L'articolo esamina la "semplice monumentalità", la formulazione instabile e la decomposizione "illogica" del Sacrario Mancini a Piccione (Perugia), progettato da Hof Associati. Oltre le spinte dell'effimero, della leggerezza, della sperimentazione, si considera lo studio dell'architettura sacra, come investigazione immateriale, nella discontinuità spaziale e percettiva, senza proclamare verità, ma adottando la decomposizione morfo-tipologica per consentire il coinvolgimento esperenziale. Anche come contrasto verso la monumentalità tradizionale, propria dell'architettura sacra: le simmetrie, l'asse dominante, le forme regolari e classificate sono sostituite da un sistema di aggregazione, slegato da qualsiasi corrispondenza intenzionale tra forma, funzione, materia. Il simbolismo è distorto, la decomposizione provoca assonanze e confronti apparentemente incompiuti, intessuti dalle impronte, dai segni scavati nell'essenza junghiana o semplicemente restituiti alla forza della loro natura. Il "recinto sacro", di base quadrata, è posseduto, è "un terreno di gioco per la mente assoluta", citando Glass, e l'immersione nella sua geometria topologica è deformata fino alla quarta dimensione, attuata dagli improbabili inserti plastici e dalle loro incontrollabili proiezioni ottiche, affiorando mediante sovrapposizioni e intrecci. I progettisti, a partire dal "recinto", provano quindi a raggiungere una condizione di equilibrio tra l'universo dei concetti e la realtà evocativa, percettiva e anche costruttiva, tra l'"experimental architecture" (in senso teorico) e l'"experiencing architecture" (in senso fisico).

Architettura Sacra: spazio esistenziale e discontinuità

NASTRI, MASSIMILIANO
2007-01-01

Abstract

L'articolo esamina la "semplice monumentalità", la formulazione instabile e la decomposizione "illogica" del Sacrario Mancini a Piccione (Perugia), progettato da Hof Associati. Oltre le spinte dell'effimero, della leggerezza, della sperimentazione, si considera lo studio dell'architettura sacra, come investigazione immateriale, nella discontinuità spaziale e percettiva, senza proclamare verità, ma adottando la decomposizione morfo-tipologica per consentire il coinvolgimento esperenziale. Anche come contrasto verso la monumentalità tradizionale, propria dell'architettura sacra: le simmetrie, l'asse dominante, le forme regolari e classificate sono sostituite da un sistema di aggregazione, slegato da qualsiasi corrispondenza intenzionale tra forma, funzione, materia. Il simbolismo è distorto, la decomposizione provoca assonanze e confronti apparentemente incompiuti, intessuti dalle impronte, dai segni scavati nell'essenza junghiana o semplicemente restituiti alla forza della loro natura. Il "recinto sacro", di base quadrata, è posseduto, è "un terreno di gioco per la mente assoluta", citando Glass, e l'immersione nella sua geometria topologica è deformata fino alla quarta dimensione, attuata dagli improbabili inserti plastici e dalle loro incontrollabili proiezioni ottiche, affiorando mediante sovrapposizioni e intrecci. I progettisti, a partire dal "recinto", provano quindi a raggiungere una condizione di equilibrio tra l'universo dei concetti e la realtà evocativa, percettiva e anche costruttiva, tra l'"experimental architecture" (in senso teorico) e l'"experiencing architecture" (in senso fisico).
2007
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