L'architettura sembra oggi spostare la propria attenzione dalla definizione di forme univoche alla definizione di “possibilità d’uso”, di forme modificabili, di soluzioni aperte: è l’affermazione di strategie e scenari indeterminati, di progetti che presentano una natura processuale più che formale. Le architetture, infatti, sembrano sempre più “indurre” processi: sollecitano, stimolano, rispondono ai comportamenti dei fruitori o addirittura li pongono alla base del progetto stesso, interpretando le dinamiche d’uso dello spazio come un parametro estetico. Ne emergono città costituite da momenti esperienziali che creano spazi e da spazi come scenografie teatrali che accolgono, esibiscono e narrano il vivere urbano. I progetti diventano mutevoli, integrano i comportamenti degli utenti nella loro composizione tanto da indurre ad ipotizzare un nuovo apporto forma-fruizione, si fanno portatori di quella che si potrebbe definire “estetizzazione delle relazioni” e rendono la città un grande palcoscenico in cui attori e spettatori mischiano, inconsapevolmente ma continuamente, i propri ruoli. La portata innovativa di questa impostazione progettuale è tale che alcuni psicologi ritengono di essere di fronte ad una “svolta nella forma”; sembra infatti affermarsi una nuova “estetica del momentaneo”, che valorizza ulteriormente la variabile temporale come un parametro progettuale fondamentale, anche dalle evidenti valenze estetiche.

Verso un’estetica del momentaneo

CRIPPA, DAVIDE;DI PRETE, BARBARA
2011-01-01

Abstract

L'architettura sembra oggi spostare la propria attenzione dalla definizione di forme univoche alla definizione di “possibilità d’uso”, di forme modificabili, di soluzioni aperte: è l’affermazione di strategie e scenari indeterminati, di progetti che presentano una natura processuale più che formale. Le architetture, infatti, sembrano sempre più “indurre” processi: sollecitano, stimolano, rispondono ai comportamenti dei fruitori o addirittura li pongono alla base del progetto stesso, interpretando le dinamiche d’uso dello spazio come un parametro estetico. Ne emergono città costituite da momenti esperienziali che creano spazi e da spazi come scenografie teatrali che accolgono, esibiscono e narrano il vivere urbano. I progetti diventano mutevoli, integrano i comportamenti degli utenti nella loro composizione tanto da indurre ad ipotizzare un nuovo apporto forma-fruizione, si fanno portatori di quella che si potrebbe definire “estetizzazione delle relazioni” e rendono la città un grande palcoscenico in cui attori e spettatori mischiano, inconsapevolmente ma continuamente, i propri ruoli. La portata innovativa di questa impostazione progettuale è tale che alcuni psicologi ritengono di essere di fronte ad una “svolta nella forma”; sembra infatti affermarsi una nuova “estetica del momentaneo”, che valorizza ulteriormente la variabile temporale come un parametro progettuale fondamentale, anche dalle evidenti valenze estetiche.
2011
Maggioli
978-88387-6029-2
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