Divinazione: un tema meritevole di filosofia? Cicerone avrebbe risposto affermativamente a questa domanda, avendo raccolto nel suo celebre trattato "De divinatione" un’analoga, più o meno concorde opinione in questo senso della tradizione filosofica antica. I millenni trascorsi da allora hanno accresciuto la distanza tra razionale e irrazionale, ma non hanno scalfito, per certi aspetti anzi forse aumentato il potere di seduzione del “pensiero mantico” sul senso comune e sull’opinione pubblica. La questione è rimasta in qualche modo intatta, e questo saggio vuole riproporla in una forma che - necessariamente più che intenzionalmente - non è molto lontana dallo spirito del De divinatione. Nell’opera ciceroniana, la divinazione rappresenta in realtà una sorta di “leva teoretica” che consente di formulare una domanda epistemologica fondamentale, una domanda sul metodo della conoscenza che riguarda l’intero campo del sapere e che può trovare risposta soltanto in un modello di filosofia della natura, in un paradigma cosmologico per così dire “ologrammatico”, unificante e identico anche da punti di vista molto diversi e distanti. Ma l’inestricabile intreccio di filosofie, scienze e “mondo della vita” in cui questa domanda è necessariamente avvolta rende oggi come allora inevitabile una configurazione ermeneutica della questione, perché questo paradigma della conoscenza non è un’astrazione, non è un’invenzione arbitraria bensì una tradizione, millenaria già all’epoca del De divinatione. Su questa stessa struttura, caratteristica e necessaria, del De divinatione di Cicerone sono fondate anche altre più recenti opere sulla divinazione e sui fenomeni ad essa legati, opere prese in particolare considerazione nel saggio qui presentato: in ordine cronologico, l’ottocentesca e pressoché ignota "Filosofia della divinazione" del musicologo Abramo Basevi , la ben più famosa "Sincronicità" di Carl Gustav Jung , e infine quella più vicina a noi, ma forse anche la più vicina a questa “impronta” ciceroniana (e perciò analizzata in parallelo con il De divinatione): "Spie. Radici di un paradigma indiziario" di Carlo Ginzburg . Ma la maggiore peculiarità del presente saggio si ritrova senza dubbio nel tentativo, sottolineato dal titolo, di interpretare questa eredità epistemologica della tradizione mantica in stretto rapporto di motivazione con quella che viene definita nuova scienza: cioè con l’emergere, sempre più evidente come fenomeno globale ed epocale, di nuove teorie e tendenze, nuovi campi e saperi scientifici che vanno a costituire il profilo coerente di un grande mutamento di paradigma, terreno estremamente fertile per mettere alla prova questa prospettiva filosofica.

Filosofia della divinazione e nuova scienza. L'eredità epistemologica di una tradizione millenaria

GIACOMINI, LORENZO
2002-01-01

Abstract

Divinazione: un tema meritevole di filosofia? Cicerone avrebbe risposto affermativamente a questa domanda, avendo raccolto nel suo celebre trattato "De divinatione" un’analoga, più o meno concorde opinione in questo senso della tradizione filosofica antica. I millenni trascorsi da allora hanno accresciuto la distanza tra razionale e irrazionale, ma non hanno scalfito, per certi aspetti anzi forse aumentato il potere di seduzione del “pensiero mantico” sul senso comune e sull’opinione pubblica. La questione è rimasta in qualche modo intatta, e questo saggio vuole riproporla in una forma che - necessariamente più che intenzionalmente - non è molto lontana dallo spirito del De divinatione. Nell’opera ciceroniana, la divinazione rappresenta in realtà una sorta di “leva teoretica” che consente di formulare una domanda epistemologica fondamentale, una domanda sul metodo della conoscenza che riguarda l’intero campo del sapere e che può trovare risposta soltanto in un modello di filosofia della natura, in un paradigma cosmologico per così dire “ologrammatico”, unificante e identico anche da punti di vista molto diversi e distanti. Ma l’inestricabile intreccio di filosofie, scienze e “mondo della vita” in cui questa domanda è necessariamente avvolta rende oggi come allora inevitabile una configurazione ermeneutica della questione, perché questo paradigma della conoscenza non è un’astrazione, non è un’invenzione arbitraria bensì una tradizione, millenaria già all’epoca del De divinatione. Su questa stessa struttura, caratteristica e necessaria, del De divinatione di Cicerone sono fondate anche altre più recenti opere sulla divinazione e sui fenomeni ad essa legati, opere prese in particolare considerazione nel saggio qui presentato: in ordine cronologico, l’ottocentesca e pressoché ignota "Filosofia della divinazione" del musicologo Abramo Basevi , la ben più famosa "Sincronicità" di Carl Gustav Jung , e infine quella più vicina a noi, ma forse anche la più vicina a questa “impronta” ciceroniana (e perciò analizzata in parallelo con il De divinatione): "Spie. Radici di un paradigma indiziario" di Carlo Ginzburg . Ma la maggiore peculiarità del presente saggio si ritrova senza dubbio nel tentativo, sottolineato dal titolo, di interpretare questa eredità epistemologica della tradizione mantica in stretto rapporto di motivazione con quella che viene definita nuova scienza: cioè con l’emergere, sempre più evidente come fenomeno globale ed epocale, di nuove teorie e tendenze, nuovi campi e saperi scientifici che vanno a costituire il profilo coerente di un grande mutamento di paradigma, terreno estremamente fertile per mettere alla prova questa prospettiva filosofica.
2002
divinazione; sincronicità; autosomiglianza; ologramma; paradigma; epistemologia; ermeneutica; metaforologia; ideografia; indizio; individualità
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