L’incertezza sociale e la complessità odierna nel campo delle scelte dell’assetto fisico-antropico del territorio, il declino del concetto di “coerenza-necessità” che ha caratterizzato l’architettura e la pianificazione del ’900, appaiono riferimenti intorno ai quali mettere in luce alcuni tracciati-guida per una nuova etica applicata ai grandi temi della città del futuro che non può più avvalersi del solo supporto di matrice razionalista. L’evidente sovrapposizione e frammistione fra oggettività e soggettività di giudizio, tra reale e virtuale dei fenomeni, che caratterizza l’esperienza quotidiana di questi anni, produce nuove “dimensioni” di progetto a cui dare attenzione ed equilibrio nelle decisioni da assumere, affinché la qualità possa diventare tema centrale della ricerca sulle forme dell’abitare e sulle pratiche del vivere associato. Parti sociali, abitanti, finalità contrassegnano un percorso che pone l’individuo al centro di un processo perennemente tentativo di coniugazione tra le possibilità di un luogo e le opzioni del vivere associato che intersecano variamente i concetti dell’abitare, come rapporto tra soggetto e spazio, e della città, come luogo eminente della rappresentazione tangibile di tale rapporto. Nella post-modernità le condizioni di benessere sono state trasferite dalla sfera della “politica sopraindividuale” al territorio della “politica dell’esistenza” nel quale si esercitano le risorse appartenenti all’autonomia individuale. Questo spostamento riflette i cambiamenti nelle condizioni di vita che risultano dai processi fluidi nel campo della liberalizzazione e della privatizzazione con la rinuncia alle funzioni esercitate dalle istituzioni sociali. Mentre il grande numero ha introdotto sistemi di conoscenza poco fondati e l’esaltazione del consumo, l’incremento demografico europeo si è accompagnato a un’inedita dissipazione del territorio che in molti casi ha trasformato la città in metropoli oppure in “località centrale” di immensi ambienti antropizzati a scala regionale. Una rinnovata visione di insieme per il futuro può riferirsi: all’economia, all’interno dello sviluppo globale; alla società, per far riemergere la centralità del legame tra coesione e sviluppo; al territorio, per prefigurare una serie di azioni che diano struttura alla città frammentata e diffusa; infine al progetto, da attuare a più livelli di approfondimento tra identità e differenze. Nelle loro pratiche ordinarie di vita, le popolazioni definiscono modi di costruzione e risignificazione degli spazi e dei luoghi della città, che appaiono caratterizzati dal movimento e dalla discontinuità temporale. La prospettiva del progetto deve dunque rivedere l’usualità di alcuni riferimenti tipologici funzionali e formali per ricercare percorsi alternativi che permettano una maggiore permeabilità degli interventi all’innovazione sociale nella costruzione di scenari a scala urbana e luoghi collettivi, nonché al rinnovamento culturale, tra passato e presente, nelle operazioni di recupero e trasformazione complessa. Occuparsi della città significa tentare di comprendere il ruolo delle architetture che ne formano l’assetto spaziale e percettivo con le loro articolazioni, ma significa anche rivedere la centralità dell’estetica dell’oggetto che negli ultimi anni ha occupato la cultura architettonica a dispetto della ricerca sul disegno urbano. La condizione di simbolicità e di miticità, su cui si basa l’idea della città nella storia, è oggi dimenticata. Per rendere la città di nuovo abitabile e creatrice di vita, occorre ripensarne lo spazio per adattarlo ai bisogni organici ma anche spirituali dei suoi abitanti. L’individuo contemporaneo deve ritornare alla ricerca di programmi e soluzioni per il proprio futuro, in cui costruire possa ancora essere intesa come arte, creatività di una saggezza frutto della propria esperienza.
Architettura e politica: percorsi tra storia e attualità di una relazione rivolta al futuro
GALLIANI, PIERFRANCO
2007-01-01
Abstract
L’incertezza sociale e la complessità odierna nel campo delle scelte dell’assetto fisico-antropico del territorio, il declino del concetto di “coerenza-necessità” che ha caratterizzato l’architettura e la pianificazione del ’900, appaiono riferimenti intorno ai quali mettere in luce alcuni tracciati-guida per una nuova etica applicata ai grandi temi della città del futuro che non può più avvalersi del solo supporto di matrice razionalista. L’evidente sovrapposizione e frammistione fra oggettività e soggettività di giudizio, tra reale e virtuale dei fenomeni, che caratterizza l’esperienza quotidiana di questi anni, produce nuove “dimensioni” di progetto a cui dare attenzione ed equilibrio nelle decisioni da assumere, affinché la qualità possa diventare tema centrale della ricerca sulle forme dell’abitare e sulle pratiche del vivere associato. Parti sociali, abitanti, finalità contrassegnano un percorso che pone l’individuo al centro di un processo perennemente tentativo di coniugazione tra le possibilità di un luogo e le opzioni del vivere associato che intersecano variamente i concetti dell’abitare, come rapporto tra soggetto e spazio, e della città, come luogo eminente della rappresentazione tangibile di tale rapporto. Nella post-modernità le condizioni di benessere sono state trasferite dalla sfera della “politica sopraindividuale” al territorio della “politica dell’esistenza” nel quale si esercitano le risorse appartenenti all’autonomia individuale. Questo spostamento riflette i cambiamenti nelle condizioni di vita che risultano dai processi fluidi nel campo della liberalizzazione e della privatizzazione con la rinuncia alle funzioni esercitate dalle istituzioni sociali. Mentre il grande numero ha introdotto sistemi di conoscenza poco fondati e l’esaltazione del consumo, l’incremento demografico europeo si è accompagnato a un’inedita dissipazione del territorio che in molti casi ha trasformato la città in metropoli oppure in “località centrale” di immensi ambienti antropizzati a scala regionale. Una rinnovata visione di insieme per il futuro può riferirsi: all’economia, all’interno dello sviluppo globale; alla società, per far riemergere la centralità del legame tra coesione e sviluppo; al territorio, per prefigurare una serie di azioni che diano struttura alla città frammentata e diffusa; infine al progetto, da attuare a più livelli di approfondimento tra identità e differenze. Nelle loro pratiche ordinarie di vita, le popolazioni definiscono modi di costruzione e risignificazione degli spazi e dei luoghi della città, che appaiono caratterizzati dal movimento e dalla discontinuità temporale. La prospettiva del progetto deve dunque rivedere l’usualità di alcuni riferimenti tipologici funzionali e formali per ricercare percorsi alternativi che permettano una maggiore permeabilità degli interventi all’innovazione sociale nella costruzione di scenari a scala urbana e luoghi collettivi, nonché al rinnovamento culturale, tra passato e presente, nelle operazioni di recupero e trasformazione complessa. Occuparsi della città significa tentare di comprendere il ruolo delle architetture che ne formano l’assetto spaziale e percettivo con le loro articolazioni, ma significa anche rivedere la centralità dell’estetica dell’oggetto che negli ultimi anni ha occupato la cultura architettonica a dispetto della ricerca sul disegno urbano. La condizione di simbolicità e di miticità, su cui si basa l’idea della città nella storia, è oggi dimenticata. Per rendere la città di nuovo abitabile e creatrice di vita, occorre ripensarne lo spazio per adattarlo ai bisogni organici ma anche spirituali dei suoi abitanti. L’individuo contemporaneo deve ritornare alla ricerca di programmi e soluzioni per il proprio futuro, in cui costruire possa ancora essere intesa come arte, creatività di una saggezza frutto della propria esperienza.File | Dimensione | Formato | |
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