Il flusso migratorio italiano in Argentina si intensifica dopo l'unità d'Italia e diviene impetuoso negli anni 1876-1890, favorito dalla politica di Domingo Faustino Sarmiento e dalle prime leggi sull’immigrazione, per riprendere con una nuova ondata, interrotta dall’esplodere della Grande Guerra, nel periodo 1905-1914. In questo contesto gli architetti italiani costituiscono un particolare fenomeno di immigrazione qualificata che approda in Argentina al termine di un percorso di studi nella madrepatria (anche se non sempre in possesso di un diploma) e che può contare su una committenza di connazionali affermati, socialmente ed economicamente, in tutti i settori della società. Rispetto ad altri contesti geografici della Penisola, la Lombardia non risulta, per tutto il XIX secolo, un bacino di provenienza privilegiato, benché non manchino alcuni casi di emigrazione “politica” negli anni pre-unitari. Dalla Lombardia, come dall’attiguo territorio del Canton Ticino, provengono soprattutto capomastri e costruttori. Tra questi si segnalano Giuseppe Bernasconi e Paolo Besana, attivi protagonisti della trasformazione di Buenos Aires in capitale federale. Mentre tra gli architetti di origine lombarda è interessante il caso di Luigi Broggi, diplomato nella capitale argentina e portavoce di un gusto italianizzante di matrice eclettica. Più ampia è la lista dei progettisti lombardi che rientrano nell’ondata migratoria del 1905-1914, grazie anche alla visibilità internazionale assunta da Milano in occasione dell’Esposizione del Sempione del 1906. Le loro “storie di emigrazione” definiscono un panorama variegato di percorsi e motivazioni. Alcuni, come Sebastiano Giuseppe Locati e Gaetano Moretti, vivono l’esperienza sud-americana come un’opportunità di espansione professionale e non lasciano, se non per brevi periodi, la madrepatria. Altri, come Mario Palanti e Attilio Locati, arrivano per l’Esposizione del Centenario del 1910 e si stabiliscono a Buenos Aires consapevoli della possibilità di una rapida affermazione professionale. Altri ancora, come Virginio Colombo, Ferruccio Corbellani e il piemontese Francesco Gianotti appaiono motivati da reali esigenze economiche e concludono nella capitale argentina il loro percorso di formazione professionale, inserendosi definitivamente nel contesto porteño.
Architetti e costruttori lombardi in Argentina negli anni della grande emigrazione
D'AMIA, GIOVANNA
2016-01-01
Abstract
Il flusso migratorio italiano in Argentina si intensifica dopo l'unità d'Italia e diviene impetuoso negli anni 1876-1890, favorito dalla politica di Domingo Faustino Sarmiento e dalle prime leggi sull’immigrazione, per riprendere con una nuova ondata, interrotta dall’esplodere della Grande Guerra, nel periodo 1905-1914. In questo contesto gli architetti italiani costituiscono un particolare fenomeno di immigrazione qualificata che approda in Argentina al termine di un percorso di studi nella madrepatria (anche se non sempre in possesso di un diploma) e che può contare su una committenza di connazionali affermati, socialmente ed economicamente, in tutti i settori della società. Rispetto ad altri contesti geografici della Penisola, la Lombardia non risulta, per tutto il XIX secolo, un bacino di provenienza privilegiato, benché non manchino alcuni casi di emigrazione “politica” negli anni pre-unitari. Dalla Lombardia, come dall’attiguo territorio del Canton Ticino, provengono soprattutto capomastri e costruttori. Tra questi si segnalano Giuseppe Bernasconi e Paolo Besana, attivi protagonisti della trasformazione di Buenos Aires in capitale federale. Mentre tra gli architetti di origine lombarda è interessante il caso di Luigi Broggi, diplomato nella capitale argentina e portavoce di un gusto italianizzante di matrice eclettica. Più ampia è la lista dei progettisti lombardi che rientrano nell’ondata migratoria del 1905-1914, grazie anche alla visibilità internazionale assunta da Milano in occasione dell’Esposizione del Sempione del 1906. Le loro “storie di emigrazione” definiscono un panorama variegato di percorsi e motivazioni. Alcuni, come Sebastiano Giuseppe Locati e Gaetano Moretti, vivono l’esperienza sud-americana come un’opportunità di espansione professionale e non lasciano, se non per brevi periodi, la madrepatria. Altri, come Mario Palanti e Attilio Locati, arrivano per l’Esposizione del Centenario del 1910 e si stabiliscono a Buenos Aires consapevoli della possibilità di una rapida affermazione professionale. Altri ancora, come Virginio Colombo, Ferruccio Corbellani e il piemontese Francesco Gianotti appaiono motivati da reali esigenze economiche e concludono nella capitale argentina il loro percorso di formazione professionale, inserendosi definitivamente nel contesto porteño.File | Dimensione | Formato | |
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