Dopo l'incendio del 1° aprile 1545, il Cardinale Ercole Gonzaga decise di rinnovare il Duomo di Mantova per ingrandirlo e al contempo cancellarne l'aspetto medievale. Ritenuto infatti oscuro e poco spazioso, del tutto inadeguato alla capitale del Ducato gonzaghesco ed alla Diocesi all'epoca retta dal Presidente del Concilio di Trento, il Duomo fu affidato alle cure di Giulio Romano, Prefetto delle Fabbriche dei Gonzaga. Egli predispose in brevissimo tempo il progetto per l'interno del tempio, avviandone subito il cantiere. Il saggio ripercorre, sulla scorta di documenti d'archivio in larga parte inediti, le fasi costruttive, ponendo l'accento su materiali e fornitori, artefici e tecniche esecutive. Ne è emerso un quadro dettagliato sull'organizzazione, ad esempio, del trasporto dei grandi fusti monolitici per le 32 colonne corinzie e delle tante pietre necessarie alla confezione di basi, capitelli, lesene e paraste, nonchè per il rivestimento dei piloni della cupola. Si apprende dell'impiego di numerosi maestri scultori impegnati nella lavorazione a piè d'opera dei pezzi lapidei, delle imponenti centine impiegate per sostenere i registri alti dell'edificio durante l'eliminazione di pilastri e archi romanici, delle macchine utilizzate per collocare in opera le colonne, degli ingegnosi procedimenti di 'prefabbricazione' a stampo di alcuni dettagli decorativi in terracotta (le foglie dei capitelli, i rosoni dei cassettoni e del soffitto ligneo), dei lavori di finitura a stucco. Il saggio ha costituito dunque l'occasione per restituire l'organizzazione e le dinamiche di un cantiere cinquecentesco di non comune importanza per mole delle opere affrontate, per rapidità esecutiva e per qualità degli esecutori. Sono stati altresì identificati gran parte degli artefici, è' stato possibile confermare l'attribuzione del progetto (non eseguito) per la facciata all'architetto Girolamo Genga (identificandone il disegno preparatorio) e l'ipotesi di Manfredo Tafuri per un'esecuzione della cupola sovrintesa dall'architetto Giovan Battista Bertani, sottraendola così alle fasi terminali del cantiere, ascrivibili agli ultimi anni del XVI secolo. Il saggio è corredato da un indice dei nomi degli artefici coinvolti nel cantiere fra 1545 e 1566.
"Un bello grande et honorevol Duomo". Il cantiere della Cattedrale di Mantova da Giulio Romano a "Giovan Batista Britani"
Carlo Togliani
2022-01-01
Abstract
Dopo l'incendio del 1° aprile 1545, il Cardinale Ercole Gonzaga decise di rinnovare il Duomo di Mantova per ingrandirlo e al contempo cancellarne l'aspetto medievale. Ritenuto infatti oscuro e poco spazioso, del tutto inadeguato alla capitale del Ducato gonzaghesco ed alla Diocesi all'epoca retta dal Presidente del Concilio di Trento, il Duomo fu affidato alle cure di Giulio Romano, Prefetto delle Fabbriche dei Gonzaga. Egli predispose in brevissimo tempo il progetto per l'interno del tempio, avviandone subito il cantiere. Il saggio ripercorre, sulla scorta di documenti d'archivio in larga parte inediti, le fasi costruttive, ponendo l'accento su materiali e fornitori, artefici e tecniche esecutive. Ne è emerso un quadro dettagliato sull'organizzazione, ad esempio, del trasporto dei grandi fusti monolitici per le 32 colonne corinzie e delle tante pietre necessarie alla confezione di basi, capitelli, lesene e paraste, nonchè per il rivestimento dei piloni della cupola. Si apprende dell'impiego di numerosi maestri scultori impegnati nella lavorazione a piè d'opera dei pezzi lapidei, delle imponenti centine impiegate per sostenere i registri alti dell'edificio durante l'eliminazione di pilastri e archi romanici, delle macchine utilizzate per collocare in opera le colonne, degli ingegnosi procedimenti di 'prefabbricazione' a stampo di alcuni dettagli decorativi in terracotta (le foglie dei capitelli, i rosoni dei cassettoni e del soffitto ligneo), dei lavori di finitura a stucco. Il saggio ha costituito dunque l'occasione per restituire l'organizzazione e le dinamiche di un cantiere cinquecentesco di non comune importanza per mole delle opere affrontate, per rapidità esecutiva e per qualità degli esecutori. Sono stati altresì identificati gran parte degli artefici, è' stato possibile confermare l'attribuzione del progetto (non eseguito) per la facciata all'architetto Girolamo Genga (identificandone il disegno preparatorio) e l'ipotesi di Manfredo Tafuri per un'esecuzione della cupola sovrintesa dall'architetto Giovan Battista Bertani, sottraendola così alle fasi terminali del cantiere, ascrivibili agli ultimi anni del XVI secolo. Il saggio è corredato da un indice dei nomi degli artefici coinvolti nel cantiere fra 1545 e 1566.File | Dimensione | Formato | |
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