Il federalismo sembra, se pur in modo contraddittorio, essere un’istanza liberale, nella misura in cui postula una sorta di “mercato politico” delle scelte pubbliche più controllabile dai contribuenti e dagli utenti dei sevizi (Buchanan e Tullock, 1962). Se le risorse vengono prelevate in maggior misura con tasse locali e non con trasferimenti “earmarked” dal centro (anche noti come “finanza derivata”), come avviene ora, si possono mettere in moto due fenomeni virtuosi. In primo luogo i contribuenti possono esercitare una pressione più diretta sugli eletti per contenere il prelievo fiscale totale, ma soprattutto si può generare un dibattito più trasparente sulle priorità di spesa (anche in termini di attività di lobbies contrapposte). In questo contesto, appare più difficile che prevalgano progetti o politiche palesemente inefficienti. Al contrario, in un contesto di “finanza derivata”, gli incentivi per i decisori politici locali sono opposti, cioè sono quelli di massimizzare la spesa attraverso la massimizzazione di trasferimenti dal Tesoro. Infatti, in questo modo massimizzano il consenso, anche in caso di progetti di dubbia utilità: non sono i loro elettori a pagarli. Un secondo aspetto generale concerne il concetto di regolazione economica; si ricorda qui che una efficace regolazione economica di monopoli naturali (per esempio le infrastrutture di trasporto) o legali (per esempio, i servizi di trasporto locali) ha la stessa valenza concettuale della concorrenza: difende gli utenti e/o i contribuenti da rendite e inefficienze proprie del monopolio. Di conseguenza appare giustificato trattare questo aspetto insieme a quello della liberalizzazione. La regionalizzazione dei trasporti, come si vedrà in seguito, è un fenomeno in parte già in corso: se ne vedranno qui alcuni aspetti, anche contraddittori, che sembrano emergere dalle esperienze già fatte e se ne trarranno delle possibili indicazioni di policy.
La liberalizzazione/regolazione dei trasporti a livello regionale
PONTI, MARCO GUIDO;LAURINO, ANTONIO
2011-01-01
Abstract
Il federalismo sembra, se pur in modo contraddittorio, essere un’istanza liberale, nella misura in cui postula una sorta di “mercato politico” delle scelte pubbliche più controllabile dai contribuenti e dagli utenti dei sevizi (Buchanan e Tullock, 1962). Se le risorse vengono prelevate in maggior misura con tasse locali e non con trasferimenti “earmarked” dal centro (anche noti come “finanza derivata”), come avviene ora, si possono mettere in moto due fenomeni virtuosi. In primo luogo i contribuenti possono esercitare una pressione più diretta sugli eletti per contenere il prelievo fiscale totale, ma soprattutto si può generare un dibattito più trasparente sulle priorità di spesa (anche in termini di attività di lobbies contrapposte). In questo contesto, appare più difficile che prevalgano progetti o politiche palesemente inefficienti. Al contrario, in un contesto di “finanza derivata”, gli incentivi per i decisori politici locali sono opposti, cioè sono quelli di massimizzare la spesa attraverso la massimizzazione di trasferimenti dal Tesoro. Infatti, in questo modo massimizzano il consenso, anche in caso di progetti di dubbia utilità: non sono i loro elettori a pagarli. Un secondo aspetto generale concerne il concetto di regolazione economica; si ricorda qui che una efficace regolazione economica di monopoli naturali (per esempio le infrastrutture di trasporto) o legali (per esempio, i servizi di trasporto locali) ha la stessa valenza concettuale della concorrenza: difende gli utenti e/o i contribuenti da rendite e inefficienze proprie del monopolio. Di conseguenza appare giustificato trattare questo aspetto insieme a quello della liberalizzazione. La regionalizzazione dei trasporti, come si vedrà in seguito, è un fenomeno in parte già in corso: se ne vedranno qui alcuni aspetti, anche contraddittori, che sembrano emergere dalle esperienze già fatte e se ne trarranno delle possibili indicazioni di policy.File | Dimensione | Formato | |
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