Per molti secoli le città hanno mantenuto una relazione di equilibrio con il loro territorio, fino a quando la rivoluzione industriale ha innescato fenomeni di concentrazione urbana mai sperimentati in precedenza. Ma si è trattato di un periodo tutto sommato breve della loro storia. Ancor più breve il passaggio dalla città industriale a quella post-industriale, infinitamente dilatata nello spazio, che ha segnato le trasformazioni urbane specie del secondo Novecento. E grosso modo in quello stesso periodo hanno iniziato a manifestarsi i problemi legati ad un’eccessiva pressione delle attività umane sull’ambiente, alle cui connesse criticità lo sprawl (come viene definita a livello internazionale la dispersione urbana) ha contribuito non poco: se la nostra mobilità è pressoché totalmente auto-dipendente con consumi energetici e inquinamenti elevatissimi, se sottraiamo enormi quantità di suolo all’ambiente ed all’agricoltura per realizzare insediamenti inefficienti e costosi, se le relazioni interpersonali si sono così rarefatte per la scarsa e inadeguata dotazione di luoghi pubblici, ciò dipende da come abbiamo organizzato lo spazio attorno a noi nel corso degli ultimi decenni. Il modo in cui costruiamo oggi condizionerà il modo di vivere di domani e a giudicare dai risultati conseguiti sinora il lascito per le generazioni a venire appare ben poco “sostenibile”. L’urbanistica, tra paradigmi perduti ed occasioni mancate, recuperando le sue realizzazioni migliori ed i suoi principi disciplinari nel contesto di strumenti generali ed attuativi di maggiore efficacia, quali quelli che paiono oggi – pur faticosamente – delinearsi nella pianificazione, potrebbe ancora avere un ruolo determinante nel contribuire a dare forma ad un futuro più vivibile.
L'età suburbana: oltre lo sprawl
GALANTI, ANTONIO
2012-01-01
Abstract
Per molti secoli le città hanno mantenuto una relazione di equilibrio con il loro territorio, fino a quando la rivoluzione industriale ha innescato fenomeni di concentrazione urbana mai sperimentati in precedenza. Ma si è trattato di un periodo tutto sommato breve della loro storia. Ancor più breve il passaggio dalla città industriale a quella post-industriale, infinitamente dilatata nello spazio, che ha segnato le trasformazioni urbane specie del secondo Novecento. E grosso modo in quello stesso periodo hanno iniziato a manifestarsi i problemi legati ad un’eccessiva pressione delle attività umane sull’ambiente, alle cui connesse criticità lo sprawl (come viene definita a livello internazionale la dispersione urbana) ha contribuito non poco: se la nostra mobilità è pressoché totalmente auto-dipendente con consumi energetici e inquinamenti elevatissimi, se sottraiamo enormi quantità di suolo all’ambiente ed all’agricoltura per realizzare insediamenti inefficienti e costosi, se le relazioni interpersonali si sono così rarefatte per la scarsa e inadeguata dotazione di luoghi pubblici, ciò dipende da come abbiamo organizzato lo spazio attorno a noi nel corso degli ultimi decenni. Il modo in cui costruiamo oggi condizionerà il modo di vivere di domani e a giudicare dai risultati conseguiti sinora il lascito per le generazioni a venire appare ben poco “sostenibile”. L’urbanistica, tra paradigmi perduti ed occasioni mancate, recuperando le sue realizzazioni migliori ed i suoi principi disciplinari nel contesto di strumenti generali ed attuativi di maggiore efficacia, quali quelli che paiono oggi – pur faticosamente – delinearsi nella pianificazione, potrebbe ancora avere un ruolo determinante nel contribuire a dare forma ad un futuro più vivibile.File | Dimensione | Formato | |
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