Il giardino è innanzitutto “enclos”, luogo recintato che ospita una vita diversa da quella quotidiana e riconduce uomo e natura agli esordi della loro separazione. Nel mito il giardino è metafora della creazione, della perfezione primigenia del cosmo e della felicità incontaminata dell’uomo. Racchiuso e protetto dal recinto per lui predisposto, egli non aveva che da corrispondere al mandato con la fedele custodia del giardiniere. E’ questo il concetto fondamentale che si ricava dal mito: alle origini c’era un luogo destinato all’uomo da una potenza superiore, che garantiva la sua esistenza dalle avversità del mondo esterno assicurando le migliori condizioni per la vita. L’uomo dunque non è stato gettato in un mondo estraneo: la creazione ha la finalità essenziale di ospitare questa “enclave” che accoglie il fiorire della vita. Ogni giardino reale rammemora l’evento ideale, le possibilità e i limiti dell’esistenza: oltre la tradizione ebraica dell’Eden, ce ne parlano antichissimi miti sumeri e la loro eredità mediterranea e soprattutto greca. Il giardino è spontaneamente etica ed estetica: recinto dove natura e techne s’incontrano, rappresenta una definizione del concetto stesso di cultura, come “opera d’arte il cui godimento si identifica con il vivere in essa” (così Rosario Assunto), “natura fatta parola e parola fatta natura”, “modello per un agire umano nel quale Dio sia presente come parola nella parola degli uomini”. Nella figura del giardiniere il mito descrive la posizione umana nel creato, immagine dal profondo contenuto etico, il cui principio fondamentale è la custodia: il giardino è l’enclos con cui la potestà divina ha voluto proteggere la vita dall’ostilità del mondo esterno, e l’uomo risponde a questa predilezione con la propria custodia, con fedele dedizione alla terra che gli è stata donata. In questa grande metafora etica, il giardiniere è autonomo, è l’unico responsabile dello spazio a lui assegnato che però non possiede né domina: se ne prende cura, ne sviluppa le potenzialità, e risponde infine dell’assolvimento del suo compito a un’istanza superiore. Abbiamo dunque un largo margine di libertà e di autonomia, ma anche un limite molto preciso dell’agire umano. Il recinto dell’Eden è stato varcato da tempo immemorabile, e ogni ostacolo al potere dell’uomo sta crollando sempre più rapidamente. E’ l’occasione per riconoscere l’unico vero recinto, l’unico vero giardino che ci accoglie: l’intero pianeta, l’intera biosfera è l’ambito destinato alla nostra responsabilità e alla nostra cura.

Il giardino come metafora etica

GIACOMINI, LORENZO
1989-01-01

Abstract

Il giardino è innanzitutto “enclos”, luogo recintato che ospita una vita diversa da quella quotidiana e riconduce uomo e natura agli esordi della loro separazione. Nel mito il giardino è metafora della creazione, della perfezione primigenia del cosmo e della felicità incontaminata dell’uomo. Racchiuso e protetto dal recinto per lui predisposto, egli non aveva che da corrispondere al mandato con la fedele custodia del giardiniere. E’ questo il concetto fondamentale che si ricava dal mito: alle origini c’era un luogo destinato all’uomo da una potenza superiore, che garantiva la sua esistenza dalle avversità del mondo esterno assicurando le migliori condizioni per la vita. L’uomo dunque non è stato gettato in un mondo estraneo: la creazione ha la finalità essenziale di ospitare questa “enclave” che accoglie il fiorire della vita. Ogni giardino reale rammemora l’evento ideale, le possibilità e i limiti dell’esistenza: oltre la tradizione ebraica dell’Eden, ce ne parlano antichissimi miti sumeri e la loro eredità mediterranea e soprattutto greca. Il giardino è spontaneamente etica ed estetica: recinto dove natura e techne s’incontrano, rappresenta una definizione del concetto stesso di cultura, come “opera d’arte il cui godimento si identifica con il vivere in essa” (così Rosario Assunto), “natura fatta parola e parola fatta natura”, “modello per un agire umano nel quale Dio sia presente come parola nella parola degli uomini”. Nella figura del giardiniere il mito descrive la posizione umana nel creato, immagine dal profondo contenuto etico, il cui principio fondamentale è la custodia: il giardino è l’enclos con cui la potestà divina ha voluto proteggere la vita dall’ostilità del mondo esterno, e l’uomo risponde a questa predilezione con la propria custodia, con fedele dedizione alla terra che gli è stata donata. In questa grande metafora etica, il giardiniere è autonomo, è l’unico responsabile dello spazio a lui assegnato che però non possiede né domina: se ne prende cura, ne sviluppa le potenzialità, e risponde infine dell’assolvimento del suo compito a un’istanza superiore. Abbiamo dunque un largo margine di libertà e di autonomia, ma anche un limite molto preciso dell’agire umano. Il recinto dell’Eden è stato varcato da tempo immemorabile, e ogni ostacolo al potere dell’uomo sta crollando sempre più rapidamente. E’ l’occasione per riconoscere l’unico vero recinto, l’unico vero giardino che ci accoglie: l’intero pianeta, l’intera biosfera è l’ambito destinato alla nostra responsabilità e alla nostra cura.
1989
KOS
giardino; Eden; enclos; recinto; mito; etica; estetica; natura; cultura; techne; custodia; responsabilità; libertà; autonomia; limite; divinità
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/661105
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