Un gruppo di squatter come consulenti del ministro per l’inclusione sociale? Una locanda gestita da un gruppo di pazienti psichiatrici?... competenze possibili. Nel linguaggio quotidiano siamo soliti riferirci alla competenza come a ciò che ci garantisce a priori rispetto alla possibilità di affrontare un problema noto in situazioni note: ad esempio, consideriamo competente in una data materia una certa istituzione quando ha la responsabilità pubblicamente riconosciuta e il patrimonio di conoscenze necessarie per occuparsene. Una tradizione di pensiero alternativa (che trae origine dalla psicologia ecologica e storico-culturale) spinge invece a guardare alla competenza come al possibile esito creativo della sperimentazione in condizioni di incertezza, a concepirla come il particolare legame che eventualmente si stabilisce tra le capacità di partenza di cui dispongono gli individui e le caratteristiche (fisiche e sociali) degli ambienti e delle situazioni problematiche in cui essi si trovano ad agire. Nel libro questa seconda prospettiva viene ripresa con riferimento alla crisi della sfera pubblica nel contesto della società contemporanea, che vede le competenze istituzionali spesso in difficoltà nella gestione di una domanda sociale sempre più variegata e plurale. Nel dibattito tra chi insiste a considerare l’azione pubblica una competenza esclusiva dello Stato e chi dubita che nelle società complesse possa ancora sussistere qualcosa che assomigli ad un ambito propriamente pubblico, si vuole sostenere che le politiche pubbliche andrebbero orientate ad occuparsi della creazione delle condizioni per la capacitazione dei potenziali sociali verso lo sviluppo di nuove competenze (o functionings come direbbe Sen). In particolare il testo orienta a considerare le possibilità offerte in questo senso dal contesto urbano, ambito ricco di attori, risorse e opportunità di varia natura che tuttavia spesso faticano a integrarsi reciprocamente: in alcuni casi forme anomale di uso dello spazio urbano, così come pratiche originali di intervento nella città, semplicemente alludono a possibilità che andrebbero esplorate e a competenze che richiederebbero di essere accompagnate nella loro attivazione. Il libro prova a proporre una logica progettuale attenta in particolare a due aspetti: da una parte al rapporto tra risorse materiali (spazi, strumenti, dotazioni economiche) e immateriali (capacità individuali, reti, relazioni) e dall’altra al ruolo che in questo genere di processi è utile che giochino i cosiddetti “esperti”.
Competenze possibili. Sfera pubblica e potenziali sociali nella città
COTTINO, PAOLO GIOVANNI
2009-01-01
Abstract
Un gruppo di squatter come consulenti del ministro per l’inclusione sociale? Una locanda gestita da un gruppo di pazienti psichiatrici?... competenze possibili. Nel linguaggio quotidiano siamo soliti riferirci alla competenza come a ciò che ci garantisce a priori rispetto alla possibilità di affrontare un problema noto in situazioni note: ad esempio, consideriamo competente in una data materia una certa istituzione quando ha la responsabilità pubblicamente riconosciuta e il patrimonio di conoscenze necessarie per occuparsene. Una tradizione di pensiero alternativa (che trae origine dalla psicologia ecologica e storico-culturale) spinge invece a guardare alla competenza come al possibile esito creativo della sperimentazione in condizioni di incertezza, a concepirla come il particolare legame che eventualmente si stabilisce tra le capacità di partenza di cui dispongono gli individui e le caratteristiche (fisiche e sociali) degli ambienti e delle situazioni problematiche in cui essi si trovano ad agire. Nel libro questa seconda prospettiva viene ripresa con riferimento alla crisi della sfera pubblica nel contesto della società contemporanea, che vede le competenze istituzionali spesso in difficoltà nella gestione di una domanda sociale sempre più variegata e plurale. Nel dibattito tra chi insiste a considerare l’azione pubblica una competenza esclusiva dello Stato e chi dubita che nelle società complesse possa ancora sussistere qualcosa che assomigli ad un ambito propriamente pubblico, si vuole sostenere che le politiche pubbliche andrebbero orientate ad occuparsi della creazione delle condizioni per la capacitazione dei potenziali sociali verso lo sviluppo di nuove competenze (o functionings come direbbe Sen). In particolare il testo orienta a considerare le possibilità offerte in questo senso dal contesto urbano, ambito ricco di attori, risorse e opportunità di varia natura che tuttavia spesso faticano a integrarsi reciprocamente: in alcuni casi forme anomale di uso dello spazio urbano, così come pratiche originali di intervento nella città, semplicemente alludono a possibilità che andrebbero esplorate e a competenze che richiederebbero di essere accompagnate nella loro attivazione. Il libro prova a proporre una logica progettuale attenta in particolare a due aspetti: da una parte al rapporto tra risorse materiali (spazi, strumenti, dotazioni economiche) e immateriali (capacità individuali, reti, relazioni) e dall’altra al ruolo che in questo genere di processi è utile che giochino i cosiddetti “esperti”.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.