Eduardo Vittoria è il progettista che meglio di ogni altro ha saputo dare forma visibile e funzionante al pensiero dell’imprenditore Adriano Olivetti. All’interno della cittadella razionalista, lungo via Jervis, porta con i suoi edifici non solo la sperimentazione di nuove soluzioni e forme costruttive, ma anche il colore. La ricerca racconta attraverso alcune opere eporediesi la poetica del colore dell’architetto. Per l’azienda Olivetti gli anni ‘50 sono di fondamentale importanza; è il periodo di consolidamento sul mercato nazionale e della grande espansione su quello internazionale, grazie anche al lancio di nuovi prodotti. Il successo commerciale richiede un consistente ampliamento della produzione e la costruzione di nuovi spazi e di servizi necessari alla vita dell’azienda. Figini e Pollini, Quaroni, Nizzoli, BBPR, Gardella e Ridolfi sono alcuni dei giovani designer e architetti “testimoni di una propria interpretazione del mondo” attraverso cui l’industriale intendeva dimostrare la possibilità di costruire attraverso “luoghi diversi” un comune progetto che andava oltre alla semplice produzione di profitto. In questa idea progettuale s’inserisce l’opera di Eduardo Vittoria. Laureatosi a Napoli nel 1947 con Luigi Piccinato, dopo un periodo nello studio Luigi Cosenza viene invitato dall’industriale ad aggregarsi all’ufficio tecnico della società da cui dipendeva il coordinamento e la direzione delle iniziative di sviluppo industriale e architettonico. I primi progetti residenziali, tra cui la villa Monte Revel per la sorella di Adriano, che richiamano le ville di Neutra a Los Angeles nella disposizione planimetrica, portano accenni di cultura mediterranea ad Ivrea anche con uso delle maioliche colorate negli interni. Ma è la sua prima opera per la società, il Centro studi ed esperienze (1952) che esprime la personale poetica architettonica fatta di ricerca continua e rifiuto degli schemi precostituiti e che introduce il colore tra le architetture olivettiane. L’edificio realizzato per essere il nuovo centro ricerche e specchio dell’immagine aziendale nel mondo, si sviluppa con una pianta a quattro bracci asimmetrici disposti a croce ed è rivestito in klinker blu di Vietri dipinti a mano, con gli infissi e corrimano in ghisa dipinti di rossi, i telai neri e la maglia strutturale rivestita in graniglia bianca. Innovazione e ricerca dell’azienda si concretizzano nella forma e nel colore dell’edificio che delinea le parti costitutive evidenziandone i volumi e distaccandosi dalla vecchia immagine di fabbrica della prima Ico e dei successivi volumi bianchi di Figini e Pollini. L’utilizzo del colore, ispirato alla poetica neoplastica, come nelle opere successive, la Centrale Termica (1956) con i suoi parallelepipedi in klinker rossi, gialli e blu o gli edifici del complesso industriale di San Bernardo, scardina la monocromia degli edifici funzionalisti, indicando così possibili innovazioni anche in questo campo.

Il colore nella cittadella razionalista di Ivrea: l’opera di Eduardo Vittoria.

S. Conte
2018-01-01

Abstract

Eduardo Vittoria è il progettista che meglio di ogni altro ha saputo dare forma visibile e funzionante al pensiero dell’imprenditore Adriano Olivetti. All’interno della cittadella razionalista, lungo via Jervis, porta con i suoi edifici non solo la sperimentazione di nuove soluzioni e forme costruttive, ma anche il colore. La ricerca racconta attraverso alcune opere eporediesi la poetica del colore dell’architetto. Per l’azienda Olivetti gli anni ‘50 sono di fondamentale importanza; è il periodo di consolidamento sul mercato nazionale e della grande espansione su quello internazionale, grazie anche al lancio di nuovi prodotti. Il successo commerciale richiede un consistente ampliamento della produzione e la costruzione di nuovi spazi e di servizi necessari alla vita dell’azienda. Figini e Pollini, Quaroni, Nizzoli, BBPR, Gardella e Ridolfi sono alcuni dei giovani designer e architetti “testimoni di una propria interpretazione del mondo” attraverso cui l’industriale intendeva dimostrare la possibilità di costruire attraverso “luoghi diversi” un comune progetto che andava oltre alla semplice produzione di profitto. In questa idea progettuale s’inserisce l’opera di Eduardo Vittoria. Laureatosi a Napoli nel 1947 con Luigi Piccinato, dopo un periodo nello studio Luigi Cosenza viene invitato dall’industriale ad aggregarsi all’ufficio tecnico della società da cui dipendeva il coordinamento e la direzione delle iniziative di sviluppo industriale e architettonico. I primi progetti residenziali, tra cui la villa Monte Revel per la sorella di Adriano, che richiamano le ville di Neutra a Los Angeles nella disposizione planimetrica, portano accenni di cultura mediterranea ad Ivrea anche con uso delle maioliche colorate negli interni. Ma è la sua prima opera per la società, il Centro studi ed esperienze (1952) che esprime la personale poetica architettonica fatta di ricerca continua e rifiuto degli schemi precostituiti e che introduce il colore tra le architetture olivettiane. L’edificio realizzato per essere il nuovo centro ricerche e specchio dell’immagine aziendale nel mondo, si sviluppa con una pianta a quattro bracci asimmetrici disposti a croce ed è rivestito in klinker blu di Vietri dipinti a mano, con gli infissi e corrimano in ghisa dipinti di rossi, i telai neri e la maglia strutturale rivestita in graniglia bianca. Innovazione e ricerca dell’azienda si concretizzano nella forma e nel colore dell’edificio che delinea le parti costitutive evidenziandone i volumi e distaccandosi dalla vecchia immagine di fabbrica della prima Ico e dei successivi volumi bianchi di Figini e Pollini. L’utilizzo del colore, ispirato alla poetica neoplastica, come nelle opere successive, la Centrale Termica (1956) con i suoi parallelepipedi in klinker rossi, gialli e blu o gli edifici del complesso industriale di San Bernardo, scardina la monocromia degli edifici funzionalisti, indicando così possibili innovazioni anche in questo campo.
2018
“Colore e Colorimetria Contributi Multidisciplinari” Vol. XIV A
978-88-99513-08-5
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/1107150
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