Il metodo di lettura archeologica dell’elevato preso in prestito dalla scienza archeologica vera e propria fornisce, anche nel campo architettonico, buoni risultati conoscitivi. Tali metodi applicativi - visivi non distruttivi - privilegiano una lettura delle fonti dirette, cioè delle informazioni contenute sulle murature stesse; contributi metodologici che, di volta in volta approfondendo un particolare aspetto del problema, possono suggerire un percorso conoscitivo finalizzato ad evitare l'irreversibile perdita di autenticità della fabbrica e al rispetto della cultura materiale stratificata che è giunta fino a noi. Lo strumento è il rilievo stratigrafico cioè un tipo di rilievo grafico che registra le cronologie relative riconoscibili nelle parti costruite. I punti di contatto tra il processo di formazione degli strati “verticali” in elevato e quello degli strati “orizzontali” investigati dall'archeologo sono molti tanto da aver reso possibile una traduzione degli strumenti conoscitivi dal campo archeologico a quello architettonico. Tuttavia con la diagnosi archeologica ad una “storia verticale”, che significa rispetto ed evidenziazione di tutte le fasi all'interno del palinsesto architettonico, potrebbe contrapporsi pericolosamente una “storia orizzontale”, cioè il privilegiare una fase dell'opera che può essere quella più interessante per lo specialista archeologo. Appare evidente però che se alcune categorie concettuali e alcuni strumenti dell'archeologia appaiono ben adattabili allo studio e alla datazione dell'edilizia storica, la strategia di intervento deve necessariamente essere concepita in modo radicalmente diverso. Nel caso specifico la logica dello scavo, connaturata all'archeologia, non può essere trasferita completamente all'architettura, per la quota di distruttività che essa comporta. D'altro canto la rinnovata cultura della conservazione è volta sempre più alla tutela di una materia particolarmente fragile e di oggetti per definizione unici e irripetibili, quali sono, appunto, i beni culturali e, nella fattispecie, quelli architettonici. Secondo quest'ottica ogni monumento, in quanto documento, deve essere considerato nella sua totalità senza operare ambigue scelte di priorità di parti, ma assegnando ad ogni componente dell'organismo il valore di sedimentazione storica. Partendo da questi presupposti il contributo prende in esame il tema del trasferimento/traduzione/adattamento di strumenti propri dell'archeologia del costruito, rendendo necessario un dialogo chiarificatore tra le discipline interessate quali: l'archeologia, l'archeologa dell'architettura e il restauro architettonico.

IL RILIEVO STRATIGRAFICO

BORTOLOTTO, SUSANNA
2004-01-01

Abstract

Il metodo di lettura archeologica dell’elevato preso in prestito dalla scienza archeologica vera e propria fornisce, anche nel campo architettonico, buoni risultati conoscitivi. Tali metodi applicativi - visivi non distruttivi - privilegiano una lettura delle fonti dirette, cioè delle informazioni contenute sulle murature stesse; contributi metodologici che, di volta in volta approfondendo un particolare aspetto del problema, possono suggerire un percorso conoscitivo finalizzato ad evitare l'irreversibile perdita di autenticità della fabbrica e al rispetto della cultura materiale stratificata che è giunta fino a noi. Lo strumento è il rilievo stratigrafico cioè un tipo di rilievo grafico che registra le cronologie relative riconoscibili nelle parti costruite. I punti di contatto tra il processo di formazione degli strati “verticali” in elevato e quello degli strati “orizzontali” investigati dall'archeologo sono molti tanto da aver reso possibile una traduzione degli strumenti conoscitivi dal campo archeologico a quello architettonico. Tuttavia con la diagnosi archeologica ad una “storia verticale”, che significa rispetto ed evidenziazione di tutte le fasi all'interno del palinsesto architettonico, potrebbe contrapporsi pericolosamente una “storia orizzontale”, cioè il privilegiare una fase dell'opera che può essere quella più interessante per lo specialista archeologo. Appare evidente però che se alcune categorie concettuali e alcuni strumenti dell'archeologia appaiono ben adattabili allo studio e alla datazione dell'edilizia storica, la strategia di intervento deve necessariamente essere concepita in modo radicalmente diverso. Nel caso specifico la logica dello scavo, connaturata all'archeologia, non può essere trasferita completamente all'architettura, per la quota di distruttività che essa comporta. D'altro canto la rinnovata cultura della conservazione è volta sempre più alla tutela di una materia particolarmente fragile e di oggetti per definizione unici e irripetibili, quali sono, appunto, i beni culturali e, nella fattispecie, quelli architettonici. Secondo quest'ottica ogni monumento, in quanto documento, deve essere considerato nella sua totalità senza operare ambigue scelte di priorità di parti, ma assegnando ad ogni componente dell'organismo il valore di sedimentazione storica. Partendo da questi presupposti il contributo prende in esame il tema del trasferimento/traduzione/adattamento di strumenti propri dell'archeologia del costruito, rendendo necessario un dialogo chiarificatore tra le discipline interessate quali: l'archeologia, l'archeologa dell'architettura e il restauro architettonico.
2004
C. Campanella, Il rilievo degli edifici. Tecniche di restituzione grafica per il progetto di intervento
8832451751
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