Il “ritorno” dell’etica e della filosofia pratica nel pensiero contemporaneo - che specialmente in Germania coinvolge ultimamente le correnti più diverse, dall’ermeneutica al neoaristotelismo - è un fenomeno abbastanza sconcertante perché, dopo gli “smascheramenti” freudiani e marxiani, il disprezzo di Nietzsche e l’indifferenza di Heidegger, la tradizionale morale normativa sembrava ormai un terreno degradato e impraticabile. Hans Jonas fonde etica e metafisica in un unico nodo, dove sfuma quel carattere “normativo” della morale che è così sgradevole per l’individualità moderna. Il suo “principio responsabilità” (“Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer Ethik fur die technologische Zivilisation”, 1984; tr.it. “Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica”, 1990) sta a fondamento di un’etica che si può definire immediatamente “coattiva”, più che normativa: come nel paradigma del rapporto elementare di custodia e devozione che lega adulto e neonato. La vera immagine della natura e dell’essere umano è affidata oggi, ancor più che in passato, alla nostra custodia e alla nostra responsabilità collettiva. Il pericolo stesso funge da criterio di orientamento: dove indietreggiamo, di fronte alle possibili conseguenze delle nostre azioni, là si disvela qualcosa di “sacro”, che a nessun prezzo può essere messo in gioco. L’etica della responsabilità è un’etica ontologica, basata sulla struttura primaria della condizione umana rispecchiata dal rigore del concetto, ed è nel contempo un’etica naturale, che trae dalla pulsione di sopravvivenza e autoconservazione l’evidenza primordiale dei suoi principi: la natura diventa titolare di diritti morali, e la psiche assume quasi una fisionomia pre-culturale, che anticipa la stessa costituzione dell’identità umana. E’ un’“etica del futuro” che pronuncia un “sì” ontologico alla vita, e che risveglia in noi energie sepolte, indispensabili per affrontare l’ignoto.
Il principio responsabilità
GIACOMINI, LORENZO
1989-01-01
Abstract
Il “ritorno” dell’etica e della filosofia pratica nel pensiero contemporaneo - che specialmente in Germania coinvolge ultimamente le correnti più diverse, dall’ermeneutica al neoaristotelismo - è un fenomeno abbastanza sconcertante perché, dopo gli “smascheramenti” freudiani e marxiani, il disprezzo di Nietzsche e l’indifferenza di Heidegger, la tradizionale morale normativa sembrava ormai un terreno degradato e impraticabile. Hans Jonas fonde etica e metafisica in un unico nodo, dove sfuma quel carattere “normativo” della morale che è così sgradevole per l’individualità moderna. Il suo “principio responsabilità” (“Das Prinzip Verantwortung. Versuch einer Ethik fur die technologische Zivilisation”, 1984; tr.it. “Il principio responsabilità. Un’etica per la civiltà tecnologica”, 1990) sta a fondamento di un’etica che si può definire immediatamente “coattiva”, più che normativa: come nel paradigma del rapporto elementare di custodia e devozione che lega adulto e neonato. La vera immagine della natura e dell’essere umano è affidata oggi, ancor più che in passato, alla nostra custodia e alla nostra responsabilità collettiva. Il pericolo stesso funge da criterio di orientamento: dove indietreggiamo, di fronte alle possibili conseguenze delle nostre azioni, là si disvela qualcosa di “sacro”, che a nessun prezzo può essere messo in gioco. L’etica della responsabilità è un’etica ontologica, basata sulla struttura primaria della condizione umana rispecchiata dal rigore del concetto, ed è nel contempo un’etica naturale, che trae dalla pulsione di sopravvivenza e autoconservazione l’evidenza primordiale dei suoi principi: la natura diventa titolare di diritti morali, e la psiche assume quasi una fisionomia pre-culturale, che anticipa la stessa costituzione dell’identità umana. E’ un’“etica del futuro” che pronuncia un “sì” ontologico alla vita, e che risveglia in noi energie sepolte, indispensabili per affrontare l’ignoto.File | Dimensione | Formato | |
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