Il contributo intende focalizzarsi sull’attualità del progetto come sintesi di saperi che, lavorando sincronicamente a diverse scale e unitariamente, persegue caso per caso la lettura, interpretazione e valorizzazione dei fatti costruiti nella loro dimensione unitaria di messa in forma del contesto culturale, tra rispetto delle stratificazioni storiche e nuove scritture del presente. E’ nel concreto laboratorio del progetto che il rispetto e la valorizzazione dell’aura e l’unicità del locus solus possono dialetticamente coniugarsi alla comprensione delle regole interne e al significato universale e permanente delle forme architettonico-urbane, definendo fondatamente i principi per modificazioni ammissibili. Anche la scelta della pura conservazione non è affatto neutra ma, necessariamente, riscrive la storia della fabbrica o di un tessuto vitale e in continua coevoluzione. La riscrittura, a sua volta, deve saper arricchire il testo di partenza così come quello di arrivo, continuando la stratificazione incessante della storia. Con il venir meno del baricentro economico, e presto anche culturale, rappresentato dall’Occidente, nuove istanze culturali, sociali e immateriali sembrano aver rovesciato decenni di principi e pratiche ormai condivise. Nuovi specialismi frammentano, in direzione opposta dalla conservazione, l’unità del fenomeno architettonico nella sua dimensione di forma costruita della cultura di una data civilizzazione, per inscriverlo nell’orbita di saperi esterni al fatto stesso. Tra le restrittività e l ‘inefficienza’ di un estremismo puramente conservativo (che negli ultimi decenni ha bandito l’autenticità del nuovo per una impossibile immutabilità temporale e fisica degli ambienti storici) e il lassez faire degli approcci non-Occidentali (che bandiscono il concetto di autenticità materiale per focalizzarsi prevalentemente sui valori intangibili), appare urgente ridefinire l’ontologia stessa di ‘patrimonio’ a partire dalla realtà e organicità dei fatti costruiti. Entrambe le posizioni, infatti, si fondano sulla valutazione di valori che sono sempre fatalmente transitori e soggetti al mutevole spirito dei tempi. La contraddizione interna a tale approccio ora deflagra nel momento in cui anche criteri ormai condivisi sul patrimonio rischiano di essere azzerati mentre occorrerebbe invece includere la ricchezza di questo assemblage di contributi disciplinari e l’acclamata polivalenza della nozione di autenticità all’interno del significato universale e permanente delle forme architettoniche e urbane. In paesi come la Cina, determinanti nella nuova tendenza del dibattito internazionale, cavalcare questo ambiguo relativismo in materia di autenticità materiale a fronte del dramma della perdita irrimediabile dell’intero patrimonio urbano e delle nuove minacce che incombono sul resto del territorio, appare una posizione culturale del tutto irresponsabile. Il diritto ‘democratico’ all’uso del patrimonio, alla memoria e alla trasformazione rientra da sempre nelle prerogative della cultura del progetto sull’esistente non come mero ‘adeguamento’ ma come atto di conoscenza orientata a generare nuova cultura, sintesi unitaria di conservazione e nuova scrittura.
Per un progetto coevolutivo tra stratificazione e nuova scrittura
Laura Anna Pezzetti
2019-01-01
Abstract
Il contributo intende focalizzarsi sull’attualità del progetto come sintesi di saperi che, lavorando sincronicamente a diverse scale e unitariamente, persegue caso per caso la lettura, interpretazione e valorizzazione dei fatti costruiti nella loro dimensione unitaria di messa in forma del contesto culturale, tra rispetto delle stratificazioni storiche e nuove scritture del presente. E’ nel concreto laboratorio del progetto che il rispetto e la valorizzazione dell’aura e l’unicità del locus solus possono dialetticamente coniugarsi alla comprensione delle regole interne e al significato universale e permanente delle forme architettonico-urbane, definendo fondatamente i principi per modificazioni ammissibili. Anche la scelta della pura conservazione non è affatto neutra ma, necessariamente, riscrive la storia della fabbrica o di un tessuto vitale e in continua coevoluzione. La riscrittura, a sua volta, deve saper arricchire il testo di partenza così come quello di arrivo, continuando la stratificazione incessante della storia. Con il venir meno del baricentro economico, e presto anche culturale, rappresentato dall’Occidente, nuove istanze culturali, sociali e immateriali sembrano aver rovesciato decenni di principi e pratiche ormai condivise. Nuovi specialismi frammentano, in direzione opposta dalla conservazione, l’unità del fenomeno architettonico nella sua dimensione di forma costruita della cultura di una data civilizzazione, per inscriverlo nell’orbita di saperi esterni al fatto stesso. Tra le restrittività e l ‘inefficienza’ di un estremismo puramente conservativo (che negli ultimi decenni ha bandito l’autenticità del nuovo per una impossibile immutabilità temporale e fisica degli ambienti storici) e il lassez faire degli approcci non-Occidentali (che bandiscono il concetto di autenticità materiale per focalizzarsi prevalentemente sui valori intangibili), appare urgente ridefinire l’ontologia stessa di ‘patrimonio’ a partire dalla realtà e organicità dei fatti costruiti. Entrambe le posizioni, infatti, si fondano sulla valutazione di valori che sono sempre fatalmente transitori e soggetti al mutevole spirito dei tempi. La contraddizione interna a tale approccio ora deflagra nel momento in cui anche criteri ormai condivisi sul patrimonio rischiano di essere azzerati mentre occorrerebbe invece includere la ricchezza di questo assemblage di contributi disciplinari e l’acclamata polivalenza della nozione di autenticità all’interno del significato universale e permanente delle forme architettoniche e urbane. In paesi come la Cina, determinanti nella nuova tendenza del dibattito internazionale, cavalcare questo ambiguo relativismo in materia di autenticità materiale a fronte del dramma della perdita irrimediabile dell’intero patrimonio urbano e delle nuove minacce che incombono sul resto del territorio, appare una posizione culturale del tutto irresponsabile. Il diritto ‘democratico’ all’uso del patrimonio, alla memoria e alla trasformazione rientra da sempre nelle prerogative della cultura del progetto sull’esistente non come mero ‘adeguamento’ ma come atto di conoscenza orientata a generare nuova cultura, sintesi unitaria di conservazione e nuova scrittura.File | Dimensione | Formato | |
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