Oggi in Italia la maggior parte delle prigioni che sono state più o meno recentemente chiuse – spesso per ineludibili ragioni di inadeguatezza e obsolescenza – restano dove erano, disusate e in un avanzato stato di degrado. I loro spazi parlano di libertà e detenzione, socialità e indifferenza, di un sistema spesso inumano, dell’evolversi del concetto di colpa e punizione e di cosa sia legale e cosa no, e di come tutto questo si sia intrecciato con il progetto architettonico. La complessità di queste architetture non risiede solamente nelle memorie di cui sono state testimoni, ma anche nella loro fisicità e spazialità: edifici pubblici, spesso estremamente stratificati da un punto di vista storico e architettonico, di dimensioni ragguardevoli, intrinsecamente introversi e chiusi. Tutto questo rende la loro manutenzione, gestione ed eventuale riqualificazione particolarmente difficile sotto molti punti di vista: sociali, economici e progettuali. Questa pubblicazione muove da tali considerazioni e dall'idea che questi complessi non siano da considerarsi un problema economico o gestionale da risolvere o una risorsa immobiliare da sfruttare e capitalizzare, quanto piuttosto un patrimonio architettonico e culturale spesso dimenticato e invisibile, da preservare e valorizzare. Il volume raccoglie saggi e contributi di ricercatori, operatori culturali e professionisti dal mondo dell’arte e della ricerca a livello nazionale e internazionale che presentano una selezione di esperienze e riflessioni volte a esplorare ed evidenziare le potenzialità degli ex-carceri, il loro valore sociale, culturale, storico e architettonico con l’obiettivo di stimolare un dibattito intorno alle possibilità e potenzialità del riuso di questi “patrimoni inattesi”.

Patrimoni Inattesi. Riusare per valorizzare: Ex-carceri, pratiche e progetti per un patrimonio difficile.

francesca lanz
2018-01-01

Abstract

Oggi in Italia la maggior parte delle prigioni che sono state più o meno recentemente chiuse – spesso per ineludibili ragioni di inadeguatezza e obsolescenza – restano dove erano, disusate e in un avanzato stato di degrado. I loro spazi parlano di libertà e detenzione, socialità e indifferenza, di un sistema spesso inumano, dell’evolversi del concetto di colpa e punizione e di cosa sia legale e cosa no, e di come tutto questo si sia intrecciato con il progetto architettonico. La complessità di queste architetture non risiede solamente nelle memorie di cui sono state testimoni, ma anche nella loro fisicità e spazialità: edifici pubblici, spesso estremamente stratificati da un punto di vista storico e architettonico, di dimensioni ragguardevoli, intrinsecamente introversi e chiusi. Tutto questo rende la loro manutenzione, gestione ed eventuale riqualificazione particolarmente difficile sotto molti punti di vista: sociali, economici e progettuali. Questa pubblicazione muove da tali considerazioni e dall'idea che questi complessi non siano da considerarsi un problema economico o gestionale da risolvere o una risorsa immobiliare da sfruttare e capitalizzare, quanto piuttosto un patrimonio architettonico e culturale spesso dimenticato e invisibile, da preservare e valorizzare. Il volume raccoglie saggi e contributi di ricercatori, operatori culturali e professionisti dal mondo dell’arte e della ricerca a livello nazionale e internazionale che presentano una selezione di esperienze e riflessioni volte a esplorare ed evidenziare le potenzialità degli ex-carceri, il loro valore sociale, culturale, storico e architettonico con l’obiettivo di stimolare un dibattito intorno alle possibilità e potenzialità del riuso di questi “patrimoni inattesi”.
2018
LetteraVentidue
978-88-6242-310-6
adaptive resue, riuso, riuso adattivo, patrimonio architettonico, carceri, ambiente costruito, difficult heritage
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