L'articolo esamina i "morfemi" della composizione spaziale e tecnologica assunti dall'Hotel Maritim a Berlino, progettato da Jan Kleihues. L'intervento si inserisce nel Shellaus Quartier berlinese, all'interno del settore che celebra la Neue Nationalgalerie di Mies van der Rohe e le architetture sperimentali di Potsdamer Platz. La costituzione morfologica esalta, incita, le proprietà semantiche della pietra, adottata nell'interpretazione dei fenomeni relativi al luogo, come strumento evocativo verso i caratteri "sopravvissuti" e permanenti alle modifiche degli assetti funzionali. Essa è il "mezzo" che conferisce all'inserimento di Kleihues il gesto indelebile, differente nel tempo, ma parte dell'unica e riconoscibile esperienza storica. Su queste basi, il progetto esegue la "presa esistenziale" del luogo, rilevandone e interpretandone l'"essenza", nella sua sostanza di forma, tesatura e colore, nella sua "atmosfera" generale: Kleihues ne scopre i "significati" potenziali, "raduna" le proprietà ambientali e volge, come processo cognitivo, a preservarne l'"identità". L'applicazione tipologica, conservando l'articolazione spaziale caratteristica, diviene pratica, poetica progettuale della "identificazione" e dell'"orientamento". L'elaborazione espressiva, le regole combinatorie e la matrice relazionale trascendono le istituzioni normative dei paradigmi razionali, ricorrendo ai riferimenti dell'architettura "analogica". Questi permettono di esporre la "memoria" del luogo, mediante la comprensione di forme di sviluppo limitate, dove la "massività" lapidea accentua l'obiettivo dell'intervento "auto-contenuto" per l'Hotel Maritim: la "tettonica rappresentativa" costituita dai motivi prospettici illustra il principio evocativo dell'intero complesso, configura il modello implicito dell'elemento ripetitivo e genera gli affacci urbani quale mezzo di scoperta del "genius loci". Nella poetica di Kleihues, il rivestimento lapideo in travertino si eleva nella riappropriazione dei valori artistici, in antitesi all'esercitazione gratuita sulle superfici (orientata alla prosecuzione formalistica o all'ossequio tecnologico), e nel contributo diretto alla riconoscibilità della prassi autentica.

Identità e permanenza

NASTRI, MASSIMILIANO
2007-01-01

Abstract

L'articolo esamina i "morfemi" della composizione spaziale e tecnologica assunti dall'Hotel Maritim a Berlino, progettato da Jan Kleihues. L'intervento si inserisce nel Shellaus Quartier berlinese, all'interno del settore che celebra la Neue Nationalgalerie di Mies van der Rohe e le architetture sperimentali di Potsdamer Platz. La costituzione morfologica esalta, incita, le proprietà semantiche della pietra, adottata nell'interpretazione dei fenomeni relativi al luogo, come strumento evocativo verso i caratteri "sopravvissuti" e permanenti alle modifiche degli assetti funzionali. Essa è il "mezzo" che conferisce all'inserimento di Kleihues il gesto indelebile, differente nel tempo, ma parte dell'unica e riconoscibile esperienza storica. Su queste basi, il progetto esegue la "presa esistenziale" del luogo, rilevandone e interpretandone l'"essenza", nella sua sostanza di forma, tesatura e colore, nella sua "atmosfera" generale: Kleihues ne scopre i "significati" potenziali, "raduna" le proprietà ambientali e volge, come processo cognitivo, a preservarne l'"identità". L'applicazione tipologica, conservando l'articolazione spaziale caratteristica, diviene pratica, poetica progettuale della "identificazione" e dell'"orientamento". L'elaborazione espressiva, le regole combinatorie e la matrice relazionale trascendono le istituzioni normative dei paradigmi razionali, ricorrendo ai riferimenti dell'architettura "analogica". Questi permettono di esporre la "memoria" del luogo, mediante la comprensione di forme di sviluppo limitate, dove la "massività" lapidea accentua l'obiettivo dell'intervento "auto-contenuto" per l'Hotel Maritim: la "tettonica rappresentativa" costituita dai motivi prospettici illustra il principio evocativo dell'intero complesso, configura il modello implicito dell'elemento ripetitivo e genera gli affacci urbani quale mezzo di scoperta del "genius loci". Nella poetica di Kleihues, il rivestimento lapideo in travertino si eleva nella riappropriazione dei valori artistici, in antitesi all'esercitazione gratuita sulle superfici (orientata alla prosecuzione formalistica o all'ossequio tecnologico), e nel contributo diretto alla riconoscibilità della prassi autentica.
2007
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