Le scelte indirizzate all’intervento di restauro post-sismico della basilica di Collemaggio sono state diversamente articolate sulle tre aree in cui l’edificio si trovava suddiviso: il corpo delle navate, il transetto crollato e la zona absidale. La situazione in cui versava l’edificio, in seguito al sisma del 6 aprile 2009, era infatti rievocativa di esperienze passate legate alle devastazioni belliche o ai disastri ambientali e richiedeva il ricorso a linee di intervento condivise per una conservazione integrata per fornire una valida risposta alle problematiche in gioco. La condizione complessa di un organismo architettonico gravemente mutilato nella sua continuità strutturale richiede infatti un approccio di metodo strettamente connesso allo sviluppo di conoscenze dettagliate, dal modello geometrico dell’edificio, allo stato di danno riportato dalle sue strutture, alla comprensione delle sue vulnerabilità. Questi approfondimenti, necessari al fine di fondare gli interventi su una conoscenza adeguata e completa della fabbrica architettonica, sono stati realizzati in diverse fasi, sviluppate dai soggetti coinvolti nell’iter progettuale e coordinate dal gruppo di supporto alla progettazione, composto dai tre atenei chiamati a coadiuvare i progettisti. Nello specifico, l’unità di ricerca della Sapienza di Roma ha curato l’analisi storica dell’edificio, quella dell’Aquila ha provveduto alle indagini sperimentali sulle diverse strutture dell’edificio, ed allo sviluppo degli interventi di consolidamento su determinate porzioni del manufatto, mentre le unità di ricerca del Politecnico di Milano hanno predisposto il rilievo geometrico, le mappature di materiali, degradi e quadro fessurativo, fornendo al contempo supporto alla progettazione architettonica, a quella strutturale e all’adeguamento impiantistico per il comfort ambientale.
La conoscenza e le scelte
S. Della Torre;L. Cantini
2023-01-01
Abstract
Le scelte indirizzate all’intervento di restauro post-sismico della basilica di Collemaggio sono state diversamente articolate sulle tre aree in cui l’edificio si trovava suddiviso: il corpo delle navate, il transetto crollato e la zona absidale. La situazione in cui versava l’edificio, in seguito al sisma del 6 aprile 2009, era infatti rievocativa di esperienze passate legate alle devastazioni belliche o ai disastri ambientali e richiedeva il ricorso a linee di intervento condivise per una conservazione integrata per fornire una valida risposta alle problematiche in gioco. La condizione complessa di un organismo architettonico gravemente mutilato nella sua continuità strutturale richiede infatti un approccio di metodo strettamente connesso allo sviluppo di conoscenze dettagliate, dal modello geometrico dell’edificio, allo stato di danno riportato dalle sue strutture, alla comprensione delle sue vulnerabilità. Questi approfondimenti, necessari al fine di fondare gli interventi su una conoscenza adeguata e completa della fabbrica architettonica, sono stati realizzati in diverse fasi, sviluppate dai soggetti coinvolti nell’iter progettuale e coordinate dal gruppo di supporto alla progettazione, composto dai tre atenei chiamati a coadiuvare i progettisti. Nello specifico, l’unità di ricerca della Sapienza di Roma ha curato l’analisi storica dell’edificio, quella dell’Aquila ha provveduto alle indagini sperimentali sulle diverse strutture dell’edificio, ed allo sviluppo degli interventi di consolidamento su determinate porzioni del manufatto, mentre le unità di ricerca del Politecnico di Milano hanno predisposto il rilievo geometrico, le mappature di materiali, degradi e quadro fessurativo, fornendo al contempo supporto alla progettazione architettonica, a quella strutturale e all’adeguamento impiantistico per il comfort ambientale.File | Dimensione | Formato | |
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