Il saggio fa parte di un ampio servizio che restituisce i lavori per la redazione del PGT di San Donato Milanese e riflette sulla natura sull’attività di progettazione che si svolge durante un’esperienza di pianificazione urbana. Durante la predisposizione di uno strumento urbanistico si partecipa alla predisposizione di numerosi e differenti progetti. Il saggio tenta di illustrare le loro caratteristiche, adottando solo alcuni tra i punti di vista possibili. Si tratta di quelli che mi sembra consentano di dire qualche cosa di rilevante sull’attività di progettazione, forse, conseguentemente, anche sul ruolo del tecnico e, implicitamente, sull’efficacia dei progetti. Non sono sguardi fra loro ordinabili gerarchicamente, l’uno non esclude l’altro, anzi sono legati da implicazioni reciproche. Mi sembra che contribuiscano a descrivere il lavoro che abbiamo svolto, anche a costo di qualche semplificazione; si tratta delle “velocità” e degli “scopi” nell’attività di progettazione e delle “forme” del progetto. Velocità. Durante il processo di progettazione il tempo è eminentemente qualitativo, ogni periodo che lo costituisce possiede attitudini specifiche, a volte irripetibili nella medesima vicenda. Riconosciamo, inoltre, una pluralità di tempi, connessi agli attori, alla natura istituzionale di alcuni, a quella individuale o collettiva di altri. Sono tempi che (per dirla con Remo Bodei) possiedono una “diversa densità”, pur essendo inseriti nello stesso tempo cronologico, pertanto l’attività di progettazione si deve svolgere ricorrendo ad una pluralità di velocità differenti. Scopi. Le operazioni che si svolgono durante un processo di progettazione sono dirette al raggiungimento di scopi differenti. L’attività di progettazione non è sempre, o solo, finalizzata alla realizzazione di ciò che è stato “disegnato”. Molto di ciò che si produce è “buttato via” dopo essere stato messo a confronto con gli attori, molto altro è orientato a svolgere ruoli di vario genere all’interno dei processi di interazione (esemplificazioni, dimostrazioni, prove, ecc). Gli scopi “esplorativi” del progetto e i modi “tentativi” (G: De Carlo) con i quali esso è messo in gioco nel corso di un processo complesso di progettazione partecipata, ne fanno uno strumento ben più versatile di quello che ci ha tramandato la tradizione moderna. Forme. Le diverse combinazioni possibili tra la pluralità delle velocità e degli scopi, portano, durante il processo, a produrre specifici elaborati che, composti fra loro, costituiscono differenti forme del progetto. Il progetto può descrivere puntuali configurazioni dello spazio, oppure “limitarsi” ad un elenco di prestazioni irrinunciabili, estratte da alcune esplorazioni progettuali che non sono rese note. Può illustrare il percorso utile per realizzare uno stato di cose preferibile, oppure indicare una prestazione da raggiungere, lasciando aperto il percorso da seguire. A volte il progetto chiede di condividere un’immagine, a volte illustra in modo accurato la costruzione di un problema. Altre volte è un blue print da inviare in cantiere, altre ancora è un’esplorazione che mette “in tentazione” il contesto. La distanza che separa le forme fra loro non consiste nel livello di precisione e quest’ultima solo in pochi casi dipende dallo scopo prefissato. La differenza, invece, consiste nel tipo di comunicazione che il progetto vuole stabilire con altri momenti della progettazione, interni o esterni al processo di cui fa parte, quindi con altri attori, tempi, ritmi, processi ad esso contemporanei o successivi, a volte anche precedenti, quando aspira ad ottenere un effetto recursivo.

Progetti per decidere. Velocità scopi e forme

INFUSSI, FRANCESCO
2008-01-01

Abstract

Il saggio fa parte di un ampio servizio che restituisce i lavori per la redazione del PGT di San Donato Milanese e riflette sulla natura sull’attività di progettazione che si svolge durante un’esperienza di pianificazione urbana. Durante la predisposizione di uno strumento urbanistico si partecipa alla predisposizione di numerosi e differenti progetti. Il saggio tenta di illustrare le loro caratteristiche, adottando solo alcuni tra i punti di vista possibili. Si tratta di quelli che mi sembra consentano di dire qualche cosa di rilevante sull’attività di progettazione, forse, conseguentemente, anche sul ruolo del tecnico e, implicitamente, sull’efficacia dei progetti. Non sono sguardi fra loro ordinabili gerarchicamente, l’uno non esclude l’altro, anzi sono legati da implicazioni reciproche. Mi sembra che contribuiscano a descrivere il lavoro che abbiamo svolto, anche a costo di qualche semplificazione; si tratta delle “velocità” e degli “scopi” nell’attività di progettazione e delle “forme” del progetto. Velocità. Durante il processo di progettazione il tempo è eminentemente qualitativo, ogni periodo che lo costituisce possiede attitudini specifiche, a volte irripetibili nella medesima vicenda. Riconosciamo, inoltre, una pluralità di tempi, connessi agli attori, alla natura istituzionale di alcuni, a quella individuale o collettiva di altri. Sono tempi che (per dirla con Remo Bodei) possiedono una “diversa densità”, pur essendo inseriti nello stesso tempo cronologico, pertanto l’attività di progettazione si deve svolgere ricorrendo ad una pluralità di velocità differenti. Scopi. Le operazioni che si svolgono durante un processo di progettazione sono dirette al raggiungimento di scopi differenti. L’attività di progettazione non è sempre, o solo, finalizzata alla realizzazione di ciò che è stato “disegnato”. Molto di ciò che si produce è “buttato via” dopo essere stato messo a confronto con gli attori, molto altro è orientato a svolgere ruoli di vario genere all’interno dei processi di interazione (esemplificazioni, dimostrazioni, prove, ecc). Gli scopi “esplorativi” del progetto e i modi “tentativi” (G: De Carlo) con i quali esso è messo in gioco nel corso di un processo complesso di progettazione partecipata, ne fanno uno strumento ben più versatile di quello che ci ha tramandato la tradizione moderna. Forme. Le diverse combinazioni possibili tra la pluralità delle velocità e degli scopi, portano, durante il processo, a produrre specifici elaborati che, composti fra loro, costituiscono differenti forme del progetto. Il progetto può descrivere puntuali configurazioni dello spazio, oppure “limitarsi” ad un elenco di prestazioni irrinunciabili, estratte da alcune esplorazioni progettuali che non sono rese note. Può illustrare il percorso utile per realizzare uno stato di cose preferibile, oppure indicare una prestazione da raggiungere, lasciando aperto il percorso da seguire. A volte il progetto chiede di condividere un’immagine, a volte illustra in modo accurato la costruzione di un problema. Altre volte è un blue print da inviare in cantiere, altre ancora è un’esplorazione che mette “in tentazione” il contesto. La distanza che separa le forme fra loro non consiste nel livello di precisione e quest’ultima solo in pochi casi dipende dallo scopo prefissato. La differenza, invece, consiste nel tipo di comunicazione che il progetto vuole stabilire con altri momenti della progettazione, interni o esterni al processo di cui fa parte, quindi con altri attori, tempi, ritmi, processi ad esso contemporanei o successivi, a volte anche precedenti, quando aspira ad ottenere un effetto recursivo.
2008
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/520973
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