Il concetto di co-progettazione architettonica è ancora fortemente legato alle riflessioni teoriche degli anni ’70 e alle loro attuazioni in grandi interventi urbani nei decenni successivi. Tuttavia, si tratta di una metodologia di ricerca applicata al progetto che oggi trova terreno fertile in nuovi ambiti di indagine, rispondendo alle fragilità territoriali di contesti minori attraverso la trasformazione dei luoghi, la mitigazione dei rischi e il raggiungimento di condizioni di resilienza e preparedness (Lari et al., 2013). Per immaginarla come strumento di progetto sensibile ai temi della contemporaneità, alla crisi climatica e alle emergenze ambientali, è necessario ripensare alla partecipazione «al di fuori di quelli che sono gli schemi tradizionali» (Navarra, 2017: 75), ridefinendone possibili declinazioni. Partendo da una rilettura dell’architettura partecipata secondo Giancarlo De Carlo (2013: 37-78), il contributo muove verso una definizione di co-progettazione basata sul coinvolgimento delle comunità montane e rurali, depositarie di significati identitari profondamente radicati nei luoghi che abitano (Bauman, 2001). Se l’identità dell’uomo presuppone l’identità del luogo (Norberg-Schulz, 1979), è evidente come alla dimensione fisica dell’architettura sia possibile accostare quella sociale delle comunità, in una visione che mette in relazione spazio e individuo «assumendo, oltre ad un registro figurativo, un interessante registro antropologico» (Bilò, 2014: 57).
Co-design
Francesco Airoldi
2023-01-01
Abstract
Il concetto di co-progettazione architettonica è ancora fortemente legato alle riflessioni teoriche degli anni ’70 e alle loro attuazioni in grandi interventi urbani nei decenni successivi. Tuttavia, si tratta di una metodologia di ricerca applicata al progetto che oggi trova terreno fertile in nuovi ambiti di indagine, rispondendo alle fragilità territoriali di contesti minori attraverso la trasformazione dei luoghi, la mitigazione dei rischi e il raggiungimento di condizioni di resilienza e preparedness (Lari et al., 2013). Per immaginarla come strumento di progetto sensibile ai temi della contemporaneità, alla crisi climatica e alle emergenze ambientali, è necessario ripensare alla partecipazione «al di fuori di quelli che sono gli schemi tradizionali» (Navarra, 2017: 75), ridefinendone possibili declinazioni. Partendo da una rilettura dell’architettura partecipata secondo Giancarlo De Carlo (2013: 37-78), il contributo muove verso una definizione di co-progettazione basata sul coinvolgimento delle comunità montane e rurali, depositarie di significati identitari profondamente radicati nei luoghi che abitano (Bauman, 2001). Se l’identità dell’uomo presuppone l’identità del luogo (Norberg-Schulz, 1979), è evidente come alla dimensione fisica dell’architettura sia possibile accostare quella sociale delle comunità, in una visione che mette in relazione spazio e individuo «assumendo, oltre ad un registro figurativo, un interessante registro antropologico» (Bilò, 2014: 57).File | Dimensione | Formato | |
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