Il paesaggio oltre che concetto, modo di “sentire” e di “fruire” della natura, si fa in epoca moderna immagine visiva e costruzione di spazio. Come avviene questo passaggio? Lo strumento necessario alla “spazializzazione” dell’idea, utile per veicolarne i contenuti in maniera visibile si rivela essere l’invenzione del dispositivo prospettico: l’occhio da “contemplante” diventa “agente” (se non addirittura “egemone”), cioè riconduce a sé il ruolo di organizzare il mondo, di dargli forma, e in ultima istanza, di dominarlo. È questa l’ipotesi che il saggio intende affrontare, tra riflessione epistemologica sui fondamenti scientifici della prospettiva rinascimentale e ricognizione iconografica di alcuni nodi significativi della pittura di paesaggio, agli esordi dell’età moderna. Il ruolo della prospettiva viene affrontato in una duplice chiave interpretativa: da una parte quale forma di rappresentazione del reale analoga alla percezione umana, dall’altra quale parametro in grado di conferire un ordine misurato alle cose, quindi anche al paesaggio, nella sua estensione di edifici e campagne, di città e campi coltivati, di ambiente naturale profondamente trasformato dall’uomo. Nei secoli centrali dell’età moderna infatti molteplici strumenti di misurazione dello spazio sono ancorati al modello prospettico e è proprio in questo periodo che il paesaggio viene misurato, rappresentato, ma in primo luogo costruito nei suoi quadri paesistici fondamentali. La pittura di paesaggio documenta così un lungo processo di costruzione in cui la prospettiva assume un duplice senso: è un dispositivo che “mette in ordine” e allo stesso tempo “in valore” la natura trasformata dall’uomo. La pittura italiana registra in tal modo l’edificazione non tanto di un paesaggio ideale quanto invece di un “bel paesaggio” che va modellandosi sotto la spinta del lavoro umano e delle macchine impiegate. Con la consapevolezza che c’è ancora molto da indagare e da dire sul rapporto tra prospettiva e paesaggio – tanto per cominciare sarebbe interessante un esame “comparativo” delle diverse realtà europee – il saggio intende sottolineare la straordinaria portata progettuale esplicitata dal dispositivo prospettico, quale strumento in grado di conferire e rilevare con continuità le forme degli edifici, dei campi e della terra, e al contempo quale parametro estetico e tecnico dell’ordine imposto dalle classi borghesi e signorili sul paesaggio e sull’ambiente intero, nei secoli centrali dell’età moderna.

La perspective: un dispositif pour mettre de l’ordre dans la nature

SALERNO, ROSSELLA
2006-01-01

Abstract

Il paesaggio oltre che concetto, modo di “sentire” e di “fruire” della natura, si fa in epoca moderna immagine visiva e costruzione di spazio. Come avviene questo passaggio? Lo strumento necessario alla “spazializzazione” dell’idea, utile per veicolarne i contenuti in maniera visibile si rivela essere l’invenzione del dispositivo prospettico: l’occhio da “contemplante” diventa “agente” (se non addirittura “egemone”), cioè riconduce a sé il ruolo di organizzare il mondo, di dargli forma, e in ultima istanza, di dominarlo. È questa l’ipotesi che il saggio intende affrontare, tra riflessione epistemologica sui fondamenti scientifici della prospettiva rinascimentale e ricognizione iconografica di alcuni nodi significativi della pittura di paesaggio, agli esordi dell’età moderna. Il ruolo della prospettiva viene affrontato in una duplice chiave interpretativa: da una parte quale forma di rappresentazione del reale analoga alla percezione umana, dall’altra quale parametro in grado di conferire un ordine misurato alle cose, quindi anche al paesaggio, nella sua estensione di edifici e campagne, di città e campi coltivati, di ambiente naturale profondamente trasformato dall’uomo. Nei secoli centrali dell’età moderna infatti molteplici strumenti di misurazione dello spazio sono ancorati al modello prospettico e è proprio in questo periodo che il paesaggio viene misurato, rappresentato, ma in primo luogo costruito nei suoi quadri paesistici fondamentali. La pittura di paesaggio documenta così un lungo processo di costruzione in cui la prospettiva assume un duplice senso: è un dispositivo che “mette in ordine” e allo stesso tempo “in valore” la natura trasformata dall’uomo. La pittura italiana registra in tal modo l’edificazione non tanto di un paesaggio ideale quanto invece di un “bel paesaggio” che va modellandosi sotto la spinta del lavoro umano e delle macchine impiegate. Con la consapevolezza che c’è ancora molto da indagare e da dire sul rapporto tra prospettiva e paesaggio – tanto per cominciare sarebbe interessante un esame “comparativo” delle diverse realtà europee – il saggio intende sottolineare la straordinaria portata progettuale esplicitata dal dispositivo prospettico, quale strumento in grado di conferire e rilevare con continuità le forme degli edifici, dei campi e della terra, e al contempo quale parametro estetico e tecnico dell’ordine imposto dalle classi borghesi e signorili sul paesaggio e sull’ambiente intero, nei secoli centrali dell’età moderna.
2006
Paysage modes d’emploi
9782806734419
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