Molte tra le esperienze attuali di governo del territorio fanno appello alla necessità di praticare l’ascolto e di saper costruire consenso attorno alle decisioni. Piani strategici, progetti urbani, programmi di riqualificazione fisica e di rigenerazione sociale, piani regolatori, progetti infrastrutturali sono frequentemente accompagnati da riferimenti ai metodi della partecipazione. Nel linguaggio comune e spesso anche in quello disciplinare, la partecipazione è intesa come un valore positivo, tanto che alcune riflessioni ed esperienze lasciano intravedere un nesso tra partecipazione e sperimentazione di forme ideali di razionalità collettiva oppure generazione di senso condiviso. Come se, iterando e perfezionando esercizi partecipativi, fosse possibile raggiungere condizioni di democrazia davvero inclusiva oppure forme di condivisione capaci di rendere più coese le società locali. Ma esiste anche un discorso critico che rivela il carattere strumentale di queste pratiche, ne denuncia la funzione retorica, ne evidenzia l’artificialità. Ovviamente esiti e giudizi dipendono sempre dalle situazioni di contesto. La tesi di fondo di questa ricerca è che la sperimentazione di forme più avanzate di razionalità collettiva e l’esperienza della condivisione siano un esito tanto interessante quanto eventuale dei processi di partecipazione e che gli effetti di tali processi siano generalmente contraddittori e degni di osservazioni e valutazioni più accurate. Attese e giudizi non sono sempre fondate su verifiche e bilanci adeguati. Il libro cerca di rispondere a queste domande, esplorando esperienze passate e recenti alla ricerca sia dei caratteri più contingenti e strumentali, sia della potenziale generatività di questa vasta famiglia di pratiche. Entrambi (non solo gli elementi apparentemente più virtuosi) possono diventare utili fonti di riflessione e apprendimento.
Giochi di partecipazione. Forme territoriali di azione collettiva
SAVOLDI, PAOLA
2006-01-01
Abstract
Molte tra le esperienze attuali di governo del territorio fanno appello alla necessità di praticare l’ascolto e di saper costruire consenso attorno alle decisioni. Piani strategici, progetti urbani, programmi di riqualificazione fisica e di rigenerazione sociale, piani regolatori, progetti infrastrutturali sono frequentemente accompagnati da riferimenti ai metodi della partecipazione. Nel linguaggio comune e spesso anche in quello disciplinare, la partecipazione è intesa come un valore positivo, tanto che alcune riflessioni ed esperienze lasciano intravedere un nesso tra partecipazione e sperimentazione di forme ideali di razionalità collettiva oppure generazione di senso condiviso. Come se, iterando e perfezionando esercizi partecipativi, fosse possibile raggiungere condizioni di democrazia davvero inclusiva oppure forme di condivisione capaci di rendere più coese le società locali. Ma esiste anche un discorso critico che rivela il carattere strumentale di queste pratiche, ne denuncia la funzione retorica, ne evidenzia l’artificialità. Ovviamente esiti e giudizi dipendono sempre dalle situazioni di contesto. La tesi di fondo di questa ricerca è che la sperimentazione di forme più avanzate di razionalità collettiva e l’esperienza della condivisione siano un esito tanto interessante quanto eventuale dei processi di partecipazione e che gli effetti di tali processi siano generalmente contraddittori e degni di osservazioni e valutazioni più accurate. Attese e giudizi non sono sempre fondate su verifiche e bilanci adeguati. Il libro cerca di rispondere a queste domande, esplorando esperienze passate e recenti alla ricerca sia dei caratteri più contingenti e strumentali, sia della potenziale generatività di questa vasta famiglia di pratiche. Entrambi (non solo gli elementi apparentemente più virtuosi) possono diventare utili fonti di riflessione e apprendimento.File | Dimensione | Formato | |
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