Spesso e volentieri, oggi, non ci consideriamo parte di una società capace dire bellezza. Il modello del passato, cui spesso ci rivolgiamo, è costruito proprio su questo paradigma, la bellezza. Siccome non vogliamo più occuparcene - chi per ragioni pratiche, chi per ragioni ideologiche - l’abbiamo eliminata dai nostri interessi quotidiani. Già dopo queste prime righe, chi legge si chiederà come sia possibile affermare che la bellezza, oggi, non sia un fenomeno interessante. Tutto infatti sembra affermare il contrario: gli oggetti di cui ci circondiamo, per esempio, non adempiono al loro scopo attraverso la semplice funzionalità per cui sono stati prodotti, ma condizionano il loro utilizzo all’estetica del design. Eppure noi e gli oggetti ci inseriamo in una scena urbana non all’altezza dei nostri micro-mondi, quelli individuali, e la città contemporanea non rispecchia quei canoni di bellezza che riserviamo a noi stessi e agli oggetti che completano il nostro modo di essere. E’ come se non considerassimo importanti i segni inamovibili che lasciamo sparsi nella città, come se ci fossero indifferenti... o al più li percepiamo al pari degli oggetti meno belli di cui ci attorniamo. Piccoli oggetti, grandi oggetti: ecco una dicotomia che non consideriamo come tale, forse non capendo che “dal cucchiaio alla città” (secondo l’espressione di H. Muthesius) esiste una differenza di scala e, soprattutto, una differenza di fruizione. L’oggetto riguarda la nostra vita individuale, il nostro gusto personale, mentre l’architettura è la quinta teatrale di tuttà la comunità e non può essere trattata con gli stessi arnesi dell’oggetto.

Building by signs / Costruire per segni - Disegno memoria progetto

BIANCHI, ALESSANDRO
2003-01-01

Abstract

Spesso e volentieri, oggi, non ci consideriamo parte di una società capace dire bellezza. Il modello del passato, cui spesso ci rivolgiamo, è costruito proprio su questo paradigma, la bellezza. Siccome non vogliamo più occuparcene - chi per ragioni pratiche, chi per ragioni ideologiche - l’abbiamo eliminata dai nostri interessi quotidiani. Già dopo queste prime righe, chi legge si chiederà come sia possibile affermare che la bellezza, oggi, non sia un fenomeno interessante. Tutto infatti sembra affermare il contrario: gli oggetti di cui ci circondiamo, per esempio, non adempiono al loro scopo attraverso la semplice funzionalità per cui sono stati prodotti, ma condizionano il loro utilizzo all’estetica del design. Eppure noi e gli oggetti ci inseriamo in una scena urbana non all’altezza dei nostri micro-mondi, quelli individuali, e la città contemporanea non rispecchia quei canoni di bellezza che riserviamo a noi stessi e agli oggetti che completano il nostro modo di essere. E’ come se non considerassimo importanti i segni inamovibili che lasciamo sparsi nella città, come se ci fossero indifferenti... o al più li percepiamo al pari degli oggetti meno belli di cui ci attorniamo. Piccoli oggetti, grandi oggetti: ecco una dicotomia che non consideriamo come tale, forse non capendo che “dal cucchiaio alla città” (secondo l’espressione di H. Muthesius) esiste una differenza di scala e, soprattutto, una differenza di fruizione. L’oggetto riguarda la nostra vita individuale, il nostro gusto personale, mentre l’architettura è la quinta teatrale di tuttà la comunità e non può essere trattata con gli stessi arnesi dell’oggetto.
2003
Editrice Librerie Dedalo
9788886599801
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/504273
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