Il rapporto storico e ontologico tra mitico e moderno è puntualmente leggibile nella “Filosofia del denaro” di Georg Simmel. Il mito non vi appare in qualche veste memorabile e concreta: assume piuttosto un’immagine utopica, proiettiva, irreale, rappresenta un “modello” indispensabile come criterio di misura nella descrizione dei processi di modernizzazione. Difficilmente si può ricondurre a un’effettività reale la tesi secondo la quale “i tempi della mitologia stabilivano una distanza tra uomini e cose molto più piccola di quella attuale”. Dal testo simmeliano emerge, più che una descrizione del mito come produzione di immagini e narrazioni, una sua versione come “ragion pratica”, come forza propulsiva da cui dipende l’insieme delle rappresentazioni categoriali tipiche di una società “tradizionale”. Tutta l’opera è fondata su coppie di opposizioni categoriali, le cui antitesi devono inquadrare la specificità del moderno rispetto a ogni società del passato. In questo saggio sulla “Filosofia del denaro” di Georg Simmel, la suddetta immagine del mito viene messa in relazione con i concetti chiave della più recente “Mythos-Debatte” all’interno della cultura tedesca, che negli ultimi decenni del Novecento ha coinvolto filosofi come Hans Blumenberg, Manfred Frank, Leszek Kolakowski e altri. In questa prospettiva, la ricerca di elementi residui della coscienza mitica nell’era moderna è ispirata dalla necessità di ridare senso all’intenzionalità del progetto umano, che oggi si vede confrontata con processi di socializzazione sempre più impersonali, automatici e privi di controllo soggettivo. Si può dire quindi che l’esistenza di una sotterranea struttura mitica della coscienza ha a che fare in gran parte con una questione normativa, con un quesito che riguarda la ragion pratica. Il rapporto fra mito e filosofia, e dunque la possibilità di una nuova “mitologia della ragione” - già profetizzata in età Romantica da Hegel, Schelling, Hölderlin - ha significato solo pensando a un recupero non tanto di figure mitologiche tramandate, quanto piuttosto della “funzione mitica” come tale, cioè di quelle facoltà di orientamento e interpretazione del mondo che si radicano in una “fonte energetica”, in uno “strato” mitico della coscienza umana.
Modernità e mito nella “Filosofia del denaro” di Simmel
GIACOMINI, LORENZO
1989-01-01
Abstract
Il rapporto storico e ontologico tra mitico e moderno è puntualmente leggibile nella “Filosofia del denaro” di Georg Simmel. Il mito non vi appare in qualche veste memorabile e concreta: assume piuttosto un’immagine utopica, proiettiva, irreale, rappresenta un “modello” indispensabile come criterio di misura nella descrizione dei processi di modernizzazione. Difficilmente si può ricondurre a un’effettività reale la tesi secondo la quale “i tempi della mitologia stabilivano una distanza tra uomini e cose molto più piccola di quella attuale”. Dal testo simmeliano emerge, più che una descrizione del mito come produzione di immagini e narrazioni, una sua versione come “ragion pratica”, come forza propulsiva da cui dipende l’insieme delle rappresentazioni categoriali tipiche di una società “tradizionale”. Tutta l’opera è fondata su coppie di opposizioni categoriali, le cui antitesi devono inquadrare la specificità del moderno rispetto a ogni società del passato. In questo saggio sulla “Filosofia del denaro” di Georg Simmel, la suddetta immagine del mito viene messa in relazione con i concetti chiave della più recente “Mythos-Debatte” all’interno della cultura tedesca, che negli ultimi decenni del Novecento ha coinvolto filosofi come Hans Blumenberg, Manfred Frank, Leszek Kolakowski e altri. In questa prospettiva, la ricerca di elementi residui della coscienza mitica nell’era moderna è ispirata dalla necessità di ridare senso all’intenzionalità del progetto umano, che oggi si vede confrontata con processi di socializzazione sempre più impersonali, automatici e privi di controllo soggettivo. Si può dire quindi che l’esistenza di una sotterranea struttura mitica della coscienza ha a che fare in gran parte con una questione normativa, con un quesito che riguarda la ragion pratica. Il rapporto fra mito e filosofia, e dunque la possibilità di una nuova “mitologia della ragione” - già profetizzata in età Romantica da Hegel, Schelling, Hölderlin - ha significato solo pensando a un recupero non tanto di figure mitologiche tramandate, quanto piuttosto della “funzione mitica” come tale, cioè di quelle facoltà di orientamento e interpretazione del mondo che si radicano in una “fonte energetica”, in uno “strato” mitico della coscienza umana.File | Dimensione | Formato | |
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