Negli anni Trenta del XX secolo, la politica autarchica del regime fascista influenzò il settore delle costruzioni e dell’architettura. La ricerca di uno stile moderno si legò al recupero delle tecniche costruttive tradizionali e alla riscoperta dei materiali locali. L’architettura divenne il veicolo propagandistico degli ideali nazionalisti del regime, presentando, ad un tempo, caratteri linguistici unitari e un accentuato localismo in rapporto ai contesti, alle realtà produttive e alle tradizioni locali. A Ragusa, nuovo capoluogo di provincia dal 1927, lo sfruttamento industriale dei giacimenti petroliferi per la produzione di combustibili fossili assunse un rilievo economico nazionale, determinando il recupero dell’“oro nero” anche come materiale da costruzione distintivo e caratterizzante l’architettura di regime della Sicilia sud-orientale. La pietra asfaltica, un calcare bituminoso dal colore grigio-brunastro cavato sui monti Iblei, si caratterizza per la facilità di lavorazione e messa in opera in blocchi da taglio o lastre, per la realizzazione di apparati decorativi, scultorei e pavimentazioni interne ed esterne. L’impiego sistematico in architettura cominciò in seguito al terremoto del Val di Noto del 1693 e in associazione al calcare locale di colore biancastro (Pietra di Noto-Pietra di Comiso), determinando la caratteristica bicromia delle architetture iblee. Piazza Impero a Ragusa, testimonianza del complesso programma architettonico del regime, celebrativo e monumentale, fu il luogo delle adunanze attorno al quale, tra il 1933 e il 1942, vennero costruiti tutti gli edifici del potere: la Casa del combattente e del mutilato e il Palazzo dell’economia corporativa, dell’arch. Francesco Fichera, e la Casa del fascio e del balilla, dell’arch. Ernesto Lapadula. Con il presente studio si intende indagare ed illustrare l’impiego della pietra asfaltica come materiale da costruzione e l’uso del bitume – estratto industrialmente dalla stessa – come materiale di finitura, applicato per impregnazione sul calcare bianco della facciata della Casa del fascio e del balilla, al fine di imitarne la resa cromatica. Ad oggi, questo è l’unico esempio novecentesco ragusano dove si è documentato questo impiego particolare, parzialmente perduto in occasione dell’ultimo intervento di pulitura delle facciate (2012).

L'Oro Nero nell'architettura siciliana degli anni Trenta. Imitazione e nuovi significati di un materiale tradizionale

A. Cavallo
2022-01-01

Abstract

Negli anni Trenta del XX secolo, la politica autarchica del regime fascista influenzò il settore delle costruzioni e dell’architettura. La ricerca di uno stile moderno si legò al recupero delle tecniche costruttive tradizionali e alla riscoperta dei materiali locali. L’architettura divenne il veicolo propagandistico degli ideali nazionalisti del regime, presentando, ad un tempo, caratteri linguistici unitari e un accentuato localismo in rapporto ai contesti, alle realtà produttive e alle tradizioni locali. A Ragusa, nuovo capoluogo di provincia dal 1927, lo sfruttamento industriale dei giacimenti petroliferi per la produzione di combustibili fossili assunse un rilievo economico nazionale, determinando il recupero dell’“oro nero” anche come materiale da costruzione distintivo e caratterizzante l’architettura di regime della Sicilia sud-orientale. La pietra asfaltica, un calcare bituminoso dal colore grigio-brunastro cavato sui monti Iblei, si caratterizza per la facilità di lavorazione e messa in opera in blocchi da taglio o lastre, per la realizzazione di apparati decorativi, scultorei e pavimentazioni interne ed esterne. L’impiego sistematico in architettura cominciò in seguito al terremoto del Val di Noto del 1693 e in associazione al calcare locale di colore biancastro (Pietra di Noto-Pietra di Comiso), determinando la caratteristica bicromia delle architetture iblee. Piazza Impero a Ragusa, testimonianza del complesso programma architettonico del regime, celebrativo e monumentale, fu il luogo delle adunanze attorno al quale, tra il 1933 e il 1942, vennero costruiti tutti gli edifici del potere: la Casa del combattente e del mutilato e il Palazzo dell’economia corporativa, dell’arch. Francesco Fichera, e la Casa del fascio e del balilla, dell’arch. Ernesto Lapadula. Con il presente studio si intende indagare ed illustrare l’impiego della pietra asfaltica come materiale da costruzione e l’uso del bitume – estratto industrialmente dalla stessa – come materiale di finitura, applicato per impregnazione sul calcare bianco della facciata della Casa del fascio e del balilla, al fine di imitarne la resa cromatica. Ad oggi, questo è l’unico esempio novecentesco ragusano dove si è documentato questo impiego particolare, parzialmente perduto in occasione dell’ultimo intervento di pulitura delle facciate (2012).
2022
REHABEND 2022 Euro-American Congress - Construction Pathology, rehabilitation technology and heritage management
978-84-09-42253-1
XX secolo, Architettura italiana, Autarchia, Moderno, Pietra asfaltica
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/1220726
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