Quarant’anni fa il miracolo. Oggi il declino e la crisi di competitività della nostra industria. Perché? Questa la domanda da cui prende spunto l’analisi proposta che ripercorre le vicende che hanno segnato l’economia italiana dal dopoguerra a oggi. Il filo conduttore è costituito dalla concorrenza, la forza che spinge a sfruttare al meglio le risorse disponibili. L’Italia non ha risorse naturali a supporto della sua crescita economica. La sua ricchezza dipende particolarmente dalla capacità di fare, di “industriarsi” a produrre beni da vendere al mondo. Questa sua condizione ha aguzzato l’ingegno imprenditoriale, una risorsa decisiva per il progresso economico, abbondante nella nostra penisola. Ma la capacità di realizzare, di tradurre in vantaggio nazionale questo ingegno dipende dalla pressione che si esercita nel suo impiego, dalla dinamica della concorrenza che spinge l’intera economia a essere competitiva. L’analisi svolta individua negli anni Sessanta del secolo scorso il periodo decisivo del venir meno dello slancio competitivo del Paese e del riemergere di varie forme di protezionismi che indeboliscono la struttura produttiva caricando il capitalismo nascente delle piccole imprese e dei distretti del compito di ridare dinamismo all’economia. Si rilevano i limiti di queste forme d’impresa nel nuovo contesto della globalizzazione auspicando una “scossa” che inverta la tendenza all’arretramento del nostro benessere. Una “scossa” che non può venire solo dall’industria proiettata verso il mondo ma deve pervadere l’intero sistema e l’amministrazione pubblica.

Miracolo e declino, l’Italia tra concorrenza e protezione

NARDOZZI TONIELLI, GIANGIACOMO
2004-01-01

Abstract

Quarant’anni fa il miracolo. Oggi il declino e la crisi di competitività della nostra industria. Perché? Questa la domanda da cui prende spunto l’analisi proposta che ripercorre le vicende che hanno segnato l’economia italiana dal dopoguerra a oggi. Il filo conduttore è costituito dalla concorrenza, la forza che spinge a sfruttare al meglio le risorse disponibili. L’Italia non ha risorse naturali a supporto della sua crescita economica. La sua ricchezza dipende particolarmente dalla capacità di fare, di “industriarsi” a produrre beni da vendere al mondo. Questa sua condizione ha aguzzato l’ingegno imprenditoriale, una risorsa decisiva per il progresso economico, abbondante nella nostra penisola. Ma la capacità di realizzare, di tradurre in vantaggio nazionale questo ingegno dipende dalla pressione che si esercita nel suo impiego, dalla dinamica della concorrenza che spinge l’intera economia a essere competitiva. L’analisi svolta individua negli anni Sessanta del secolo scorso il periodo decisivo del venir meno dello slancio competitivo del Paese e del riemergere di varie forme di protezionismi che indeboliscono la struttura produttiva caricando il capitalismo nascente delle piccole imprese e dei distretti del compito di ridare dinamismo all’economia. Si rilevano i limiti di queste forme d’impresa nel nuovo contesto della globalizzazione auspicando una “scossa” che inverta la tendenza all’arretramento del nostro benessere. Una “scossa” che non può venire solo dall’industria proiettata verso il mondo ma deve pervadere l’intero sistema e l’amministrazione pubblica.
2004
Laterza
9788842072546
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