Brandi’s thoughts on the different 'times' in the work of art (creation, subsequent existence, various moments of its recognition), offers a broader horizon to understand the ‘moment of architectural preservation’. In the current disciplinary culture, the field of interest extends from the single object to 'testimonies of civilisation', both material and immaterial, to widespread built heritage and territory. Today, in the preservation and use project of the built heritage, the anthropological dimension appears fundamental for increasing quality of life. So, the contribution intends to reflect on the cultural implications which, with the shift towards the centrality of the project and the growing attention to the user, the idea of time enters the dimension of the restoration project and faces new questions on the psychological aspects, connected to appreciation and use by individuals and the community
Il pensiero di Brandi sul restauro ha messo a fuoco l’importanza dei ‘tempi’ dell’opera d’arte, e attraverso questa visione ha aperto a un più ampio orizzonte di comprensione della vita dell’oggetto artistico, da un punto di vista estetico e storico. L’articolazione dei diversi tempi racchiusi nell’opera (dalla sua creazione, alla sua esistenza nella storia, ai diverse momenti del suo riconoscimento, alla fortuna critica) come noto ha posto l’accento sulla dimensione culturale, storica e fenomenologica del fatto artistico. Pur con declinazioni diverse (riferibili anche alla dimensione globale del problema della conservazione e della tutela e alle matrici culturali differenti nelle quali si radicano diversi concetti di tempo, di storia e di memoria) nell’attuale orizzonte disciplinare, specie nel campo dell’architettura, non solo si è da tempo ampliato in modo significativo il campo di interesse dall’opera singola alle ‘testimonianze di civiltà’, di natura materiale e immateriale, al patrimonio costruito diffuso, ma appare sempre più emergente la dimensione antropologica del Restauro stesso, inteso come attività volta alla fruizione del bene e al miglioramento della qualità della vita della collettività. Nel presente quadro è innegabile, tra gli altri, il debito nei confronti della riflessione brandiana, della quale alcuni aspetti si possono cogliere nel dibattito attuale come evoluzione degli spunti originari, talora assunti e rielaborati anche entro una differente cornice teorica di riferimento. Ci si riferisce in particolare a due aspetti dirompenti del pensiero brandiano: l’uno più orientato verso l’aspetto applicativo, che individua nell’azione preventiva la sostanziale direzione della conservazione e protezione del patrimonio artistico; l’altro, squisitamente teorico, che introduce il concetto di tempo, nelle sue diverse declinazioni. Su quest’ultimo si intende approfondire la riflessione, in ordine ai contenuti dell’attuale dibattito sul restauro architettonico. In particolar si intende porre l’attenzione sul tema del Tempo come elemento facente parte dell’opera e della sua esistenza, anche in riferimento all’orizzonte fenomenologico nell’approccio all’opera stessa e alle implicazioni che nel restauro architettonico hanno avuto luogo, anche in direzioni concettuali differenti dalle premesse teoriche del discorso di Brandi. Lo spostamento dalla centralità del soggetto operante (presente in tutta la storia del restauro fino a tempi recenti) alla centralità del progetto di intervento (con la verifica del processo progettuale e dell’intervento eseguito anche nel tempo successivo) hanno messo in rilievo anche il ruolo del fruitore, e della sua relazione con l’edificio oggetto di restauro nella destinazione d’uso. Da una parte si considera dunque l’idea di tempo ‘esterno’ introdotta nella stessa dimensione del percorso progettuale del restauro e, dall’altra, il tema della fruizione, nella sua specifica dimensione soggettiva e psicologica, nella quale l’uso è inteso non solo in termini di utilizzazione materiale ma anche immateriale, come fattore di crescita culturale, attraverso la percezione, la contemplazione, la consuetudine con l’oggetto. Il tempo nel percorso progettuale del restauro come strumento di verifica della coerenza e dell’efficacia dell’intervento [paragrafo da inserire] Il tempo della fruizione come ‘riconoscimento’ e appropriazione del bene culturale Per partire dalle parole di Brandi «Il tempo (…) s’incontra nell’opera d’arte, né più sotto l’aspetto formale ma in quello fenomenologico in tre momenti diversi, e per qualsiasi opera d’arte si tratti. E cioè, in primo luogo, come durata nell’estrinsecazione dell’opera mentre viene formulata dall’artista; in secondo luogo, come intervallo interposto fra la fine del processo creativo e il momento in cui la nostra coscienza attualizza in sé l’opera d’arte; in terzo luogo, come attimo di questa folgorazione dell’opera nella coscienza» (Brandi Teoria, 1977, 21). Il ’terzo’ momento, che corrisponde all’istante in cui scocca nella coscienza il riconoscimento dell’opera (Brandi, 1977, 23) sposta l’attenzione, per la prima volta, sul soggetto riguardante. In tal senso, con le opportune distinzioni e distanze anche teoriche, nell’attuale visione del restauro architettonico (così come si è sviluppato a distanza di decenni dagli enunciati brandiani), possiamo considerare la già richiamata centralità del ruolo del fruitore all’interno delle finalità del restauro, anche in relazione ai meccanismi percettivi che le neuroscienze stanno sempre più approfondendo. Il problema della fruizione nel restauro è di estrema delicatezza anche per gli aspetti economici che coinvolge, e per l’influenza che può avere nell’orientare valutazioni e scelte operative per interventi di valorizzazione e di gestione. In proposito, uno dei maggiori rischi possibili è quello di piegare le esigenze della tutela e della conservazione alle esigenze del fruitore, per andare incontro a un facile consenso di pubblico. In tal caso viene meno il ruolo fondamentale della comunicazione culturale come strumento formativo per l’avvicinamento del pubblico alla comprensione del valore del patrimonio costruito storico. Questo aspetto sta alla base della consapevolezza culturale e del senso di appartenenza di una collettività al suo territorio e al suo patrimonio, ed è tale da sostenere anche una possibile gestione economica virtuosa, in grado di allontanare le derive di un uso consumistico e superficiale. Come è ben noto, ad esempio attraverso gli effetti del turismo di massa nelle città d’arte, la fruizione superficiale e l’abuso, più o meno inconsapevole di tali beni culturali, ha l’effetto di determinarne un consumo distruttivo sul piano della stessa sussistenza materiale, senza parlare dell’impoverimento e della mortificazione delle potenzialità culturali. In particolare, riportando quindi il discorso nell’ambito dell’intervento di restauro, oltre alle azioni che più direttamente incidono sulle condizioni materiali dei manufatti, sono anche da considerare quegli aspetti di tipo ‘immateriale’ riflessi da manufatti o da siti, e connessi alla percezione (‘riconoscimento’) e alla consuetudine e all’uso di essi da parte della collettività e dei suoi componenti. Questi stessi, come fattori di accrescimento e appropriazione culturale, per il sentimento di appartenenza che suscitano nella collettività, nel suo insieme e nei singoli soggetti, sono anche da intendere come possibili risorse per dare nuovi impulsi alla conservazione e alla tutela del patrimonio costruito. E’ evidentemente indiscutibile che l’ampliamento a un numero crescente di fruitori rientri nella nostra attuale visione di una civile e condivisa di partecipazione al godimento e all’arricchimento attraverso la conoscenza del patrimonio costruito. In tal senso risultano mutati i termini che presiedevano allo scoccare della folgorazione determinata dall’opera d’arte nella coscienza, sebbene da questa intuizione di Brandi, circa il rapporto del riguardante con l’opera d’arte, si possa far discendere, la riflessione sulla relazione tra gli uomini e le cose. Nei termini concreti dell’azione del restauro è anche palese il fatto che nella gestione delle azioni di ‘valorizzazione’ per la fruizione vi debba essere anche la concreta consapevolezza della necessità di governare la trasformazione pure sul piano di un’economia virtuosa che renda possibile l’uso attraverso un processo di conservazione sostenibile. Il tema della sostenibilità come conseguenza e ricaduta del più ampio dibattito che globalmente pone al centro della prospettiva futura il problema del consumo delle risorse del pianeta tocca, come ogni altro settore della produzione umana, anche il campo dell’architettura, specie quello del restauro architettonico. Nel percorso culturale della disciplina, da tempo si è progressivamente riaffermata la centralità del progetto, nel quale l’attenzione si è orientata specialmente al percorso progettuale, alla verifica delle sue fasi e la responsabilità delle sue scelte. Da una parte è sottoposto a verifica il ruolo del progettista, le cui scelte sono verificate non solo nel tempo dell’esecuzione ma nella durata delle opere eseguite. Tale orientamento ha connotato un nuovo atteggiamento, anche di umiltà da parte di chi opera, nella convinzione che nessun intervento possa mai essere definitivo (come invece la storia passata del restauro intendeva), ma è parte del percorso di vita dell’edificio. Per contro, è divenuta invece centrale la figura del fruitore, le cui esigenze di uso, di sicurezza e di accessibilità nella vita quotidiana sono entrate doverosamente a pieno titolo nei requisiti richiesti. A questo proposito, in una prospettiva che tende, correttamente a soddisfare in modo sempre più ampio le esigenze della fruizione, è importante salvaguardare la permanenza di quei valori di testimonianza materiale e immateriale che possono determinare una più solida qualità del rapporto quotidiano con le ‘cose’ del passato, e costituire anche fattore ulteriore di propensione alla cura. Accanto al ruolo individuale del singolo fruitore è tuttavia da considerare anche la dimensione collettiva e istituzionale alla quale competono le politiche complessive, gli indirizzi generali entro i quali l’attività della conservazione del patrimonio costruito può inserirsi come elemento propulsore di valenza sociale ed economica oltre che culturale. In tal senso la direzione di sviluppo che sembra aprire prospettive interessanti per agire in termini positivi e propositivi è quella che tende ad affrontare il problema del patrimonio nella sua complessità specifica considerandolo come una vera e propria infrastruttura territoriale: per le sue molteplici interazioni con il territorio, dalle istituzioni, alle amministrazioni locali, agli attori coinvolti nelle attività di conservazione, agli utenti stessi.
Tempo e restauro. Dai 'tempi' dell'oggetto ai 'tempi' del soggetto.
Serena Pesenti
In corso di stampa
Abstract
Brandi’s thoughts on the different 'times' in the work of art (creation, subsequent existence, various moments of its recognition), offers a broader horizon to understand the ‘moment of architectural preservation’. In the current disciplinary culture, the field of interest extends from the single object to 'testimonies of civilisation', both material and immaterial, to widespread built heritage and territory. Today, in the preservation and use project of the built heritage, the anthropological dimension appears fundamental for increasing quality of life. So, the contribution intends to reflect on the cultural implications which, with the shift towards the centrality of the project and the growing attention to the user, the idea of time enters the dimension of the restoration project and faces new questions on the psychological aspects, connected to appreciation and use by individuals and the communityI documenti in IRIS sono protetti da copyright e tutti i diritti sono riservati, salvo diversa indicazione.


