L’articolo parte dalla considerazione che la crisi dell’urbanistica non significa necessariamente crisi del Piano così come il modello riformista l’ha sempre immaginato, ovvero l’unico strumento che, se adeguato nelle forme e nei contenuti rispetto a quello imposto dalla Legge urbanistica Nazionale del 1942, è ancora efficace per il governo il territorio. Ma il modello riformista, istituzionalizzato con la proposta della “Legge di principi” dell’INU nel 1995, non è mai stato realmente condiviso in maniera bipartisan al punto che ancora oggi molti sostengono il vecchio PRG – rigido e obsoleto, rivendicando la sua attuazione attraverso l’esproprio come l’unica alternativa credibile – e non è ancora stata elaborata alcuna nuova legge nazionale riformista - che istituisse un modello di piano flessibile ed efficace - capace di interpretare le nuove necessità della città, del territorio e della società. Vi è poi un’altra ragione che ha giocato contro l’approvazione della riforma, ovvero l’incapacità della disciplina urbanistica di essere capita da Amministratori e cittadini – coloro che “subiscono” le scelte del Piano. Così, i due nodi fondamentali a cui la riforma del Piano comunale era volta - ovvero la questione dei vincoli e dei diritti edificatori da correggere attraverso lo sdoppiamento del livello strutturale da quello operativo del Piano e il meccanismo attuativo attraverso la perequazione urbanistica – sono stati tratti in modo confuso e insoddisfacente sebbene alcune Leggi regionali, cosiddette appunto riformiste, abbiano adempiuto a tale riforma senza avere un quadro normativo che le coordinasse.

Il cammino solitario dell’urbanistica riformista

OLIVA, FEDERICO GIOVANNI BATTISTA
2004-01-01

Abstract

L’articolo parte dalla considerazione che la crisi dell’urbanistica non significa necessariamente crisi del Piano così come il modello riformista l’ha sempre immaginato, ovvero l’unico strumento che, se adeguato nelle forme e nei contenuti rispetto a quello imposto dalla Legge urbanistica Nazionale del 1942, è ancora efficace per il governo il territorio. Ma il modello riformista, istituzionalizzato con la proposta della “Legge di principi” dell’INU nel 1995, non è mai stato realmente condiviso in maniera bipartisan al punto che ancora oggi molti sostengono il vecchio PRG – rigido e obsoleto, rivendicando la sua attuazione attraverso l’esproprio come l’unica alternativa credibile – e non è ancora stata elaborata alcuna nuova legge nazionale riformista - che istituisse un modello di piano flessibile ed efficace - capace di interpretare le nuove necessità della città, del territorio e della società. Vi è poi un’altra ragione che ha giocato contro l’approvazione della riforma, ovvero l’incapacità della disciplina urbanistica di essere capita da Amministratori e cittadini – coloro che “subiscono” le scelte del Piano. Così, i due nodi fondamentali a cui la riforma del Piano comunale era volta - ovvero la questione dei vincoli e dei diritti edificatori da correggere attraverso lo sdoppiamento del livello strutturale da quello operativo del Piano e il meccanismo attuativo attraverso la perequazione urbanistica – sono stati tratti in modo confuso e insoddisfacente sebbene alcune Leggi regionali, cosiddette appunto riformiste, abbiano adempiuto a tale riforma senza avere un quadro normativo che le coordinasse.
2004
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