Olivetti, nel pensiero del suo presidente dagli anni ’30 alla morte nel 1961, rappresentava non soltanto la fabbrica capace di competere per la sua organizzazione e la qualità della sua produzione sul mercato nazionale e internazionale, ma anche e soprattutto uno strumento di rifondazione della società, nella sua capacità di diffondere, rendere riconoscibile e aperta a tutti la cultura, intesa «nel suo autentico significato di ricerca disinteressata di verità e bellezza». E questa capacità di far vedere la bellezza e la logica tramite oggetti e spazi attraversa ogni prodotto e ogni spazio costruito per l’azienda: come rileva Caterina Toschi,lo si verifica negli allestimenti d’interni per i negozi e per le mostre che hanno contribuito alla sua fama, e ancora nel disegno dei luoghi di lavoro, uffici e fabbriche, da quelle eporediensi di Figini e Pollini alla Underwood di Harrisburg di Louis I. Kahn, e dei servizi, spesso integrati agli stabilimenti, come a Pozzuoli nel progetto di Luigi Cosenza, o ancora dei prodotti, cesellati dalle mani di eccezionali designer, come Ettore Sottssass, o Marcello Nizzoli. E ancora questo sforzo di comunicare un’idea sulla società umana, sulla ricerca di un benessere trasversale, si deduce dalle pubblicazioni promosse dall’azienda e dal modo in cui queste a loro volta sono state progettate e realizzate. Sulla carta stampata e in una grande varietà di tipologie di video, come pubblicità, documentari e brevi film, l’azienda si racconta con un linguaggio apparentemente semplice, comprensibile a molti e capace di aprire a mondi altri.   L’intervento vuole provare a mettere a sistema queste esperienze così diverse, verificando come uno stesso fine, la volontà di superare quel «divorzio tra tecnica e cultura» che Adriano Olivetti identificava come un tratto pericoloso e impoverente della società contemporanea, venga declinato nei diversi media, mantenendo una solida coerenza e chiarezza di scopi. Arti diverse si affiancano e armonizzano, la musica, come nel Divertimento for Olivetti machines di Bob Gill del 1973, le animazioni, come quelle che illustrano il sistema per editare i testi della Olivetti TES 501, le installazioni video, come l’Implicor del 1971. Oltre ai temi, sono trasversali molte delle figure coinvolte: Sottsass non è solo il progettista della Valentine, ma viene coinvolto nella regia di Stephen Dwoskin delle sue pubblicità londinesi, e partecipa alla realizzazione del già citato Implicor. Allo stesso tempo, come si verifica nelle pubblicità per diversi mercati, lo stesso concetto viene tradotto e riscritto per essere comprensibile in mondi e modi di vivere diversi. L’intervento vuole verificare come un progetto chiaro, riferito alla vita dell’uomo nella sua totalità, sia tradotto in progetti altrettanto chiari e coerenti per quanto sviluppati nelle diverse arti: «nelle cose artistiche, in una pagina in cui l’azienda vuole comunicare al mondo qualcosa di sé, in una architettura attraverso la quale esprimersi e rivelarsi e mettere a proprio agio chi la deve abitare, nella forma di un prodotto, che porta un nome in giro per il mondo.»

Tra mondi e arti. Spazi, immagini, oggetti e suoni nella sintesi filmica nella costruzione dell’identità Olivetti.

M. Averna
2023-01-01

Abstract

Olivetti, nel pensiero del suo presidente dagli anni ’30 alla morte nel 1961, rappresentava non soltanto la fabbrica capace di competere per la sua organizzazione e la qualità della sua produzione sul mercato nazionale e internazionale, ma anche e soprattutto uno strumento di rifondazione della società, nella sua capacità di diffondere, rendere riconoscibile e aperta a tutti la cultura, intesa «nel suo autentico significato di ricerca disinteressata di verità e bellezza». E questa capacità di far vedere la bellezza e la logica tramite oggetti e spazi attraversa ogni prodotto e ogni spazio costruito per l’azienda: come rileva Caterina Toschi,lo si verifica negli allestimenti d’interni per i negozi e per le mostre che hanno contribuito alla sua fama, e ancora nel disegno dei luoghi di lavoro, uffici e fabbriche, da quelle eporediensi di Figini e Pollini alla Underwood di Harrisburg di Louis I. Kahn, e dei servizi, spesso integrati agli stabilimenti, come a Pozzuoli nel progetto di Luigi Cosenza, o ancora dei prodotti, cesellati dalle mani di eccezionali designer, come Ettore Sottssass, o Marcello Nizzoli. E ancora questo sforzo di comunicare un’idea sulla società umana, sulla ricerca di un benessere trasversale, si deduce dalle pubblicazioni promosse dall’azienda e dal modo in cui queste a loro volta sono state progettate e realizzate. Sulla carta stampata e in una grande varietà di tipologie di video, come pubblicità, documentari e brevi film, l’azienda si racconta con un linguaggio apparentemente semplice, comprensibile a molti e capace di aprire a mondi altri.   L’intervento vuole provare a mettere a sistema queste esperienze così diverse, verificando come uno stesso fine, la volontà di superare quel «divorzio tra tecnica e cultura» che Adriano Olivetti identificava come un tratto pericoloso e impoverente della società contemporanea, venga declinato nei diversi media, mantenendo una solida coerenza e chiarezza di scopi. Arti diverse si affiancano e armonizzano, la musica, come nel Divertimento for Olivetti machines di Bob Gill del 1973, le animazioni, come quelle che illustrano il sistema per editare i testi della Olivetti TES 501, le installazioni video, come l’Implicor del 1971. Oltre ai temi, sono trasversali molte delle figure coinvolte: Sottsass non è solo il progettista della Valentine, ma viene coinvolto nella regia di Stephen Dwoskin delle sue pubblicità londinesi, e partecipa alla realizzazione del già citato Implicor. Allo stesso tempo, come si verifica nelle pubblicità per diversi mercati, lo stesso concetto viene tradotto e riscritto per essere comprensibile in mondi e modi di vivere diversi. L’intervento vuole verificare come un progetto chiaro, riferito alla vita dell’uomo nella sua totalità, sia tradotto in progetti altrettanto chiari e coerenti per quanto sviluppati nelle diverse arti: «nelle cose artistiche, in una pagina in cui l’azienda vuole comunicare al mondo qualcosa di sé, in una architettura attraverso la quale esprimersi e rivelarsi e mettere a proprio agio chi la deve abitare, nella forma di un prodotto, che porta un nome in giro per il mondo.»
2023
Transatlantic Visions. Culture cinematografiche italiane negli Stati Uniti del secondo dopoguerra.
9791222303987
Olivetti, design, progetto
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