Progettare non è mai intervenire su uno spazio lasciato vuoto, libero da influenze e limitazioni. Progettare è tradurre in forma le relazioni con un contesto, che è fisico, come la città, o il paesaggio, e al tempo stesso va oltre il dato reale, perché è fatto di memorie e di affinità, o ancora è condizionato da dati normativi, o da variabili tecnologiche e costruttive. Progettare per un edificio che già esiste è comprendere e interpretare, e non rinunciare a incidere sul reale, perché «conservare o costruire sono momenti di un medesimo atto di coscienza, perché l’uno e l’altro sono sottoposti a un medesimo metodo: conservare non ha senso se non è inteso nel senso di attualizzazione del passato e costruire non ha senso se non è inteso come continuazione del processo storico.» (Rogers, E.N. (1957). Verifica culturale dell’azione urbanistica) Intervenire sul costruito significa in prima istanza comprenderne le forme, nella loro complessità e stratificazione: rileggerne la storia per come è raccontata nei disegni d’archivio e negli schizzi del progetto originario, nei testi e nelle relazioni che li accompagnano, per come si è evoluta nella realizzazione fino all’edificio esistente, verificato attraverso il rilievo trascritto in disegni tecnici d’insieme e di dettaglio, che ne dicono la complessità di forma materiale, capace di trasmettere «un’identità, intesa come capacità di connettere sintetizzando in un’unica “finestra temporale” eventi tra loro successivi.» (Damasio, A.R. (1995). L’errore di Cartesio.) Riconoscerne l’identità e il significato più profondi, oltre a quelli legati a un uso temporaneo, per capire come Louis Kahn che «in una piccola stanza non diresti le stesse cose che potresti dire in una grande stanza» (Kahn, L.I. (1973) La strada, la stanza e il patto umano.) e così specificarne la capacità e la possibilità di accoglienza (per poche persone, o per grandi gruppi, per il silenzio, per il dialogo o per l’ascolto, ...) e da riconoscere quei caratteri che sono ineludibili, e quelli invece che possono essere sovrascritti e modificati per fare spazio a gesti diversi da quelli originari. L’esperienza di progetto, sviluppata in anni successivi, ha guardato a edifici diversi, per forma, funzione e qualità progettuale, tra patrimonio monumentale e diffuso, e in contesti variabili, il paesaggio naturale come quello urbano, con usi, e utenti profondamente differenziati. Essi si sono disegnati nella relazione - col paesaggio nel suo variare, nel recupero delle case cantoniere, segni riconoscibili attraverso la rete viaria italiana, lungo la strada del Cerreto, che dalla pianura padana sale all’Appennino, per poi scendere al mare toscano; - con l’edificio monumentale immerso nel paesaggio montano, nel recupero delle colonie fasciste abbandonate sull’Appennino Ligure, a Savignone, oggetto di vincolo, e insieme di usi impropri; - con l’edificio inserito in un contesto urbano in forte evoluzione, nel recupero del quartiere San Siro, grande insediamento di edilizia convenzionata a Milano, segnato dal cambiamento degli abitanti e dei modi di abitare. Una variabilità di modi che è specchio della complessità del contemporaneo, tra la spinta alla sostenibilità, il fascino dell’antico e l’effetto dirompente dei nuovi modi di convivere ed abitare.

Contesto

M. Averna
2022-01-01

Abstract

Progettare non è mai intervenire su uno spazio lasciato vuoto, libero da influenze e limitazioni. Progettare è tradurre in forma le relazioni con un contesto, che è fisico, come la città, o il paesaggio, e al tempo stesso va oltre il dato reale, perché è fatto di memorie e di affinità, o ancora è condizionato da dati normativi, o da variabili tecnologiche e costruttive. Progettare per un edificio che già esiste è comprendere e interpretare, e non rinunciare a incidere sul reale, perché «conservare o costruire sono momenti di un medesimo atto di coscienza, perché l’uno e l’altro sono sottoposti a un medesimo metodo: conservare non ha senso se non è inteso nel senso di attualizzazione del passato e costruire non ha senso se non è inteso come continuazione del processo storico.» (Rogers, E.N. (1957). Verifica culturale dell’azione urbanistica) Intervenire sul costruito significa in prima istanza comprenderne le forme, nella loro complessità e stratificazione: rileggerne la storia per come è raccontata nei disegni d’archivio e negli schizzi del progetto originario, nei testi e nelle relazioni che li accompagnano, per come si è evoluta nella realizzazione fino all’edificio esistente, verificato attraverso il rilievo trascritto in disegni tecnici d’insieme e di dettaglio, che ne dicono la complessità di forma materiale, capace di trasmettere «un’identità, intesa come capacità di connettere sintetizzando in un’unica “finestra temporale” eventi tra loro successivi.» (Damasio, A.R. (1995). L’errore di Cartesio.) Riconoscerne l’identità e il significato più profondi, oltre a quelli legati a un uso temporaneo, per capire come Louis Kahn che «in una piccola stanza non diresti le stesse cose che potresti dire in una grande stanza» (Kahn, L.I. (1973) La strada, la stanza e il patto umano.) e così specificarne la capacità e la possibilità di accoglienza (per poche persone, o per grandi gruppi, per il silenzio, per il dialogo o per l’ascolto, ...) e da riconoscere quei caratteri che sono ineludibili, e quelli invece che possono essere sovrascritti e modificati per fare spazio a gesti diversi da quelli originari. L’esperienza di progetto, sviluppata in anni successivi, ha guardato a edifici diversi, per forma, funzione e qualità progettuale, tra patrimonio monumentale e diffuso, e in contesti variabili, il paesaggio naturale come quello urbano, con usi, e utenti profondamente differenziati. Essi si sono disegnati nella relazione - col paesaggio nel suo variare, nel recupero delle case cantoniere, segni riconoscibili attraverso la rete viaria italiana, lungo la strada del Cerreto, che dalla pianura padana sale all’Appennino, per poi scendere al mare toscano; - con l’edificio monumentale immerso nel paesaggio montano, nel recupero delle colonie fasciste abbandonate sull’Appennino Ligure, a Savignone, oggetto di vincolo, e insieme di usi impropri; - con l’edificio inserito in un contesto urbano in forte evoluzione, nel recupero del quartiere San Siro, grande insediamento di edilizia convenzionata a Milano, segnato dal cambiamento degli abitanti e dei modi di abitare. Una variabilità di modi che è specchio della complessità del contemporaneo, tra la spinta alla sostenibilità, il fascino dell’antico e l’effetto dirompente dei nuovi modi di convivere ed abitare.
2022
Dichiarazione di Interni. Atlante di parole e immagini
978-88-32072-28-0
architettura degli interni, progetto sull’esistente, contesto, identità, abitare
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/1228754
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