. In occasione di una recente presentazione del libro Urbanistica contrattuale. Criteri, esperienze, precauzioni, di Luca Gaeta,1 nel dibattito che l’ha accompagnata ci si domandava quali fossero oggi le ragioni del ritorno d’interesse per questi temi. Si è ipotizzato che queste risiedessero nel definitivo tramonto di un approccio ideologico, che ne aveva a lungo inibito le possibilità di una discussione distesa, di merito, non preconcetta. Non è, a mio avviso, una spiegazione convincente. L’urbanistica continua ad alimentare e ad alimentarsi, come è normale che sia, di argomenti valoriali e di principio. Ne è un esempio Consumo di luogo. Neoliberismo nel disegno di legge urbanistica dell’Emilia-Romagna, un libro2 che stigmatizza la legge regionale dell’Emilia-Romagna 24/2017 – la quale conferisce particolare centralità all’istituto dell’‘accordo operativo’ – con motivazioni potentemente valoriali, nel contrastare e contestare la direzione imboccata con quel dispositivo. La rinnovata attualità non sta tanto nella irrisolvibile querelle del rapporto pubblico/privato nel ‘governo del territorio’, e della relativa rivendicata primazia per parti contrapposte, quanto piuttosto in un altro tarlo di lunga durata dell’urbanistica e del suo progetto: l’operatività – la verosimiglianza, attendibilità, tempestività e performatività reale – delle opzioni previsive veicolate nel piano. La questione di una dimensione attuativa che immancabilmente tradisce quanto atteso in sede di pianificazione generale si radica nei decenni: si vedano, ad esempio, gli studi che censivano – ed esecravano – i processi di variante parziale, innumerevoli, verso opzioni diverse e difformi da quanto previsto dal Prg in prima istanza. Ma ora essa ritorna dopo che anche la scomposizione del piano in più componenti – dove la si è fatta, come in Emilia-Romagna – ha mostrato i limiti di quella cosiddetta ‘operativa’.

Ritorni (sull'urbanistica per accordi)

Bertrando Bonfantini
2022-01-01

Abstract

. In occasione di una recente presentazione del libro Urbanistica contrattuale. Criteri, esperienze, precauzioni, di Luca Gaeta,1 nel dibattito che l’ha accompagnata ci si domandava quali fossero oggi le ragioni del ritorno d’interesse per questi temi. Si è ipotizzato che queste risiedessero nel definitivo tramonto di un approccio ideologico, che ne aveva a lungo inibito le possibilità di una discussione distesa, di merito, non preconcetta. Non è, a mio avviso, una spiegazione convincente. L’urbanistica continua ad alimentare e ad alimentarsi, come è normale che sia, di argomenti valoriali e di principio. Ne è un esempio Consumo di luogo. Neoliberismo nel disegno di legge urbanistica dell’Emilia-Romagna, un libro2 che stigmatizza la legge regionale dell’Emilia-Romagna 24/2017 – la quale conferisce particolare centralità all’istituto dell’‘accordo operativo’ – con motivazioni potentemente valoriali, nel contrastare e contestare la direzione imboccata con quel dispositivo. La rinnovata attualità non sta tanto nella irrisolvibile querelle del rapporto pubblico/privato nel ‘governo del territorio’, e della relativa rivendicata primazia per parti contrapposte, quanto piuttosto in un altro tarlo di lunga durata dell’urbanistica e del suo progetto: l’operatività – la verosimiglianza, attendibilità, tempestività e performatività reale – delle opzioni previsive veicolate nel piano. La questione di una dimensione attuativa che immancabilmente tradisce quanto atteso in sede di pianificazione generale si radica nei decenni: si vedano, ad esempio, gli studi che censivano – ed esecravano – i processi di variante parziale, innumerevoli, verso opzioni diverse e difformi da quanto previsto dal Prg in prima istanza. Ma ora essa ritorna dopo che anche la scomposizione del piano in più componenti – dove la si è fatta, come in Emilia-Romagna – ha mostrato i limiti di quella cosiddetta ‘operativa’.
2022
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