Il libro prende in esame un tema progettuale di grande rilevanza per la storia urbana di Milano nella prima metà dell'Ottocento: la ridefinizione, morfologica e funzionale, dell'antica corsia dei Servi – con il nuovo complesso di San Carlo dell'architetto Carlo Amati - e la sua stretta integrazione con il progetto di risistemazione di piazza del Duomo che, almeno in fase ideativa, coinvolge un ripensamento globale del centro cittadino. Nel suo lungo iter processuale, la vicenda costituisce un osservatorio significativo per mettere a fuoco la proposta culturale di un'élite intellettuale che si propone come depositaria privilegiata del linguaggio disciplinare, a fronte dei nuovi soggetti che in misura crescente gestiscono i processi di trasformazione della città. Ne risulta un panorama istituzionale complesso, che si caratterizza per una moltiplicazione dei luoghi decisionali e degli organi deputati ad esprimere un giudizio sulle questioni di natura edilizia. Mentre l'indagine sugli ambiti di produzione teorica dei progetti solleva alcuni nodi problematici legati alla stagione neoclassica (il ruolo dei modelli, dal Pantheon al Foro romano, ma anche l'affermarsi di nuove tipologie residenziali), lo scenario della loro "negoziazione" individua un conflitto tra due diverse anime dell'istituzione accademica, opponendo il professore di architettura (Carlo Amati) a quello di prospettiva (Francesco Durelli). A fronte della debolezza della riflessione sulla città nell'ambito della scuola di architettura – che sembra perdere il controllo del tema quando questo esula dalla scala dell'edificio –i pittori prospettici, cui è demandata la rappresentazione dello spazio urbano in ambito teatrale e festivo, rivendicano una specifica competenza professionale nel controllo della città come espressione visuale e si dimostrano più capaci di interagire con i nuovi sistemi di comunicazione (la stampa periodica e un panorama editoriale rinnovato), innescando inusitate alleanze. Attorno alla proposta di Giulio Beccaria si configura infatti un milieu culturale, legato a Carlo Cattaneo e alla rivista "Il Politecnico", sensibile ad accogliere le nuove tensioni romantiche, promuovendo esperienze linguistiche estranee al classicismo greco-romano (e tra queste lo stile "bramantesco"), ritenute più conformi alla retorica municipale e più adatte alle esigenze di flessibilità della città contemporanea.
Architettura e spazio urbano a Milano nell’età della Restaurazione. Dal tempio di San Carlo a piazza del Duomo
D'AMIA, GIOVANNA
2001-01-01
Abstract
Il libro prende in esame un tema progettuale di grande rilevanza per la storia urbana di Milano nella prima metà dell'Ottocento: la ridefinizione, morfologica e funzionale, dell'antica corsia dei Servi – con il nuovo complesso di San Carlo dell'architetto Carlo Amati - e la sua stretta integrazione con il progetto di risistemazione di piazza del Duomo che, almeno in fase ideativa, coinvolge un ripensamento globale del centro cittadino. Nel suo lungo iter processuale, la vicenda costituisce un osservatorio significativo per mettere a fuoco la proposta culturale di un'élite intellettuale che si propone come depositaria privilegiata del linguaggio disciplinare, a fronte dei nuovi soggetti che in misura crescente gestiscono i processi di trasformazione della città. Ne risulta un panorama istituzionale complesso, che si caratterizza per una moltiplicazione dei luoghi decisionali e degli organi deputati ad esprimere un giudizio sulle questioni di natura edilizia. Mentre l'indagine sugli ambiti di produzione teorica dei progetti solleva alcuni nodi problematici legati alla stagione neoclassica (il ruolo dei modelli, dal Pantheon al Foro romano, ma anche l'affermarsi di nuove tipologie residenziali), lo scenario della loro "negoziazione" individua un conflitto tra due diverse anime dell'istituzione accademica, opponendo il professore di architettura (Carlo Amati) a quello di prospettiva (Francesco Durelli). A fronte della debolezza della riflessione sulla città nell'ambito della scuola di architettura – che sembra perdere il controllo del tema quando questo esula dalla scala dell'edificio –i pittori prospettici, cui è demandata la rappresentazione dello spazio urbano in ambito teatrale e festivo, rivendicano una specifica competenza professionale nel controllo della città come espressione visuale e si dimostrano più capaci di interagire con i nuovi sistemi di comunicazione (la stampa periodica e un panorama editoriale rinnovato), innescando inusitate alleanze. Attorno alla proposta di Giulio Beccaria si configura infatti un milieu culturale, legato a Carlo Cattaneo e alla rivista "Il Politecnico", sensibile ad accogliere le nuove tensioni romantiche, promuovendo esperienze linguistiche estranee al classicismo greco-romano (e tra queste lo stile "bramantesco"), ritenute più conformi alla retorica municipale e più adatte alle esigenze di flessibilità della città contemporanea.I documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.