Nel saggio viene ripercorsa la storia architettonica del Teatro Ducale di Sabbioneta voluto da Vespasiano Gonzaga ed affidato alla progettazione ex novo dell’architetto vicentino Vincenzo Scamozzi. L’edificio, fatto oggetto negli ultimi decenni di importanti studi specialistici finalizzati soprattutto alla comprensione dell’originario assetto interno (profondamente alterato dopo la perdita della scenografia prospettica), viene riletto alla luce delle conoscenze geometrico-prospettiche dello Scamozzi e di quanto realizzato in quegli anni dall’architetto nel palladiano Teatro Olimpico di Vicenza. Anche alla luce dei rilievi stratigrafici compiuti in occasione degli ultimi restauri interni, si comprende come Scamozzi, a Vicenza e a Sabbioneta, abbia volutamente abbandonato la semplificata costruzione scenica teorizzata da Sebastiano Serlio per intraprendere la via della corretta visione prospettica. Un abbandono polemico, non senza dirette conseguenze sull’organizzazione scenica, spaziale, e distributiva dei due teatri, tanto da restituire dell’opera sabbionetana un assetto differente da quanto solitamente ipotizzato dalla storiografia, concettualmente e dimensionalmente simile (per quel che riguarda la sola scena prospettica) a quello vicentino, ma nella realtà più compiuto, cioè in coerente dialogo con la cavea e in grado di definire un punto di vista privilegiato, riservato al duca per una corretta percezione scenica.
Il Teatro di Sabbioneta. Storia e controstoria
TOGLIANI, CARLO
2005-01-01
Abstract
Nel saggio viene ripercorsa la storia architettonica del Teatro Ducale di Sabbioneta voluto da Vespasiano Gonzaga ed affidato alla progettazione ex novo dell’architetto vicentino Vincenzo Scamozzi. L’edificio, fatto oggetto negli ultimi decenni di importanti studi specialistici finalizzati soprattutto alla comprensione dell’originario assetto interno (profondamente alterato dopo la perdita della scenografia prospettica), viene riletto alla luce delle conoscenze geometrico-prospettiche dello Scamozzi e di quanto realizzato in quegli anni dall’architetto nel palladiano Teatro Olimpico di Vicenza. Anche alla luce dei rilievi stratigrafici compiuti in occasione degli ultimi restauri interni, si comprende come Scamozzi, a Vicenza e a Sabbioneta, abbia volutamente abbandonato la semplificata costruzione scenica teorizzata da Sebastiano Serlio per intraprendere la via della corretta visione prospettica. Un abbandono polemico, non senza dirette conseguenze sull’organizzazione scenica, spaziale, e distributiva dei due teatri, tanto da restituire dell’opera sabbionetana un assetto differente da quanto solitamente ipotizzato dalla storiografia, concettualmente e dimensionalmente simile (per quel che riguarda la sola scena prospettica) a quello vicentino, ma nella realtà più compiuto, cioè in coerente dialogo con la cavea e in grado di definire un punto di vista privilegiato, riservato al duca per una corretta percezione scenica.File | Dimensione | Formato | |
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