Se assumiamo che il patrimonio non è tale a priori, ma è costruito e prodotto in relazione al “lavoro culturale” che esso può fare nel presente e in virtù di processi di «gestione e preservazione/conservazione» (Smith 2006) cui è soggetto, quale è il ruolo delle politiche urbane, della progettazione urbanistica e della conservazione architettonica in questo processo di heritage making, di “creazione” del patrimonio? E come, d’altra parte, questo approccio all’idea di patrimonio può contribuire a ripensare l’intervento sull’ambiente costruito e a sua volta influenzare o informare il progetto architettonico? Questo saggio si propone di sviluppare alcune riflessioni proprio a partire da queste premesse per riflettere in particolare sul possibile contributo e le reciproche influenze tra i più recenti studi relativi ai critical heritage studies da un lato e la teoria e la pratica dell’adaptive reuse dall’altro. Questi ragionamenti verranno poi declinati in relazione al caso specifico del riuso degli ex-carceri oggetto di questo pubblicazione con particolare attenzione alla situazione italiana, come esempio emblematico di un patrimonio culturale negletto, spesso abbandonato e difficile, per il quale urge l’identificazione di strategie sostenibili di conservazione e valorizzazione. L’idea alla base di questo scritto è che l’approccio al patrimonio suggerito dai recenti studi nel campo degli heritage studies possa fornire interessanti spunti progettuali e contribuire a pensare le pratiche di riuso adattivo come una modalità di intervento critico sull’esistente. Si vuole inoltre qui suggerire che gli interventi di adaptive reuse, possano essere interpretati come pratiche di heritage making e allo stesso tempo come una possibile ed efficace strategia di preservazione, valorizzazione e comunicazione dell’ambiente costruito, soprattutto in quei casi in cui esso costituisce un patrimonio negletto o difficile.
Ambiente Costruito, Heritage e Adaptive Reuse. Trasformare per conservare, riusare per valorizzare.
lanz francesca
2018-01-01
Abstract
Se assumiamo che il patrimonio non è tale a priori, ma è costruito e prodotto in relazione al “lavoro culturale” che esso può fare nel presente e in virtù di processi di «gestione e preservazione/conservazione» (Smith 2006) cui è soggetto, quale è il ruolo delle politiche urbane, della progettazione urbanistica e della conservazione architettonica in questo processo di heritage making, di “creazione” del patrimonio? E come, d’altra parte, questo approccio all’idea di patrimonio può contribuire a ripensare l’intervento sull’ambiente costruito e a sua volta influenzare o informare il progetto architettonico? Questo saggio si propone di sviluppare alcune riflessioni proprio a partire da queste premesse per riflettere in particolare sul possibile contributo e le reciproche influenze tra i più recenti studi relativi ai critical heritage studies da un lato e la teoria e la pratica dell’adaptive reuse dall’altro. Questi ragionamenti verranno poi declinati in relazione al caso specifico del riuso degli ex-carceri oggetto di questo pubblicazione con particolare attenzione alla situazione italiana, come esempio emblematico di un patrimonio culturale negletto, spesso abbandonato e difficile, per il quale urge l’identificazione di strategie sostenibili di conservazione e valorizzazione. L’idea alla base di questo scritto è che l’approccio al patrimonio suggerito dai recenti studi nel campo degli heritage studies possa fornire interessanti spunti progettuali e contribuire a pensare le pratiche di riuso adattivo come una modalità di intervento critico sull’esistente. Si vuole inoltre qui suggerire che gli interventi di adaptive reuse, possano essere interpretati come pratiche di heritage making e allo stesso tempo come una possibile ed efficace strategia di preservazione, valorizzazione e comunicazione dell’ambiente costruito, soprattutto in quei casi in cui esso costituisce un patrimonio negletto o difficile.File | Dimensione | Formato | |
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