari concorrenti in un intervento consapevole e appropriato. Essi suggeriscono come il tema dell’uso, materiale e immateriale, del patrimonio costruito, senza rinunciare alle legittime esigenze esistenziali, pratiche e spirituali, debba però confrontarsi con la complessità e i problemi del mondo contemporaneo. Parlando del costruito diffuso - e non di casi di spettacolarizzazione turistica onnivora (delle piramidi egizie, o del Colosseo, per intendersi) -, la dimensione individuale dell’esperienza del singolo soggetto, nel rapportare la propria esperienza agli oggetti costruiti, si deve confrontare sempre più spesso con edifici che, per caratteristiche costruttive, tecnologiche e funzionali sono una fragile testimonianza di pratiche e di modi di vita sociale, economica e culturale ormai perduti, il più delle volte divenuti indecifrabili per la contemporaneità senza una efficace mediazione culturale che aiuti ad apprezzarli e a motivarne la conservazione in base a criteri riferiti al loro valore documentale e culturale, oltre che – doverosamente – economico-gestionale. Una riflessione in questa direzione sembra poter essere utile anche per tentare di mettere a fuoco ipotesi su possibili nuove prospettive e connessioni interdisciplinari per il restauro nel XXI secolo.

Abstract: The culture of restoration, particularly the history of the discipline, has placed in full Camillo Boito among the 'fathers' of the restoration and elected the results of the Conference of Architects and Engineers held in 1883 as the first 'Charter' of Italian restoration. Many changes have taken place since then, both in operational experience, and in the theoretical reflections on the subject. The idea of the monument as a 'true' document of history and art, the philological analysis as an essential moment for understanding the building - according to the concepts introduced by Boito - with the succession of historical and cultural seasons, were interpreted in different restoration theories, extended afterwards to the building heritage. However, it must be considered that from that moment the reflection on restoration has conserved constantly unaltered the need to address one of the central nodes of the discipline exposed by Boito, i.e. the problem of the relationship between the pre-existence and the addition (constituted by the restoration work that - as he recited in its well-known motto, had to be 'all modern indeed'). Actually, Camillo Boito's thought opens the debate on the relationship between 'Old' and 'New that from that moment has occupied much of the discussion among the restorers, specially after the second World War. After reviewing the most significant steps that have marked the continuity and at the same time the evolution of Boito’s thought in the history of the discipline in the 20th century and in the reflection on restoration, this article attempts to focus in particular on the potential terms that his legacy may assume today, in relation to the founding themes of discipline, so dramatically different from the cultural climate in which his thinking took shape. Nowadays, the deep bonds that constitutively characterize the discipline in its connections with the concepts of history, matter and memory, show their contents radically changed, both with respect to the nineteenth-century cultural climate that was the starting point of Boito’s reflection, and to the theories that have brought his legacy into the twentieth century. The distance and the transformation that occurred in more recent times are recorded already from the meaning of the terms of the disciplinary language and from their enlargement around the original core that Boito posed on the terms ‘monument’ and ‘historical-artistic document’. The pluralistic meaning that the term ‘document’ assumes nowadays - regards to the built heritage, no longer to the single monument - in its value as a multiple historical record, tangible and intangible, is expressed by new ‘words’ of the technical language (such as use, safety, prevention, reversibility, and so on), and thus by a new way of thinking about the meaning of restoration. A reading in this direction seems useful for trying to deal with hypotheses on the possible meanings and contents of the restoration in the XXI century.

Camillo Boito e la disciplina del restauro: quale eredità per il XXI secolo?

PESENTI, SERENA
2014-01-01

Abstract

Abstract: The culture of restoration, particularly the history of the discipline, has placed in full Camillo Boito among the 'fathers' of the restoration and elected the results of the Conference of Architects and Engineers held in 1883 as the first 'Charter' of Italian restoration. Many changes have taken place since then, both in operational experience, and in the theoretical reflections on the subject. The idea of the monument as a 'true' document of history and art, the philological analysis as an essential moment for understanding the building - according to the concepts introduced by Boito - with the succession of historical and cultural seasons, were interpreted in different restoration theories, extended afterwards to the building heritage. However, it must be considered that from that moment the reflection on restoration has conserved constantly unaltered the need to address one of the central nodes of the discipline exposed by Boito, i.e. the problem of the relationship between the pre-existence and the addition (constituted by the restoration work that - as he recited in its well-known motto, had to be 'all modern indeed'). Actually, Camillo Boito's thought opens the debate on the relationship between 'Old' and 'New that from that moment has occupied much of the discussion among the restorers, specially after the second World War. After reviewing the most significant steps that have marked the continuity and at the same time the evolution of Boito’s thought in the history of the discipline in the 20th century and in the reflection on restoration, this article attempts to focus in particular on the potential terms that his legacy may assume today, in relation to the founding themes of discipline, so dramatically different from the cultural climate in which his thinking took shape. Nowadays, the deep bonds that constitutively characterize the discipline in its connections with the concepts of history, matter and memory, show their contents radically changed, both with respect to the nineteenth-century cultural climate that was the starting point of Boito’s reflection, and to the theories that have brought his legacy into the twentieth century. The distance and the transformation that occurred in more recent times are recorded already from the meaning of the terms of the disciplinary language and from their enlargement around the original core that Boito posed on the terms ‘monument’ and ‘historical-artistic document’. The pluralistic meaning that the term ‘document’ assumes nowadays - regards to the built heritage, no longer to the single monument - in its value as a multiple historical record, tangible and intangible, is expressed by new ‘words’ of the technical language (such as use, safety, prevention, reversibility, and so on), and thus by a new way of thinking about the meaning of restoration. A reading in this direction seems useful for trying to deal with hypotheses on the possible meanings and contents of the restoration in the XXI century.
2014
La cultura del restauro, in particolar modo la storia della disciplina sistematizzata intorno agli anni Cinquanta del Novecento, ha posto a pieno titolo Camillo Boito tra i ‘padri’ del restauro e collocato gli esiti del Convegno degli Architetti e Ingegneri del 1883 nel rango di prima ‘Carta’ italiana del restauro. Molto cammino è stato fatto, da quel momento, sia nelle esperienze operative, sia nelle riflessioni teoriche sul tema disciplinare. L’idea di monumento come documento ‘veritiero’ di storia e d’arte, l’analisi filologica come momento essenziale per la comprensione dell’edificio - e quindi come elemento di riferimento per l’intervento operativo del restauratore - secondo i concetti introdotti da Boito - con il succedersi delle stagioni storiche e dei mutamenti culturali sono stati declinati secondo diverse ‘teorie’ nella lettura del monumento, estesa al patrimonio costruito in seguito. Tuttavia non si può non considerare che da quel momento la riflessione sul restauro abbia conservato inalterata la necessità di confrontarsi costantemente con uno dei nodi centrali e imprescindibili della disciplina messo a nudo dal Nostro, ovvero il problema della relazione tra la preesistenza e l’aggiunta costituita dal restauro; opera questa che, come recitava il ben noto motto boitiano, doveva essere ‘tutta moderna’. Con l’irruzione di un presente distinto dal passato nella discontinuità progressiva della storia da leggere nel monumento, Camillo Boito apre in effetti il fronte di quel dibattito sul rapporto tra ‘Antico’ e ‘Nuovo’ che in alterne fasi della storia del restauro, secondo il mutare delle declinazioni culturali e teoriche della disciplina, ha impegnato tanta parte della discussione tra i restauratori, come ad esempio dopo la seconda guerra mondiale. Dopo aver esaminato i passaggi più significativi che hanno contrassegnato la continuità e allo stesso tempo l'evoluzione dell’eredità boitiana nella storia disciplinare e nella riflessione novecentesca sul restauro, il presente contributo si propone di focalizzare in particolar modo l’attenzione sui possibili termini che la sua eredità può assumere, in rapporto ai temi fondativi della disciplina, così mutati nell’attuale orizzonte culturale rispetto alla temperie nella quale prese forma il suo pensiero. Oggi i legami profondi che costitutivamente connotano la disciplina nelle sue connessioni con i concetti di storia, di materia e di memoria vedono radicalmente mutati i contenuti di queste ultime, sia rispetto al clima culturale ottocentesco nel quale la riflessione di Boito ha preso le mosse, sia relativamente a molte teorie che hanno fatto attraversare la sua eredità nel Novecento. La distanza e la trasformazione avvenute nei tempi più recenti si registrano già a partire dal significato dei termini del linguaggio disciplinare e dall’ampliamento di essi intorno al nucleo originario che in Boito è incentrato sulle parole monumento come documento storico-artistico attestante l’identità di un popolo, mentre oggi arriva a comprendere anche oggetti alla scala urbana e territoriale nel loro valore di testimonianza molteplice, materiale e immateriale. Se il valore documentario riconosciuto alla testimonianza materiale si è dilatato dagli oggetti singoli fino a al territorio bisogna anche riconoscere, nel contempo, come oggi il significato testimoniale del patrimonio costruito ponga al centro dell’intervento la conoscenza dell’oggetto materiale in funzione del suo uso. Tale documento, perciò, risulta fortemente collegato alla fruizione dell’individuo, alla sua dimensione esistenziale, in una visione e molteplicità di letture che va, evidentemente, ben oltre le rigide codificazioni storiografiche come quella che nell’Ottocento considerava il monumento quale documento della civiltà che l’ha prodotto, e quindi come veicolo per conoscere la storia del passato. Per certi versi però, pensato rispetto all’oggi, il discorso di Boito assume una forza particolare, se si pone più in generale la questione del significato documentario che il costruito può assumere come ‘traccia’ del nostro essere nel mondo. L’importante questione dell’architettura per la ‘nuova Italia’ che Boito poneva nasceva dalla consapevolezza della necessità di lasciare una ‘traccia’, di ‘costruire’ un documento nel presente per il futuro, concetto questo al quale, nell’Italia appena unificata, corrispondeva la forza simbolica del ‘monumento’ del passato, e dunque l’esistenza stessa del restauro come operazione volta a potenziare la leggibilità di valori passati per il futuro. Pertanto, il tema dell’architettura oggi come atto di cultura contemporanea si deve confrontare - non senza difficoltà e con esiti talora sconcertanti - con la questione dell’identità che in un mondo globalizzato risulta frammentata e contraddittoria come sono frammentate e contraddittorie le molteplici identità culturali con le quali gli oggetti e la pratica della conservazione si devono confrontare. Se in Boito il monumento è espressione della società che l’ha prodotto e il suo restauro ha lo scopo di rendere sempiterni i valori ‘forti’ di quel passato, come in varie declinazioni tutta la storia della disciplina ha mostrato di cercare, la sfida del nostro presente è forse proprio quella di interrogarsi su quale senso per il futuro possano assumere i molteplici caratteri testimoniali portati dal costruito in relazione alla mescolanza culturale di identità del mondo globalizzato. Le nuove parole del linguaggio del restauro, in proposito, già delineano i molteplici requisiti del progetto di conservazione nelle sue diverse scale (ad esempio, sicurezza, prevenzione o, rispetto ad altre istanze, di compatibilità, reversibilità e così via). Queste parole però non chiamano in causa soltanto il sistema, sempre più articolato, di esigenze esistenziali e di saperi inter e intra-disciplinari concorrenti in un intervento consapevole e appropriato. Essi suggeriscono come il tema dell’uso, materiale e immateriale, del patrimonio costruito, senza rinunciare alle legittime esigenze esistenziali, pratiche e spirituali, debba però confrontarsi con la complessità e i problemi del mondo contemporaneo. Parlando del costruito diffuso - e non di casi di spettacolarizzazione turistica onnivora (delle piramidi egizie, o del Colosseo, per intendersi) -, la dimensione individuale dell’esperienza del singolo soggetto, nel rapportare la propria esperienza agli oggetti costruiti, si deve confrontare sempre più spesso con edifici che, per caratteristiche costruttive, tecnologiche e funzionali sono una fragile testimonianza di pratiche e di modi di vita sociale, economica e culturale ormai perduti, il più delle volte divenuti indecifrabili per la contemporaneità senza una efficace mediazione culturale che aiuti ad apprezzarli e a motivarne la conservazione in base a criteri riferiti al loro valore documentale e culturale, oltre che – doverosamente – economico-gestionale. Una riflessione in questa direzione sembra poter essere utile anche per tentare di mettere a fuoco ipotesi su possibili nuove prospettive e connessioni interdisciplinari per il restauro nel XXI secolo.
Camillo Boito; storia del restauro; cultura del restauro
Camillo Boito; restoration history.
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