Negli ultimi 15 anni, con l’affermarsi delle tecnologie del digitale nella gestione dei processi progettuali, si è assistito a una sostanziale modificazione dell’impalcatura di costruzione dei codici della “corporate image”, dell’immagine coordinata. L’“image” è sempre più metamorfica, sempre meno statica e immutabile. Il termine metamorfico intende identificare proprio quella trasformazione di forma e di composizione interna cui si assiste nel progetto di comunicazione visiva con la modificazione delle forme, da un lato, e della struttura interna del processo progettuale, dall’altra. Oggi non pare più possibile riferirsi all’idea del sistema normativo codificato nel “manual”, secondo il quale un complesso di regole sia replicato e applicato infinite volte secondo modalità sempre uguali a se stesse come del resto definito negli anni ’60 da Henrion e Parkin (1967) e poi da Maldonado e Bonsiepe (1986). L’idea del sistema aperto, come già anticipato da Eco (1962), si afferma come modalità progettuale in cui le variabili si adattano al contesto, alle situazioni e ai toni comunicativi. I codici delle identità visive attuali, in particolare negli ambiti della comunicazione pubblica e culturale – che alcuni ritengono come congeniali in quanto fortemente legati ai contenuti (Bell, 2006) – sono basati su una grammatica che prevede la variazione, secondo un concetto che si potrebbe sintetizzare con l’espressione di “identità come molteplicità”. Il colore nei sistemi di identità contemporanei non è solo un corollario – il colore o i colori istituzionali del “manual” – ma diviene realmente elemento di base, al pari della scrittura – la tipografia, il carattere tipografico – nel definire il codice della comunicazione di un soggetto o di una organizzazione. Da elemento di base passivo, al servizio del marchio e delle sue declinazioni, quindi si potrebbe affermare che il colore oggi è parte attiva di un codice comunicativo ampio, coerente con l’organizzazione o il luogo che comunica. Alfabeti cromatici che permettono di costruire, secondo codici prestabiliti (che divengono la costante comunicativa), variazioni in grado di rappresentare contenuti differenti (Felsing, 2010). Nel presente contributo si intende riflettere attraverso alcuni esempi su tali modificazioni che riguardano l’ampio ambito delle comunicazioni visive e in particolare la specifica sfera del progetto dell’identità visiva nelle sue più contemporanee accezioni.

Metamorfismi cromatici. Il colore nell'identità visiva contemporanea.

GUIDA, FRANCESCO ERMANNO
2012-01-01

Abstract

Negli ultimi 15 anni, con l’affermarsi delle tecnologie del digitale nella gestione dei processi progettuali, si è assistito a una sostanziale modificazione dell’impalcatura di costruzione dei codici della “corporate image”, dell’immagine coordinata. L’“image” è sempre più metamorfica, sempre meno statica e immutabile. Il termine metamorfico intende identificare proprio quella trasformazione di forma e di composizione interna cui si assiste nel progetto di comunicazione visiva con la modificazione delle forme, da un lato, e della struttura interna del processo progettuale, dall’altra. Oggi non pare più possibile riferirsi all’idea del sistema normativo codificato nel “manual”, secondo il quale un complesso di regole sia replicato e applicato infinite volte secondo modalità sempre uguali a se stesse come del resto definito negli anni ’60 da Henrion e Parkin (1967) e poi da Maldonado e Bonsiepe (1986). L’idea del sistema aperto, come già anticipato da Eco (1962), si afferma come modalità progettuale in cui le variabili si adattano al contesto, alle situazioni e ai toni comunicativi. I codici delle identità visive attuali, in particolare negli ambiti della comunicazione pubblica e culturale – che alcuni ritengono come congeniali in quanto fortemente legati ai contenuti (Bell, 2006) – sono basati su una grammatica che prevede la variazione, secondo un concetto che si potrebbe sintetizzare con l’espressione di “identità come molteplicità”. Il colore nei sistemi di identità contemporanei non è solo un corollario – il colore o i colori istituzionali del “manual” – ma diviene realmente elemento di base, al pari della scrittura – la tipografia, il carattere tipografico – nel definire il codice della comunicazione di un soggetto o di una organizzazione. Da elemento di base passivo, al servizio del marchio e delle sue declinazioni, quindi si potrebbe affermare che il colore oggi è parte attiva di un codice comunicativo ampio, coerente con l’organizzazione o il luogo che comunica. Alfabeti cromatici che permettono di costruire, secondo codici prestabiliti (che divengono la costante comunicativa), variazioni in grado di rappresentare contenuti differenti (Felsing, 2010). Nel presente contributo si intende riflettere attraverso alcuni esempi su tali modificazioni che riguardano l’ampio ambito delle comunicazioni visive e in particolare la specifica sfera del progetto dell’identità visiva nelle sue più contemporanee accezioni.
2012
Colore e Colorimetria. Contributi Multidisciplinari - Vol. VIII A
9788838761362
File in questo prodotto:
File Dimensione Formato  
ConfColore2012-metamorfismicromatici-feguida.pdf

Accesso riservato

: Post-Print (DRAFT o Author’s Accepted Manuscript-AAM)
Dimensione 1.36 MB
Formato Adobe PDF
1.36 MB Adobe PDF   Visualizza/Apri

I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.

Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/658374
Citazioni
  • ???jsp.display-item.citation.pmc??? ND
  • Scopus ND
  • ???jsp.display-item.citation.isi??? ND
social impact