La storia della chiesa mantovana di Santa Maria della Vittoria viene riletta alla luce di nuovi documenti d'archivio che puntualizzano sull'attribuzione vasariana ad Andrea Mantegna e sulle più recenti considerazioni relative alla scuola del maestro padovano. Ne emerge un quadro complesso di relazioni fra l'ordine monastico agostiniano, il marchese di Mantova Francesco II Gonzaga, l'eremita Girolamo Redini, tutti protagonisti della vicenda costruttiva e tutti legati, ancora allo scadere del XV secolo (periodo contraddittorio e turbolento negli aspetti politici, sociali, culturali e non da ultimo dottrinari) , ad una spiritualità dagli accenti fortemente medioevali. Il lessico architettonico tardo gotico dell'opera è attribuibile all'architetto gonzaghesco Bernardino Ghisolfo, attivo in quegli stessi anni nell'ampliamento e nella costruzione della chiesa e del convento di Santa Maria dei Miracoli a Gonzaga, ma un documento attesta la tardiva partecipazione al cantiere anche dell'architetto Girolamo Arcari, successore (alla morte del Ghisolfo) negli incarichi edilizi della Corte mantovana. Le carte d'archivio, gli indizi emersi nel corso degli scavi eseguiti all'interno dell'edificio e le considerazioni relative ai restauri hanno suggerito una diversa interpretazione del cantiere che (contrariamente a quanto tradizionalmente attestato dalla storiografia) non si sarebbe concluso nel volgere di pochi mesi, ma nel corso di più anni, dapprima con la committenza di Redini e da ultimo con quella del vescovo eletto Ludovico Gonzaga (signore di Castel Goffredo) e dell'ordine conventuale dei Padri Girolamini da Fiesole, con una progressione per campate e un allungamento dell'aula previsto in corso d'opera. Anche la decorazione pittorica, sino ad oggi ritenuta frutto di un'unica campagna di lavori e recentemente ricondotta al pennello di Domenico e Francesco Morone, sarebbe in realtà frutto di almeno due diversi interventi eseguiti a distanza di quasi un ventennio l'uno dall'altro. Da ultimo, nel complesso mosaico degli indizi, si inserisce la notizia, anch'essa sino ad oggi inedita, dell'esistenza, proprio accanto alla chiesa della Vittoria, della bottega del maestro veronese Nicolò Solimani, pittore al quale, alcuni anni or sono ma senza il conforto delle fonti, erano stati attribuiti gli affreschi delle volte del tempio. Allo zio di Liberale da Verona può dunque essere con più sicurezza ascritta l'esecuzione dei decori nella campata più antica, quella presbiteriale, fatto che conferma come l'ornato pittorico dell'edificio, se non al pennello di Mantegna, sia comunque da riferire a maestri e maestranze che della cultura mantegnesca erano imbevuti.
Santa Maria della Vittoria e Santo Sepolcro. Nuovi documenti, nuove interpretazioni (e attribuzioni)
TOGLIANI, CARLO
2014-01-01
Abstract
La storia della chiesa mantovana di Santa Maria della Vittoria viene riletta alla luce di nuovi documenti d'archivio che puntualizzano sull'attribuzione vasariana ad Andrea Mantegna e sulle più recenti considerazioni relative alla scuola del maestro padovano. Ne emerge un quadro complesso di relazioni fra l'ordine monastico agostiniano, il marchese di Mantova Francesco II Gonzaga, l'eremita Girolamo Redini, tutti protagonisti della vicenda costruttiva e tutti legati, ancora allo scadere del XV secolo (periodo contraddittorio e turbolento negli aspetti politici, sociali, culturali e non da ultimo dottrinari) , ad una spiritualità dagli accenti fortemente medioevali. Il lessico architettonico tardo gotico dell'opera è attribuibile all'architetto gonzaghesco Bernardino Ghisolfo, attivo in quegli stessi anni nell'ampliamento e nella costruzione della chiesa e del convento di Santa Maria dei Miracoli a Gonzaga, ma un documento attesta la tardiva partecipazione al cantiere anche dell'architetto Girolamo Arcari, successore (alla morte del Ghisolfo) negli incarichi edilizi della Corte mantovana. Le carte d'archivio, gli indizi emersi nel corso degli scavi eseguiti all'interno dell'edificio e le considerazioni relative ai restauri hanno suggerito una diversa interpretazione del cantiere che (contrariamente a quanto tradizionalmente attestato dalla storiografia) non si sarebbe concluso nel volgere di pochi mesi, ma nel corso di più anni, dapprima con la committenza di Redini e da ultimo con quella del vescovo eletto Ludovico Gonzaga (signore di Castel Goffredo) e dell'ordine conventuale dei Padri Girolamini da Fiesole, con una progressione per campate e un allungamento dell'aula previsto in corso d'opera. Anche la decorazione pittorica, sino ad oggi ritenuta frutto di un'unica campagna di lavori e recentemente ricondotta al pennello di Domenico e Francesco Morone, sarebbe in realtà frutto di almeno due diversi interventi eseguiti a distanza di quasi un ventennio l'uno dall'altro. Da ultimo, nel complesso mosaico degli indizi, si inserisce la notizia, anch'essa sino ad oggi inedita, dell'esistenza, proprio accanto alla chiesa della Vittoria, della bottega del maestro veronese Nicolò Solimani, pittore al quale, alcuni anni or sono ma senza il conforto delle fonti, erano stati attribuiti gli affreschi delle volte del tempio. Allo zio di Liberale da Verona può dunque essere con più sicurezza ascritta l'esecuzione dei decori nella campata più antica, quella presbiteriale, fatto che conferma come l'ornato pittorico dell'edificio, se non al pennello di Mantegna, sia comunque da riferire a maestri e maestranze che della cultura mantegnesca erano imbevuti.File | Dimensione | Formato | |
---|---|---|---|
Togliani.S.Maria_Vittoria_S.Sepolcro_Quaderni 12 - 2014.pdf
Accesso riservato
Descrizione: saggio
:
Publisher’s version
Dimensione
982.96 kB
Formato
Adobe PDF
|
982.96 kB | Adobe PDF | Visualizza/Apri |
I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.