Parlare di democrazia urbana oggi sembra quasi anacronistico. Un nostalgico retaggio di un passato riformista che non esiste più. Negli ultimi anni si è infatti diffusa la convinzione – tanto radicata quanto fuorviante – che regolazioni, valutazioni d’impatto ambientale e sociale, trasparenza dei processi siano ostacoli alla crescita urbana. Le grandi trasformazioni, richiedendo attori potenti e tempi rapidi, possono prescindere da processi condivisi e da possibili confl itti locali. Questa convinzione è entrata nel modo di parlare di città e di pensare l’azione sulla città. La retorica dello sviluppo, della crescita a ogni costo, è stata progressivamente ridotta a sinonimo di attrattività e competitività, trasformando la città in una piattaforma di investimento, e spesso di estrazione di valore per pochi, invece che in una comunità di vita, in un ecosistema da vitalizzare. Ma quando lo sviluppo è declinato solo in termini di profi tto, trascurando giustizia sociale, equità territoriale e sostenibilità ecologica, il risultato è un impoverimento generale. Alcune città italiane lo mostrano con chiarezza: Milano, divenuta simbolo di dinamismo e modernizzazione, è oggi inospitale per chi non dispone di grandi capitali, incapace di offrire prospettive a studenti, giovani professionisti, insegnanti, infermieri e lavoratori dei Vita e Pensiero 5 2025 51 |VITA E PENSIERO 52 Elena Granata servizi. Ma la stessa dinamica attraversa Firenze e Venezia, dominate dalla pressione turistica, Roma, affaticata da grandi opere e turismo, Bologna e Napoli, strette tra rendita e nuova precarietà abitativa. In forme diverse, il paradosso si ripete: le città crescono in attrattività, ma diventano diffi cili da vivere per i cittadini che le abitano. I percorsi democratici previsti dalle norme urbanistiche (piani attuativi, valutazioni preventive, processi di consultazione) sono stati progressivamente marginalizzati, percepiti come rallentamenti burocratici da aggirare. Si è così indebolita la funzione delle regole, che dovrebbero garantire trasformazioni di qualità, assicurando valore pubblico attraverso oneri di urbanizzazione, servizi diffusi e spazi accessibili.

Metropoli italiane, è l’ora della democrazia urbana

Elena Granata
2025-01-01

Abstract

Parlare di democrazia urbana oggi sembra quasi anacronistico. Un nostalgico retaggio di un passato riformista che non esiste più. Negli ultimi anni si è infatti diffusa la convinzione – tanto radicata quanto fuorviante – che regolazioni, valutazioni d’impatto ambientale e sociale, trasparenza dei processi siano ostacoli alla crescita urbana. Le grandi trasformazioni, richiedendo attori potenti e tempi rapidi, possono prescindere da processi condivisi e da possibili confl itti locali. Questa convinzione è entrata nel modo di parlare di città e di pensare l’azione sulla città. La retorica dello sviluppo, della crescita a ogni costo, è stata progressivamente ridotta a sinonimo di attrattività e competitività, trasformando la città in una piattaforma di investimento, e spesso di estrazione di valore per pochi, invece che in una comunità di vita, in un ecosistema da vitalizzare. Ma quando lo sviluppo è declinato solo in termini di profi tto, trascurando giustizia sociale, equità territoriale e sostenibilità ecologica, il risultato è un impoverimento generale. Alcune città italiane lo mostrano con chiarezza: Milano, divenuta simbolo di dinamismo e modernizzazione, è oggi inospitale per chi non dispone di grandi capitali, incapace di offrire prospettive a studenti, giovani professionisti, insegnanti, infermieri e lavoratori dei Vita e Pensiero 5 2025 51 |VITA E PENSIERO 52 Elena Granata servizi. Ma la stessa dinamica attraversa Firenze e Venezia, dominate dalla pressione turistica, Roma, affaticata da grandi opere e turismo, Bologna e Napoli, strette tra rendita e nuova precarietà abitativa. In forme diverse, il paradosso si ripete: le città crescono in attrattività, ma diventano diffi cili da vivere per i cittadini che le abitano. I percorsi democratici previsti dalle norme urbanistiche (piani attuativi, valutazioni preventive, processi di consultazione) sono stati progressivamente marginalizzati, percepiti come rallentamenti burocratici da aggirare. Si è così indebolita la funzione delle regole, che dovrebbero garantire trasformazioni di qualità, assicurando valore pubblico attraverso oneri di urbanizzazione, servizi diffusi e spazi accessibili.
2025
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