Il contributo ripercorre alcune questioni note, ma comunque drammatiche, sull’esiguità di Edilizia Residenziale Pubblica nel nostro paese e la carenza di finanziamenti dedicati, sulle difficoltà gestionali e manutentive del patrimonio pubblico e la necessità di rafforzare il regime dell’affitto quale strumento decisivo per rendere più sociali le politiche del nostro paese. Alcune proposte, in qualche caso attuate in altri avanzate provocatoriamente da studiosi del settore, potrebbero essere prese in considerazione per cambiare il registro delle politiche abitative da sempre costruite per poche categorie sociali e reddituali e che oggi, invece, devono reggere il confronto con un panorama sociale che si presenta estremamente variegato. Da una parte potrebbe risultare strategico conferire in comodato d’uso per qualche decina di anni quel patrimonio pubblico sottosoglia, che per normativa non può essere assegnato, a cooperative che operano nel terzo settore affinchè lo recuperino e lo gestiscano con affitti accessibili. Ciò non intaccherebbe risorse economiche pubbliche e non svenderebbe il già esiguo parco di alloggi; dall’altra definire lo status sociale dell’alloggio in funzione del reddito del suo inquilino così che un alloggio possa diventare anche temporaneamente ‘sociale’ non tanto per il finanziamento che ne ha permesso la costruzione quanto piuttosto per le condizioni economiche di colui che lo occupa. Così che, invece di costruire nuovi alloggi (sociali e non), vengano resi disponibili quelli, anche privati, che si liberano ogni anno in una prospettiva di equità sociale e spaziale all’interno di un sistema in cui il locatore ufficiale sia lo Stato. Queste proposte porterebbero con sé i vantaggi di utilizzare tutto il patrimonio abitativo costruito senza occupare ulteriore suolo; eliminare gli attuali quartieri ghetto mescolando i diversi ceti sociali negli alloggi disponibili nelle città; facilitare la mobilità abitativa per questioni di lavoro o di sopraggiunte diverse necessità del nucleo familiare; contribuire alla diminuzione di precarietà e povertà.
I quartieri pubblici. Luoghi per nuove sperimentazioni politiche gestionali progettuali
A. Delera
2022-01-01
Abstract
Il contributo ripercorre alcune questioni note, ma comunque drammatiche, sull’esiguità di Edilizia Residenziale Pubblica nel nostro paese e la carenza di finanziamenti dedicati, sulle difficoltà gestionali e manutentive del patrimonio pubblico e la necessità di rafforzare il regime dell’affitto quale strumento decisivo per rendere più sociali le politiche del nostro paese. Alcune proposte, in qualche caso attuate in altri avanzate provocatoriamente da studiosi del settore, potrebbero essere prese in considerazione per cambiare il registro delle politiche abitative da sempre costruite per poche categorie sociali e reddituali e che oggi, invece, devono reggere il confronto con un panorama sociale che si presenta estremamente variegato. Da una parte potrebbe risultare strategico conferire in comodato d’uso per qualche decina di anni quel patrimonio pubblico sottosoglia, che per normativa non può essere assegnato, a cooperative che operano nel terzo settore affinchè lo recuperino e lo gestiscano con affitti accessibili. Ciò non intaccherebbe risorse economiche pubbliche e non svenderebbe il già esiguo parco di alloggi; dall’altra definire lo status sociale dell’alloggio in funzione del reddito del suo inquilino così che un alloggio possa diventare anche temporaneamente ‘sociale’ non tanto per il finanziamento che ne ha permesso la costruzione quanto piuttosto per le condizioni economiche di colui che lo occupa. Così che, invece di costruire nuovi alloggi (sociali e non), vengano resi disponibili quelli, anche privati, che si liberano ogni anno in una prospettiva di equità sociale e spaziale all’interno di un sistema in cui il locatore ufficiale sia lo Stato. Queste proposte porterebbero con sé i vantaggi di utilizzare tutto il patrimonio abitativo costruito senza occupare ulteriore suolo; eliminare gli attuali quartieri ghetto mescolando i diversi ceti sociali negli alloggi disponibili nelle città; facilitare la mobilità abitativa per questioni di lavoro o di sopraggiunte diverse necessità del nucleo familiare; contribuire alla diminuzione di precarietà e povertà.File | Dimensione | Formato | |
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