L’ontologia estetica di René Magritte descrive il mondo come processo ibrido di traduzione e traslazione di una somiglianza universale. In questo saggio, che amplia un precedente lavoro pubblicato su rivista, le categorie ontologiche dell’estetica magrittiana vengono analizzate sulla base testuale degli “Scritti”, fino a delineare il modello di una logica della “ragione ibrida” (che Franco Rella fa risalire allo “Zibaldone” leopardiano) ben al di là dei limiti di una semplice poetica: si chiama invece in causa una onto-logica del reale che si può intravedere anche da versanti radicalmente opposti a quelli artistici (come fa Douglas Hofstadter, tra Magritte e Kurt Gödel). Ibridazione, dunque, come dimensione ultima ed elementare dei rapporti materiali e mentali tra gli esseri: uno strato del mondo che riaffiora da profondità remote, come quella "logica dell’ambiguo, dell’equivoco, della polarità" che il mito conosceva bene, e che ci appare oggi stranamente affine alle dinamiche evolutive del moderno, in un senso estetico e antropologico che mette in gioco le radici stesse del concetto di cultura. Su questo sfondo ontologico va proiettata la centralità contemporanea, ma anche l’universalità della categoria di ibridazione per l’architettura. Qui si traccia lo schema di questa tesi: dal modello epistemico della "deriva", legittimazione di un’estetica dell’ibridazione, ai suoi riflessi architettonici, raffigurati in conclusione con esempi di "derive archetipiche".
Oceano ibrido: derive ontologiche, derive archetipiche. Schematismi della ragione impura
GIACOMINI, LORENZO
2012-01-01
Abstract
L’ontologia estetica di René Magritte descrive il mondo come processo ibrido di traduzione e traslazione di una somiglianza universale. In questo saggio, che amplia un precedente lavoro pubblicato su rivista, le categorie ontologiche dell’estetica magrittiana vengono analizzate sulla base testuale degli “Scritti”, fino a delineare il modello di una logica della “ragione ibrida” (che Franco Rella fa risalire allo “Zibaldone” leopardiano) ben al di là dei limiti di una semplice poetica: si chiama invece in causa una onto-logica del reale che si può intravedere anche da versanti radicalmente opposti a quelli artistici (come fa Douglas Hofstadter, tra Magritte e Kurt Gödel). Ibridazione, dunque, come dimensione ultima ed elementare dei rapporti materiali e mentali tra gli esseri: uno strato del mondo che riaffiora da profondità remote, come quella "logica dell’ambiguo, dell’equivoco, della polarità" che il mito conosceva bene, e che ci appare oggi stranamente affine alle dinamiche evolutive del moderno, in un senso estetico e antropologico che mette in gioco le radici stesse del concetto di cultura. Su questo sfondo ontologico va proiettata la centralità contemporanea, ma anche l’universalità della categoria di ibridazione per l’architettura. Qui si traccia lo schema di questa tesi: dal modello epistemico della "deriva", legittimazione di un’estetica dell’ibridazione, ai suoi riflessi architettonici, raffigurati in conclusione con esempi di "derive archetipiche".File | Dimensione | Formato | |
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