Biblioteche ovunque, come le facce di Fidel e del Che. La medicina? Superlativa. Eppoi? Le idee, le idee e ancora le idee. Ovunque, sono sbattute ovunque scritte sulle idee: sui muri delle case, nei cartelloni pubblicitari (ops!,“comunicazione sociale”, la pubblicità commerciale è proibita), sulle magliette, nelle cartoline, agli ingressi dei negozi… ovunque, tranne che sulla faccia della gente, del pueblo de Cuba. Quelle facce sono esauste delle idee, non ne parlano, gli viene il vomito: vogliono altro, avere una vita normale. Ora hanno scoperto che è possibile – una vita normale – da quando Fidel Castro ha aperto le frontiere ai viaggiatori di tutto il mondo per compensare economicamente la caduta dei rapporti commerciali con l’Unione Sovietica, nel 1991. Hanno parlato con i “turisti” di tutto il mondo e hanno capito che la loro non era una vita normale, ma una sorta di materializzazione terrestre di un mondo delle idee di matrice platoniana. Ma come – si saranno chiesti i più giovani, coloro che sono nati dopo il 1959, anno della vittoria della Revolution socialista – non ci avevano detto che questo è il paradiso, che solo qui conta l’uomo, che l’Impero americano è corrotto e degradato e che la vita è vita solo qui? Non ci avevano detto socialismo o muerte, hasta la vittoria siempre, unità e solidarietà nel lavoro? Perché allora permettono all’Occidente di entrarci nel ventre seminando germi di morte e di corruzione morale? Perché il turista ci racconta di non stare così male a casa sua, che la povertà nel suo Paese non raggiunge soglie superiori al 10% della popolazione, che lo stato è stato sociale anche da loro? Allora Fidel, che succede alla Rivoluzione?
Cuba, le idee muoiono di inedia
BIANCHI, ALESSANDRO
2009-01-01
Abstract
Biblioteche ovunque, come le facce di Fidel e del Che. La medicina? Superlativa. Eppoi? Le idee, le idee e ancora le idee. Ovunque, sono sbattute ovunque scritte sulle idee: sui muri delle case, nei cartelloni pubblicitari (ops!,“comunicazione sociale”, la pubblicità commerciale è proibita), sulle magliette, nelle cartoline, agli ingressi dei negozi… ovunque, tranne che sulla faccia della gente, del pueblo de Cuba. Quelle facce sono esauste delle idee, non ne parlano, gli viene il vomito: vogliono altro, avere una vita normale. Ora hanno scoperto che è possibile – una vita normale – da quando Fidel Castro ha aperto le frontiere ai viaggiatori di tutto il mondo per compensare economicamente la caduta dei rapporti commerciali con l’Unione Sovietica, nel 1991. Hanno parlato con i “turisti” di tutto il mondo e hanno capito che la loro non era una vita normale, ma una sorta di materializzazione terrestre di un mondo delle idee di matrice platoniana. Ma come – si saranno chiesti i più giovani, coloro che sono nati dopo il 1959, anno della vittoria della Revolution socialista – non ci avevano detto che questo è il paradiso, che solo qui conta l’uomo, che l’Impero americano è corrotto e degradato e che la vita è vita solo qui? Non ci avevano detto socialismo o muerte, hasta la vittoria siempre, unità e solidarietà nel lavoro? Perché allora permettono all’Occidente di entrarci nel ventre seminando germi di morte e di corruzione morale? Perché il turista ci racconta di non stare così male a casa sua, che la povertà nel suo Paese non raggiunge soglie superiori al 10% della popolazione, che lo stato è stato sociale anche da loro? Allora Fidel, che succede alla Rivoluzione?File | Dimensione | Formato | |
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