In un momento di crisi economica che investe il paese i margini di manovra delle strutture pubbliche sul territorio sembrano contrarsi enormemente. La risposta della collettività è ipotecata dalla paura di perdere condizioni di benessere fin qui raggiunte. In questa dinamica pericolosa il diverso: l’immigrato, il nuovo arrivato, il soggetto in situazioni di marginalità sociale rischia di essere percepito come un concorrente, un “competitor” per il lavoro, per lo spazio, per le risorse. Quali momenti di interazione nello spazio urbano hanno i Rom con gli Italiani? Come affrontano le istituzioni la compresenza delle due comunità? Come intervenire ora che la scarsità di risorse sembra investire prepotentemente il sistema del welfare? Per rispondere a questi quesiti si è intrapreso un lavoro di indagine sul territorio periurbano milanese orientato a definire, mediante osservazione, campionamenti e interviste, un insieme di microstorie relative ad un panorama il più possibile vario delle diverse modalità di reazione alla crisi da parte di istituzioni, associazioni, mondo del volontariato. Il quadro delle risposte alla domanda (o meno) di integrazione e alle richieste di tutela può costituire una base efficace per valutare la capacità delle istituzioni di infrangere il muri della diffidenza e la praticabilità dei percorsi di integrazione culturale sul lungo periodo. La ricerca sul campo ha preso quale parametro fondante l’istituzione scolastica e il suo complesso rapporto con l’intorno sociale e la stratificazione istituzionale. Tale complessità è stata intrecciata con le diverse modalità di ancorarsi al territorio delle popolazioni rom quali la baraccopoli abusiva, il campo di iniziativa comunale e la residenza di proprietà. “Cases studies” come rispettivamente via Rubattino, via Novara e via Monte Bisbino a Baranzate/Milano sono stati i capisaldi di questo percorso. A ciò si è poi aggiunta la ridefinizione del ruolo dell’attore pubblico, stimolato (o meno) dal meccanismo di ottenimento/utilizzo della risorsa (pubblica/privata, finanziaria/umana etc…). Particolare attenzione è stata data a quei casi in cui l’apertura al territorio ha consentito una risignificazione del ruolo dell’istituzione che forzando il proprio mandato ha potuto superare il paradigma dell’autosufficienza. Sono emerse quindi diverse figure interpretative territoriali che agiscono a diversi livelli: relazionale, sociale o spaziale in grado di orientare il processo sia verso il fallimento (o la stabilizzazione) che verso il successo, successo che in qualche caso si è espresso ad un livello più ampio della stessa istituzione, quello propriamente comunitario.
La crisi come occasione di scardinamento dell’autarchia dei servizi territoriali per i Rom – Per una cooperazione con le risorse del territorio in un progetto condiviso di integrazione
BUOLI, ALICE;ROMANATO, MATTEO GIUSEPPE
2012-01-01
Abstract
In un momento di crisi economica che investe il paese i margini di manovra delle strutture pubbliche sul territorio sembrano contrarsi enormemente. La risposta della collettività è ipotecata dalla paura di perdere condizioni di benessere fin qui raggiunte. In questa dinamica pericolosa il diverso: l’immigrato, il nuovo arrivato, il soggetto in situazioni di marginalità sociale rischia di essere percepito come un concorrente, un “competitor” per il lavoro, per lo spazio, per le risorse. Quali momenti di interazione nello spazio urbano hanno i Rom con gli Italiani? Come affrontano le istituzioni la compresenza delle due comunità? Come intervenire ora che la scarsità di risorse sembra investire prepotentemente il sistema del welfare? Per rispondere a questi quesiti si è intrapreso un lavoro di indagine sul territorio periurbano milanese orientato a definire, mediante osservazione, campionamenti e interviste, un insieme di microstorie relative ad un panorama il più possibile vario delle diverse modalità di reazione alla crisi da parte di istituzioni, associazioni, mondo del volontariato. Il quadro delle risposte alla domanda (o meno) di integrazione e alle richieste di tutela può costituire una base efficace per valutare la capacità delle istituzioni di infrangere il muri della diffidenza e la praticabilità dei percorsi di integrazione culturale sul lungo periodo. La ricerca sul campo ha preso quale parametro fondante l’istituzione scolastica e il suo complesso rapporto con l’intorno sociale e la stratificazione istituzionale. Tale complessità è stata intrecciata con le diverse modalità di ancorarsi al territorio delle popolazioni rom quali la baraccopoli abusiva, il campo di iniziativa comunale e la residenza di proprietà. “Cases studies” come rispettivamente via Rubattino, via Novara e via Monte Bisbino a Baranzate/Milano sono stati i capisaldi di questo percorso. A ciò si è poi aggiunta la ridefinizione del ruolo dell’attore pubblico, stimolato (o meno) dal meccanismo di ottenimento/utilizzo della risorsa (pubblica/privata, finanziaria/umana etc…). Particolare attenzione è stata data a quei casi in cui l’apertura al territorio ha consentito una risignificazione del ruolo dell’istituzione che forzando il proprio mandato ha potuto superare il paradigma dell’autosufficienza. Sono emerse quindi diverse figure interpretative territoriali che agiscono a diversi livelli: relazionale, sociale o spaziale in grado di orientare il processo sia verso il fallimento (o la stabilizzazione) che verso il successo, successo che in qualche caso si è espresso ad un livello più ampio della stessa istituzione, quello propriamente comunitario.File | Dimensione | Formato | |
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