In anticipo rispetto alla tendenza nazionale segnalata da ISTAT nell’ultimo Bilancio demografico nazionale (2019), il territorio del Sulcis ha iniziato a perdere popolazione già dai primi anni 2000, con saldi negativi che variano tra il -5% di Iglesias e altri comuni di piccola dimensione e il -9% di Carbonia, città simbolo di un modello di sviluppo del Sulcis ormai tramontato. Come nel caso di altre aree italiane interessate dal fenomeno dello spopolamento, anche nel Sulcis il declino demografico si è accompagnato a fenomeni di invecchiamento della popolazione, emigrazione giovanile e abbandono. Tali fenomeni, con un certo anticipo rispetto alle attuali politiche di contrasto al declino a scala nazionale, sono stati oggetto di politiche mirate di natura straordinaria (es. Piano Sulcis), volte in primo luogo a rilanciare l’economia locale e, in seconda battuta, a frenare l’abbandono di questi territori. Dopo aver fornito una panoramica sulle dinamiche socioeconomiche e demografiche dell’area nell’ultimo ventennio, il presente contributo si concentra sul caso emblematico di un piccolo comune sito lungo la costa, Portoscuso (5054 abitanti, Istat 2018), che a partire dagli anni Cinquanta è stato investito da uno sviluppo industriale unico nel panorama dell’intero territorio del Sulcis. Il comune, grazie alla posizione strategica, alla dotazione di infrastrutture portuali e alle connessioni esistenti con gli impianti minerari dell’entroterra e della costa sulcitana, è stato destinato ad ospitare uno dei pochi poli industriali specializzati in metallurgia non ferrosa d’Italia, in seguito al declino delle attività minerarie sarde del Dopoguerra. Nel momento in cui simili impianti iniziavano ad essere messi in discussione in altre parti d’Italia a sviluppo industriale avanzato a causa del loro forte impatto ambientale, a Portoscuso e in particolare nella frazione di Portovesme, nascevano grandi impianti di lavorazione della bauxite, di trasformazione dell’allumina, del piombo e dello zinco, alimentati da grandi centrali termoelettriche. Nel corso della sua storia, il polo industriale di Portovesme è stato più volte al centro di politiche di rilancio dell’economia locale e di contrasto all’abbandono, in particolare in seguito alla crisi del 2008/2009, che ha portato al ridimensionamento e alla chiusura di buona parte degli impianti. Il contributo mira a mettere in luce i momenti critici nello sviluppo di un caso emblematico, evidenziando quali scelte politiche e quali assetti urbanistici siano stati adottati nel tempo, e riflettendo sulla presenza di un forte fenomeno di path dependence che ha ostacolato possibili politiche di innovazione. In conclusione, il contributo si interroga sulle attuali politiche locali e sovralocali e sui conflitti emergenti da diverse visioni dello sviluppo di un territorio profondamente compromesso dal punto di vista ambientale, in forte calo demografico e con un elevato tasso di disoccupazione.

Politiche di contrasto allo spopolamento, al declino economico e alla contaminazione ambientale: il caso di Portoscuso

Gloria Pessina
2020-01-01

Abstract

In anticipo rispetto alla tendenza nazionale segnalata da ISTAT nell’ultimo Bilancio demografico nazionale (2019), il territorio del Sulcis ha iniziato a perdere popolazione già dai primi anni 2000, con saldi negativi che variano tra il -5% di Iglesias e altri comuni di piccola dimensione e il -9% di Carbonia, città simbolo di un modello di sviluppo del Sulcis ormai tramontato. Come nel caso di altre aree italiane interessate dal fenomeno dello spopolamento, anche nel Sulcis il declino demografico si è accompagnato a fenomeni di invecchiamento della popolazione, emigrazione giovanile e abbandono. Tali fenomeni, con un certo anticipo rispetto alle attuali politiche di contrasto al declino a scala nazionale, sono stati oggetto di politiche mirate di natura straordinaria (es. Piano Sulcis), volte in primo luogo a rilanciare l’economia locale e, in seconda battuta, a frenare l’abbandono di questi territori. Dopo aver fornito una panoramica sulle dinamiche socioeconomiche e demografiche dell’area nell’ultimo ventennio, il presente contributo si concentra sul caso emblematico di un piccolo comune sito lungo la costa, Portoscuso (5054 abitanti, Istat 2018), che a partire dagli anni Cinquanta è stato investito da uno sviluppo industriale unico nel panorama dell’intero territorio del Sulcis. Il comune, grazie alla posizione strategica, alla dotazione di infrastrutture portuali e alle connessioni esistenti con gli impianti minerari dell’entroterra e della costa sulcitana, è stato destinato ad ospitare uno dei pochi poli industriali specializzati in metallurgia non ferrosa d’Italia, in seguito al declino delle attività minerarie sarde del Dopoguerra. Nel momento in cui simili impianti iniziavano ad essere messi in discussione in altre parti d’Italia a sviluppo industriale avanzato a causa del loro forte impatto ambientale, a Portoscuso e in particolare nella frazione di Portovesme, nascevano grandi impianti di lavorazione della bauxite, di trasformazione dell’allumina, del piombo e dello zinco, alimentati da grandi centrali termoelettriche. Nel corso della sua storia, il polo industriale di Portovesme è stato più volte al centro di politiche di rilancio dell’economia locale e di contrasto all’abbandono, in particolare in seguito alla crisi del 2008/2009, che ha portato al ridimensionamento e alla chiusura di buona parte degli impianti. Il contributo mira a mettere in luce i momenti critici nello sviluppo di un caso emblematico, evidenziando quali scelte politiche e quali assetti urbanistici siano stati adottati nel tempo, e riflettendo sulla presenza di un forte fenomeno di path dependence che ha ostacolato possibili politiche di innovazione. In conclusione, il contributo si interroga sulle attuali politiche locali e sovralocali e sui conflitti emergenti da diverse visioni dello sviluppo di un territorio profondamente compromesso dal punto di vista ambientale, in forte calo demografico e con un elevato tasso di disoccupazione.
2020
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