Sulla tribuna letteraria o nel contesto prosaico della quotidianità e dell’organizzazione sociale, compare oggi una “figura della coscienza” che fa del “disincanto” una nuova forma di eticità. Il forte contenuto filosofico latente nella scrittura di Thomas Bernhard viene colto e analizzato da un filosofo di professione come Aldo Giorgio Gargani (“La frase infinita. Thomas Bernhard e la cultura austriaca”, 1990), che offre dignità teoretica a questo “spirito del mondo” le cui sembianze sono sempre più evidenti, sia nel contesto della prassi che in quello della riflessione. “Nessuna frase che un uomo possa dire potrà salvarlo, ma la scrittura che è la narrazione della sua frase avrà il potere di proteggerlo dalla pazzia e dalla morte”, questa la “disciplina etica” della narrativa di Thomas Bernhard secondo Gargani. Anche i “cristalli del negativo” e l’“ermeneutica delle lacrime” di Cioran continuano a essere oggetto di attenzione editoriale, mentre uno studio collettivo (“Sentimenti dell’aldiqua. Opportunismo paura cinismo nell’età del disincanto”, 1990) delinea una variante sociologica di massa di questo spirito dell’epoca, come autentica “risorsa” produttiva nell'attuale fase del processo di modernizzazione. E’ in questione la formulazione compiuta e radicale di una “filosofia del disincanto”, che prenda atto dell’esaurimento di quelle che Cioran ha chiamato “riserve sostanziali di assoluto”: la dialettica dell’illuminismo ha raggiunto il grado zero, ogni istanza di senso appare revocabile e ingiustificata, e dal punto di vista di questo stato di massima entropia delle risorse spirituali, “può anche darsi che non sia mai esistito niente” (così Cioran, “Lacrime e santi”, 1990). In “Sentimenti dell’aldiqua”, Paolo Virno parla di una situazione emotiva epocale e in qualche modo irreversibile - una forma di eticità effettivamente nuova piuttosto che una congiuntura spirituale passeggera - ma anche ambivalente, cioè una “modalità di esperienza” non riducibile alle sue manifestazioni attuali, che rappresentano soltanto possibili configurazioni di un “nocciolo neutro” capace di espressioni del tutto diverse: perciò proprio chi detesta la moralità corrente dovrebbe tener conto del fatto che “nuove istanze di liberazione” non potranno che ripercorrere “con un segno opposto” questi stessi sentieri.

L'età del disincanto

GIACOMINI, LORENZO
1990-01-01

Abstract

Sulla tribuna letteraria o nel contesto prosaico della quotidianità e dell’organizzazione sociale, compare oggi una “figura della coscienza” che fa del “disincanto” una nuova forma di eticità. Il forte contenuto filosofico latente nella scrittura di Thomas Bernhard viene colto e analizzato da un filosofo di professione come Aldo Giorgio Gargani (“La frase infinita. Thomas Bernhard e la cultura austriaca”, 1990), che offre dignità teoretica a questo “spirito del mondo” le cui sembianze sono sempre più evidenti, sia nel contesto della prassi che in quello della riflessione. “Nessuna frase che un uomo possa dire potrà salvarlo, ma la scrittura che è la narrazione della sua frase avrà il potere di proteggerlo dalla pazzia e dalla morte”, questa la “disciplina etica” della narrativa di Thomas Bernhard secondo Gargani. Anche i “cristalli del negativo” e l’“ermeneutica delle lacrime” di Cioran continuano a essere oggetto di attenzione editoriale, mentre uno studio collettivo (“Sentimenti dell’aldiqua. Opportunismo paura cinismo nell’età del disincanto”, 1990) delinea una variante sociologica di massa di questo spirito dell’epoca, come autentica “risorsa” produttiva nell'attuale fase del processo di modernizzazione. E’ in questione la formulazione compiuta e radicale di una “filosofia del disincanto”, che prenda atto dell’esaurimento di quelle che Cioran ha chiamato “riserve sostanziali di assoluto”: la dialettica dell’illuminismo ha raggiunto il grado zero, ogni istanza di senso appare revocabile e ingiustificata, e dal punto di vista di questo stato di massima entropia delle risorse spirituali, “può anche darsi che non sia mai esistito niente” (così Cioran, “Lacrime e santi”, 1990). In “Sentimenti dell’aldiqua”, Paolo Virno parla di una situazione emotiva epocale e in qualche modo irreversibile - una forma di eticità effettivamente nuova piuttosto che una congiuntura spirituale passeggera - ma anche ambivalente, cioè una “modalità di esperienza” non riducibile alle sue manifestazioni attuali, che rappresentano soltanto possibili configurazioni di un “nocciolo neutro” capace di espressioni del tutto diverse: perciò proprio chi detesta la moralità corrente dovrebbe tener conto del fatto che “nuove istanze di liberazione” non potranno che ripercorrere “con un segno opposto” questi stessi sentieri.
1990
disincanto; negativo; eticità; scrittura; filosofia; modernizzazione; illuminismo; assoluto; spirito; coscienza; senso; entropia
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