Stories by drawing. Dino Buzzati’s mountains/Racconti di-segni. Le montagne di Dino Buzzati

Considered one of the greatest Italian writers of the 20th century and therefore better known for his literary activity than for his graphic-pictorial activity, Dino Buzzati consecrated his love for the mountains with images conceived as painted stories. Biography and bibliography confirm a vocation for visual expression, parallel to that for writing. This double literary and figurative soul lends itself to evaluating the rhetorical effectiveness of images in their complementary relationship with words. The fruits of his versatile pen are accompanied by the exercise of the visual arts in drawing, painting and illustrated stories, leading to comics. Among the images dedicated to the mountains, the reference to the rhetorical figures of his most famous tempera, a surreal Milan cathedral (1958), stands out. The square becomes an Alpine plateau from which spiers and pinnacles inspired by the Cima Canali rise, which melt like wax in the conoids of dejection that delimit the rural scene. Metonymy plays with the pun and the anamorphosis, underlining the double use of the two words in the graphic allegory, with a clear reference to the expressive charge of the figures of verbal language. The mountain, full of symbolic references, is a recurring and metamorphic presence of rarefied landscapes, composed of a few essential elements and transforms into sandy dunes, erupting volcanoes, threatening cumulonimbus or turreted cities, like a gym of visual expression. It offers the starting point for a comparison between two languages differently linked to the possibility of creating 'figures'. The graphic-pictorial stories of the writer, Milanese by training but 'mountain' by birth and choice, underline the relationships between graphic and verbal language. Buzzati talks about the mountains in his own way, how he sees them and how he feels them and represents them in an imaginative way, where the expressive freedom of drawing replaces the precision of the word, while still leaving the door open to the dream of the imagination.

Considerato uno dei maggiori scrittori italiani del XX secolo e per questo più noto per l’attività letteraria che per quella grafico-pittorica, Dino Buzzati ha consacrato il suo amore per la montagna con immagini concepite come racconti dipinti. Biografia e bibliografia confermano una vocazione per l’espressione visiva, parallela a quella per la scrittura. Questa doppia anima letteraria e figurativa si presta a valutare l’efficacia retorica delle immagini nel loro rapporto di complementarietà con le parole. Ai frutti della sua penna versatile si affianca l’esercizio delle arti visive nel disegno, nella pittura e nel racconto illustrato, per arrivare al fumetto. Tra le immagini dedicate alla montagna, spicca il richiamo alle figure retoriche della sua tempera più famosa, un duomo di Milano surreale (1958). La piazza diventa un altopiano alpino da cui svettano guglie e pinnacoli ispirati alla Cima Canali, che sciolgono come cera nei conoidi di deiezione che delimitano la scena agreste. La metonimia gioca con il bisticcio e l’anamorfosi, sottolineando nell’allegoria grafica il doppio uso delle due parole, con un evidente richiamo alla carica espressiva delle figure del linguaggio verbale. La montagna, carica di richiami simbolici, è una presenza ricorrente e metamorfica di paesaggi rarefatti, composti da pochi elementi essenziali e si trasforma in dune sabbiose, vulcani eruttanti, cumulonembi minacciosi o città turrite, come una palestra di espressione visiva. Essa offre lo spunto per un confronto tra due linguaggi diversamente legati alla possibilità di creare ‘figure’. I racconti grafico-pittorici dello scrittore, milanese di formazione ma ‘montanaro’ di nascita ed elezione, sottolineano le relazioni tra il linguaggio grafico e quello verbale. Buzzati racconta le montagne a modo suo, come le vede e come le sente e le rappresenta in modo immaginifico, dove la libertà espressiva del disegno si sostituisce alla precisione della parola, lasciando comunque aperta la porta al sogno dell’immaginazione.