Il contributo prende in esame alcuni piani per le città albanesi elaborati dopo l’occupazione militare italiana del 1939 nell’ambito dell’Ufficio Centrale per l’Edilizia e l’Urbanistica. Mentre i piani italiani (innanzitutto quello per Pavia) si confrontano con realtà urbane consolidate, i piani per le città albanesi vengono concepiti parallelamente a un piano di ricostruzione territoriale e infrastrutturale, configurando quello scenario coerente di sviluppo nazionale auspicato dai teorici dell’urbanistica corporativa. Alcuni esempi: Tirana viene completamente trasformata per assume il ruolo e il carattere di una città capitale; Durazzo, teatro di grandi bonifiche e imponenti opere marittime, diventa una moderna città-porto con una zona balneare; il piccolo porto di Santi Quaranta davanti all’isola di Corfù, ribattezzato Porto Edda (1940), viene prefigurato come una stazione turistica, la tappa ideale per visitare i siti archeologici di Fenice e Butrinto riportati alla luce dalla missione archeologica italiana. I piani per le città albanesi hanno in comune l’ingente quantità di indagini preliminari, sul territorio, le infrastrutture, il paesaggio, le attività agricole. La ‘romanità’, un tema ricorrente nell’Italia di quegli anni, viene interpretata in diverso modo, attraverso l’intreccio tra ricerca archeologica e ricostruzione retorica del passato. Il principale tratto comune tra le esperienze italiane e quelle albanesi è la ricerca di una tecnica relativa ai piani di sviluppo regionali, un tema che stava emergendo nel dibattito urbanistico internazionale dell’epoca. Il nostro contributo si conclude mettendo a confronto i piani con le strutture urbane attuali delle relative città.
L'urbanistica corporativa e i piani italiani per le città dell'Albania
PALLINI, CRISTINA;
2014-01-01
Abstract
Il contributo prende in esame alcuni piani per le città albanesi elaborati dopo l’occupazione militare italiana del 1939 nell’ambito dell’Ufficio Centrale per l’Edilizia e l’Urbanistica. Mentre i piani italiani (innanzitutto quello per Pavia) si confrontano con realtà urbane consolidate, i piani per le città albanesi vengono concepiti parallelamente a un piano di ricostruzione territoriale e infrastrutturale, configurando quello scenario coerente di sviluppo nazionale auspicato dai teorici dell’urbanistica corporativa. Alcuni esempi: Tirana viene completamente trasformata per assume il ruolo e il carattere di una città capitale; Durazzo, teatro di grandi bonifiche e imponenti opere marittime, diventa una moderna città-porto con una zona balneare; il piccolo porto di Santi Quaranta davanti all’isola di Corfù, ribattezzato Porto Edda (1940), viene prefigurato come una stazione turistica, la tappa ideale per visitare i siti archeologici di Fenice e Butrinto riportati alla luce dalla missione archeologica italiana. I piani per le città albanesi hanno in comune l’ingente quantità di indagini preliminari, sul territorio, le infrastrutture, il paesaggio, le attività agricole. La ‘romanità’, un tema ricorrente nell’Italia di quegli anni, viene interpretata in diverso modo, attraverso l’intreccio tra ricerca archeologica e ricostruzione retorica del passato. Il principale tratto comune tra le esperienze italiane e quelle albanesi è la ricerca di una tecnica relativa ai piani di sviluppo regionali, un tema che stava emergendo nel dibattito urbanistico internazionale dell’epoca. Il nostro contributo si conclude mettendo a confronto i piani con le strutture urbane attuali delle relative città.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
PAPER_Pallini-Scaccabarozzi_corr.pdf
accesso aperto
Descrizione: Articolo
:
Publisher’s version
Dimensione
2.76 MB
Formato
Adobe PDF
|
2.76 MB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.