Guardando oggi all’opera dell’architetto Gottfried Böhm (n. 1920), così tenacemente permeata di un principio di responsabilità per la rogersiana “identificazione essenziale tra etica ed estetica” , ci si accorge che le ragioni per un dialogo sono molte. Appare evidente come l’architettura di Böhm è ancora, e innanzi tutto, costruzione di un luogo urbano. Nei suoi numerosi progetti, infatti, l’edificio pubblico ed in particolare il centro civico, alludono ad un luogo tuttora deputato a riassumere la complessità e l’eterogeneità delle relazioni urbane, a farsi esso stesso città. Nel lungo svolgersi del suo lavoro, iniziato nello studio del padre Dominikus (1880-1955), Gottfried Böhm costruisce e disegna architetture in cui l’espressione del senso civico dell’istituzione e l’interpretazione tematica prevalgono sulla ricerca di una propria cifra autobiografica. Allo stesso modo, la riflessione continua sui materiali della storia e l’attenzione per gli aspetti contestuali, posti alla base della sua ricerca progettuale, si trasfigurano in elementi architettonici affabili, indicativi di una volontà di radicamento del progetto nel corpo della comunità. In un’epoca di stilismi, in cui l’architettura sembra suscitare interesse solo laddove si proponga come oggetto di griffe al pari di altre icone mediatiche, l’architettura di Gottfried Böhm, Pritzker Prize nel 1986, costituisce un’interessante eccezione.
Presenze affabili nella continuità della storia. Considerazioni in margine ad un’intervista con Gottfried Böhm
PEZZETTI, LAURA ANNA
2004-01-01
Abstract
Guardando oggi all’opera dell’architetto Gottfried Böhm (n. 1920), così tenacemente permeata di un principio di responsabilità per la rogersiana “identificazione essenziale tra etica ed estetica” , ci si accorge che le ragioni per un dialogo sono molte. Appare evidente come l’architettura di Böhm è ancora, e innanzi tutto, costruzione di un luogo urbano. Nei suoi numerosi progetti, infatti, l’edificio pubblico ed in particolare il centro civico, alludono ad un luogo tuttora deputato a riassumere la complessità e l’eterogeneità delle relazioni urbane, a farsi esso stesso città. Nel lungo svolgersi del suo lavoro, iniziato nello studio del padre Dominikus (1880-1955), Gottfried Böhm costruisce e disegna architetture in cui l’espressione del senso civico dell’istituzione e l’interpretazione tematica prevalgono sulla ricerca di una propria cifra autobiografica. Allo stesso modo, la riflessione continua sui materiali della storia e l’attenzione per gli aspetti contestuali, posti alla base della sua ricerca progettuale, si trasfigurano in elementi architettonici affabili, indicativi di una volontà di radicamento del progetto nel corpo della comunità. In un’epoca di stilismi, in cui l’architettura sembra suscitare interesse solo laddove si proponga come oggetto di griffe al pari di altre icone mediatiche, l’architettura di Gottfried Böhm, Pritzker Prize nel 1986, costituisce un’interessante eccezione.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


