L’opera di Ignazio Gardella non si è svolta nel tempo con continuità. Ha spesso proceduto per salti e svolte e con un certo carattere sperimentale. Appartiene a pieno titolo a quella «eterodossia» e anomalia che caratterizza l’architettura italiana del periodo anteriore e posteriore la guerra, e che da taluni è stata letta come tradimento degli ideali della modernità. È una ricerca «inquieta», la sua, che ha ammesso direzioni plurime e registri diversi e non ha escluso ripensamenti e ritorni. Anche il teatro di Vicenza, che appartiene alla sua piena maturità, può esser letto come ideale «ritorno». Il saggio nasce anche da una lunga consuetudine dell’autore con Ignazio Gardella, nel cui studio ha per molti anni lavorato: incluso il periodo in cui è stato elaborato il progetto di Vicenza. Viene ricostruita la vicenda generale e di formazione di Gardella e considerati alcuni suoi progetti giovanili. Viene analizzato il rapporto con Edoardo Persico e Franco Albini. Ciò come premessa alla considerazione della vicenda del concorso a inviti, cui avevano partecipato anche Albini e Carlo Scarpa. Il progetto è considerato e studiato analiticamente e letto come uno dei più densi e belli della storia di Gardella. In realtà il progetto di Gardella è abbastanza tradizionale sul piano delle logiche teatrali, analogo in questo alle proposte di Albini e Scarpa. Si basa cioè su una scelta preminente, che è quella dell’opposizione frontale tra lo spazio del pubblico e la «scatola delle meraviglie» nella quale avviene la recitazione. L’uno e l’altra sono separati dalla parete del boccascena, che rimane come vincolo forte, anche se è immaginata «smontabile». La verità è che possiamo leggere il teatro di Gardella in opposizione alla tendenza a tradurre linearmente la sperimentazione teatrale in sperimentazione architettonica e ad attuarla attraverso una indefinita mobilità degli spazi. Il teatro di Gardella è per tanti versi l’antitesi delle soluzioni immaginate da Maurizio Sacripanti: ed è tale perché immagina l’architettura come quadro stabile e fermo e ne esalta le figure. Proprio la stabilità permette il dispiegarsi di un certo arco di possibilità. Ciò che segna la proposta di Gardella è proprio il ruolo pregnante e icastico che la figura assume. Ma la purezza del progetto si accompagna a una ricerca inedita sul trattamento delle superfici e a un’idea nuova di rapporto con la dimensione dell’arte.

Ignazio Gardella. Il Teatro Civico di Vicenza. Forma e idea

VITALE, DANIELE
2006-01-01

Abstract

L’opera di Ignazio Gardella non si è svolta nel tempo con continuità. Ha spesso proceduto per salti e svolte e con un certo carattere sperimentale. Appartiene a pieno titolo a quella «eterodossia» e anomalia che caratterizza l’architettura italiana del periodo anteriore e posteriore la guerra, e che da taluni è stata letta come tradimento degli ideali della modernità. È una ricerca «inquieta», la sua, che ha ammesso direzioni plurime e registri diversi e non ha escluso ripensamenti e ritorni. Anche il teatro di Vicenza, che appartiene alla sua piena maturità, può esser letto come ideale «ritorno». Il saggio nasce anche da una lunga consuetudine dell’autore con Ignazio Gardella, nel cui studio ha per molti anni lavorato: incluso il periodo in cui è stato elaborato il progetto di Vicenza. Viene ricostruita la vicenda generale e di formazione di Gardella e considerati alcuni suoi progetti giovanili. Viene analizzato il rapporto con Edoardo Persico e Franco Albini. Ciò come premessa alla considerazione della vicenda del concorso a inviti, cui avevano partecipato anche Albini e Carlo Scarpa. Il progetto è considerato e studiato analiticamente e letto come uno dei più densi e belli della storia di Gardella. In realtà il progetto di Gardella è abbastanza tradizionale sul piano delle logiche teatrali, analogo in questo alle proposte di Albini e Scarpa. Si basa cioè su una scelta preminente, che è quella dell’opposizione frontale tra lo spazio del pubblico e la «scatola delle meraviglie» nella quale avviene la recitazione. L’uno e l’altra sono separati dalla parete del boccascena, che rimane come vincolo forte, anche se è immaginata «smontabile». La verità è che possiamo leggere il teatro di Gardella in opposizione alla tendenza a tradurre linearmente la sperimentazione teatrale in sperimentazione architettonica e ad attuarla attraverso una indefinita mobilità degli spazi. Il teatro di Gardella è per tanti versi l’antitesi delle soluzioni immaginate da Maurizio Sacripanti: ed è tale perché immagina l’architettura come quadro stabile e fermo e ne esalta le figure. Proprio la stabilità permette il dispiegarsi di un certo arco di possibilità. Ciò che segna la proposta di Gardella è proprio il ruolo pregnante e icastico che la figura assume. Ma la purezza del progetto si accompagna a una ricerca inedita sul trattamento delle superfici e a un’idea nuova di rapporto con la dimensione dell’arte.
2006
Ignazio Gardella architetto 1905-1999. Costruire le modernità
883704609X
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