Relazioni, apertura, atteggiamenti, atti, azioni, comportamenti, sono solo differenti modi per declinare il “gesto”, un moto vitale che anima la persona che induce relazioni, genera vissuti da un agire che muove dal profondo del proprio essere e si apre al mondo e agli altri. Un gesto come quello di apertura delle braccia in segno di accoglienza, come manifestazione del sé e anche di misura di un luogo, che riecheggia nella parola spazio e ci dice quanto il gesto della persona e il luogo, lo spazio in cui si svolge, siano strettamente connessi, tanto da poter immaginare una sostanziale equivalenza fra corpo costruito e corpo che abita, ciascuno capace di una loro vita, di proprie gestualità relazionali. Il gesto diviene così, perno dell’esperienza architettonica fra i due poli del fruitore che lo esprime e dell’architettura che ne fa proprio fondamento, origine e genesi, o, viceversa, fra l’architettura che nella propria dinamica di forma costruita lo presentifica rivelando ai suoi stessi fruitori un nuovo possibile modo d’essere e di esprimerli. Recenti studi sui gesti e la gestualità sembrano confermare questa ipotesi. In essi si evidenzia come il gesto non debba essere considerato come “fatto semplicemente fisico o corporeo” e nemmeno “ridotto a una possibilità del corpo” seppure con funzione comunicativa. Così intesi e considerati nel progetto, i gesti ci riportano al fondamento genetico dell’architettura, alla sua ragion d’essere come “proiezione dello stesso moto che anima gli attori” , come forma rispondente alle gestualità che è capace di accogliere valorizzare.
Gesto
Roberto Rizzi
2022-01-01
Abstract
Relazioni, apertura, atteggiamenti, atti, azioni, comportamenti, sono solo differenti modi per declinare il “gesto”, un moto vitale che anima la persona che induce relazioni, genera vissuti da un agire che muove dal profondo del proprio essere e si apre al mondo e agli altri. Un gesto come quello di apertura delle braccia in segno di accoglienza, come manifestazione del sé e anche di misura di un luogo, che riecheggia nella parola spazio e ci dice quanto il gesto della persona e il luogo, lo spazio in cui si svolge, siano strettamente connessi, tanto da poter immaginare una sostanziale equivalenza fra corpo costruito e corpo che abita, ciascuno capace di una loro vita, di proprie gestualità relazionali. Il gesto diviene così, perno dell’esperienza architettonica fra i due poli del fruitore che lo esprime e dell’architettura che ne fa proprio fondamento, origine e genesi, o, viceversa, fra l’architettura che nella propria dinamica di forma costruita lo presentifica rivelando ai suoi stessi fruitori un nuovo possibile modo d’essere e di esprimerli. Recenti studi sui gesti e la gestualità sembrano confermare questa ipotesi. In essi si evidenzia come il gesto non debba essere considerato come “fatto semplicemente fisico o corporeo” e nemmeno “ridotto a una possibilità del corpo” seppure con funzione comunicativa. Così intesi e considerati nel progetto, i gesti ci riportano al fondamento genetico dell’architettura, alla sua ragion d’essere come “proiezione dello stesso moto che anima gli attori” , come forma rispondente alle gestualità che è capace di accogliere valorizzare.File | Dimensione | Formato | |
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