I Gardella, originari della Liguria, costituiscono una dinastia di architetti formata da Ignazio senior (1803-1867), Jacopo senior (1845-1923), quindi Arnaldo e Ignazio, infine Jacopo (1935). I legami dei Gardella con il basso Piemonte risalgono al Settecento con Ignazio, nonno di Ignazio senior, sindaco di Arquata. Nel 1879-89 Jacopo senior costruì un ponte in legno sul torrente Scrivia, poi sostituito dal figlio Arnaldo con un ponte in muratura (1912-14). Il rapporto tra i Gardella e Alessandria si fa veramente stretto a partire dal 1900, quando Arnaldo vince il concorso per l’ampliamento del manicomio, e arriva fino al 1996 con il restauro del Dispensario antitubercolare, curato dallo stesso Ignazio che lo aveva costruito sessant’anni prima. Nell’arco di un secolo, padre e figlio hanno realizzato in quella “orizzontale e stupendamente monotona città padana” (Giuseppe Mazzariol) un lascito di opere di qualità nelle quali è possibile leggere i mutamenti dell’architettura italiana nel Novecento. I maggiori incarichi dei Gardella Dal verranno dal rapporto con la famiglia Borsalino, che costituì per Alessandria una sorta di saga urbana paragonabile tra le città di provincia solo al rapporto di Olivetti con Ivrea. Fortemente presenti in ambito industriale e sociale, i Borsalino estesero la loro azione al settore assistenziale, costruendo tra il 1923 e il 1925 l’ospizio della Divina Provvidenza, disegnato da Arnaldo in stile neoromanico novecentista. Arnaldo muore improvvisamente nel 1928. Gli subentra il figlio Ignazio, prossimo a laurearsi in ingegneria a Milano (nel 1949 si laureerà anche in architettura allo Iuav di Venezia). Soprattutto il Sanatorio, finanziato da Teresio Borsalino e inaugurato nel 1936, è emblematico della svolta stilistica impressa da Ignazio. Abbracciando la concezione della “macchina per guarire”, Ignazio adotta per il complesso le forme del nascente razionalismo per l’assoluta mancanza di decorazione, i tetti piani, le forme scatolari e cilindriche, le ampie finestrature e le finestre d’angolo. Un nuovo paesaggio stilistico viene a caratterizzare la cittadella sanitaria, facendo di Alessandria una delle culle del razionalismo architettonico in Italia. A fianco del Sanatorio Ignazio realizza una chiesetta, operando una scelta stilistica chiaramente indirizzata al moderno. Opera giovanile ma non immatura, la chiesetta è rivoluzionaria fin dalla pianta basata sulla forma a parabola. Nel campanile vdiamo una stretta analogia con il progetto della Torre in piazza del Duomo a Milano (1934): in entrambi i casi il reticolo strutturale sviluppa i temi della trasparenza, dello spazio aereo, della permeabilità tra interno ed esterno. Una versione più elaborata del valore attribuito al reticolo strutturale è presente nella Casa al Parco di Milano (1947). E nei primi anni Cinquanta, un’eco del medesimo principio si ritrova nel pilastro angolare della Casa per impiegati della Borsalino, la cui facciata dall’andamento flesso esprime un desiderio di rottura della stereometria razionalista già preannunciato dalla leggera convessità del fronte della chiesetta del Sanatorio. Negli anni Trenta prende corpo il “disegno lirico” di cui parla Raffaello Giolli riferendosi al Dispensario antitubercolare e anche la riflessione sulla tradizione rurale, che si afferma attraverso la singolare capacità di sintesi formale della cappella di Varinella, nella quale Pagano riconosceva un valore morale “di fronte al palese pericolo della dilagante retorica”. Nel Laboratorio di Igiene e Profilassi (1938) viene affrontato il problema della prefabbricazione, risolto adottando il modulo standard di un metro. Eretto di fronte al Dispensario (1936-38), il Laboratorio forma con questo un distico architettonico che rimanda a modi espressivi ambivalenti dell’architettura moderna: episodico in senso quasi pittorico il Dispensario, più rigoroso e stereometrico il Laboratorio. Il dopoguerra alessandrino vede Gardella realizzare un gruppo di edifici di qualità, che formano nel complesso un raro esempio di unità linguistica. È la fase del “realismo”, interpretato riallacciando i legami con il passato senza dimenticare la lezione razionalista. Un esempio è la casa d’abitazione di via Trotti (1953), dove Gardella si misura con il contesto urbano del centro storico di Alessandria. Qualche tempo prima aveva realizzato la Casa per gli impiegati della Borsalino (1948-52), eretta al confine della città. Il modo raffinato di Gardella nel disegnare il volume della Casa denuncia la necessità di andare oltre le restrizioni ideologiche del razionalismo e aprirsi a una maggiore libertà espressiva. Cosa che gli esegeti del Postmodern non hanno mancato di rilevare, collocando Gardella tra i precursori della critica al Movimento Moderno. Tra il 1949 e il 1956 Gardella costruisce all’interno della fabbrica Borsalino la Taglieria del pelo, caratterizzata da una mescolanza di elementi tipici dei fabbricati industriali e di elementi tipici dei fabbricati rurali, che rimandano ai tratti domestici dell’edilizia contadina, di cui Gardella aveva fatto esperienza nel quartiere Ina-Casa di Cesate. Tra il 1954 e il 1957 Gardella costruisce il Padiglione pediatrico dell’Ospedale Infantile, rinunciando a ogni gerarchia tra le fronti. Con questo intervento terminano gli esperimenti sul linguaggio. Negli anni Sessanta i risultati ottenuti sono riproposti con grande professionalità nell’Istituto Tecnico Industriale, nel Nuovo Istituto Provinciale per l’Infanzia, nella sede della ditta Ama a Solero. Vent’anni dopo Gardella torna ad Alessandria con un ultimo grande intervento, il Complesso residenziale e commerciale “Agorà”, costruito sull’area della dismessa Fabbrica Borsalino. La parabola di Ignazio Gardella ad Alessandria si conclude nel 1996 con il restauro del Dispensario, che consente all’ormai anziano architetto di rimediare alle deturpazioni subite prima dal regime fascista, poi dall’abbandono che ne aveva messo a rischio la conservazione.

Tre generazioni di architetti per una città: i Gardella ad Alessandria

BOIDI, SERGIO
2009-01-01

Abstract

I Gardella, originari della Liguria, costituiscono una dinastia di architetti formata da Ignazio senior (1803-1867), Jacopo senior (1845-1923), quindi Arnaldo e Ignazio, infine Jacopo (1935). I legami dei Gardella con il basso Piemonte risalgono al Settecento con Ignazio, nonno di Ignazio senior, sindaco di Arquata. Nel 1879-89 Jacopo senior costruì un ponte in legno sul torrente Scrivia, poi sostituito dal figlio Arnaldo con un ponte in muratura (1912-14). Il rapporto tra i Gardella e Alessandria si fa veramente stretto a partire dal 1900, quando Arnaldo vince il concorso per l’ampliamento del manicomio, e arriva fino al 1996 con il restauro del Dispensario antitubercolare, curato dallo stesso Ignazio che lo aveva costruito sessant’anni prima. Nell’arco di un secolo, padre e figlio hanno realizzato in quella “orizzontale e stupendamente monotona città padana” (Giuseppe Mazzariol) un lascito di opere di qualità nelle quali è possibile leggere i mutamenti dell’architettura italiana nel Novecento. I maggiori incarichi dei Gardella Dal verranno dal rapporto con la famiglia Borsalino, che costituì per Alessandria una sorta di saga urbana paragonabile tra le città di provincia solo al rapporto di Olivetti con Ivrea. Fortemente presenti in ambito industriale e sociale, i Borsalino estesero la loro azione al settore assistenziale, costruendo tra il 1923 e il 1925 l’ospizio della Divina Provvidenza, disegnato da Arnaldo in stile neoromanico novecentista. Arnaldo muore improvvisamente nel 1928. Gli subentra il figlio Ignazio, prossimo a laurearsi in ingegneria a Milano (nel 1949 si laureerà anche in architettura allo Iuav di Venezia). Soprattutto il Sanatorio, finanziato da Teresio Borsalino e inaugurato nel 1936, è emblematico della svolta stilistica impressa da Ignazio. Abbracciando la concezione della “macchina per guarire”, Ignazio adotta per il complesso le forme del nascente razionalismo per l’assoluta mancanza di decorazione, i tetti piani, le forme scatolari e cilindriche, le ampie finestrature e le finestre d’angolo. Un nuovo paesaggio stilistico viene a caratterizzare la cittadella sanitaria, facendo di Alessandria una delle culle del razionalismo architettonico in Italia. A fianco del Sanatorio Ignazio realizza una chiesetta, operando una scelta stilistica chiaramente indirizzata al moderno. Opera giovanile ma non immatura, la chiesetta è rivoluzionaria fin dalla pianta basata sulla forma a parabola. Nel campanile vdiamo una stretta analogia con il progetto della Torre in piazza del Duomo a Milano (1934): in entrambi i casi il reticolo strutturale sviluppa i temi della trasparenza, dello spazio aereo, della permeabilità tra interno ed esterno. Una versione più elaborata del valore attribuito al reticolo strutturale è presente nella Casa al Parco di Milano (1947). E nei primi anni Cinquanta, un’eco del medesimo principio si ritrova nel pilastro angolare della Casa per impiegati della Borsalino, la cui facciata dall’andamento flesso esprime un desiderio di rottura della stereometria razionalista già preannunciato dalla leggera convessità del fronte della chiesetta del Sanatorio. Negli anni Trenta prende corpo il “disegno lirico” di cui parla Raffaello Giolli riferendosi al Dispensario antitubercolare e anche la riflessione sulla tradizione rurale, che si afferma attraverso la singolare capacità di sintesi formale della cappella di Varinella, nella quale Pagano riconosceva un valore morale “di fronte al palese pericolo della dilagante retorica”. Nel Laboratorio di Igiene e Profilassi (1938) viene affrontato il problema della prefabbricazione, risolto adottando il modulo standard di un metro. Eretto di fronte al Dispensario (1936-38), il Laboratorio forma con questo un distico architettonico che rimanda a modi espressivi ambivalenti dell’architettura moderna: episodico in senso quasi pittorico il Dispensario, più rigoroso e stereometrico il Laboratorio. Il dopoguerra alessandrino vede Gardella realizzare un gruppo di edifici di qualità, che formano nel complesso un raro esempio di unità linguistica. È la fase del “realismo”, interpretato riallacciando i legami con il passato senza dimenticare la lezione razionalista. Un esempio è la casa d’abitazione di via Trotti (1953), dove Gardella si misura con il contesto urbano del centro storico di Alessandria. Qualche tempo prima aveva realizzato la Casa per gli impiegati della Borsalino (1948-52), eretta al confine della città. Il modo raffinato di Gardella nel disegnare il volume della Casa denuncia la necessità di andare oltre le restrizioni ideologiche del razionalismo e aprirsi a una maggiore libertà espressiva. Cosa che gli esegeti del Postmodern non hanno mancato di rilevare, collocando Gardella tra i precursori della critica al Movimento Moderno. Tra il 1949 e il 1956 Gardella costruisce all’interno della fabbrica Borsalino la Taglieria del pelo, caratterizzata da una mescolanza di elementi tipici dei fabbricati industriali e di elementi tipici dei fabbricati rurali, che rimandano ai tratti domestici dell’edilizia contadina, di cui Gardella aveva fatto esperienza nel quartiere Ina-Casa di Cesate. Tra il 1954 e il 1957 Gardella costruisce il Padiglione pediatrico dell’Ospedale Infantile, rinunciando a ogni gerarchia tra le fronti. Con questo intervento terminano gli esperimenti sul linguaggio. Negli anni Sessanta i risultati ottenuti sono riproposti con grande professionalità nell’Istituto Tecnico Industriale, nel Nuovo Istituto Provinciale per l’Infanzia, nella sede della ditta Ama a Solero. Vent’anni dopo Gardella torna ad Alessandria con un ultimo grande intervento, il Complesso residenziale e commerciale “Agorà”, costruito sull’area della dismessa Fabbrica Borsalino. La parabola di Ignazio Gardella ad Alessandria si conclude nel 1996 con il restauro del Dispensario, che consente all’ormai anziano architetto di rimediare alle deturpazioni subite prima dal regime fascista, poi dall’abbandono che ne aveva messo a rischio la conservazione.
2009
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