Gather differences. Sacred spaces and diversity The tensions, even hard, between different credo, are often on the agenda with their ferocious degenerations, discriminations and radicalizations: “universalistic” visions clash with the need of every credo to be alternative to the others, and so in contrast. This ambiguity is contained in the word “religion” itself. In most European languages two meanings can be associated to this word, through its Latin roots: first, to tie, knotting together human and divine (religare: to connect), and second to collect around a mode (a rite), chosen to guarantee and verify an identity (religere: to distinguish). Also spaces hosting rites live on this ambiguity: they are dedicated to gather the broadest and inclusive community (and their etymologies in the three monotheistic credo remind it), and at the same time they become sign of difference and limit for every different behavior, in an idea of Sacred as secluded and forbidden. Contemporary society amplify this problems: the mobility of things, ideas and people intensify potential tensions, and at the same time it opens to places and possibilities to verify new ways of living the religious experience. For this reason the need of finding new open configurations for every place of worship, is accompanied by the urgency of experimenting sharing places for religious practices in situation of diversity. We think above all to places of culture and higher education (universities, …), or infrastructures of transports (stations, airports, ...), or places of forced stay (hospitals, prisons, ...), but also to community based on the communion of the religious experience. Architecture, especially in a declination careful to people and its gestures, can answer this question through places able to synthesize undeniable specificities and possible sharing. We propose a dissertation developing in parallel theoretical questions, historical case studies and design evaluation carried on through the university design didactics.

Radunare differenze. Spazio sacro e diversità Le tensioni, spesso aspre, fra diversi credo religiosi, sono spesso all’ordine del giorno con degenerazioni cruente, esclusioni, discriminazioni e radicalizzazioni: visioni “universalistiche” si scontrano con la necessità di ogni fede religiosa di essere alternativa alle altre e per questo ad esse in contrapposizione. È una ambiguità contenuta nella stessa parola “religione” a cui possono essere associati due sistemi di significati attraverso i due verbi che ne sono alla radice: il legare, annodare insieme umano e divino (religare: cioè ciò che unisce) e il raccogliere attorno a modalità (riti) continuamente scelti come garanzia e verifica di una appartenenza (religere: cioè ciò che distingue). Anche gli spazi che accolgono i riti vivono di questa ambiguità: sono deputati all’adunanza di una comunità che si vuole ampia, inclusiva e universale (e le radici etimologiche delle parole che designano i tre luoghi dei culti monoteistici rimandano a questa dimensione), ma diventano segno di differenza e di limite a quanto non conforme al rito per il quale l’assemblea è convocata (e qui pesa maggiormente il riferimento al sacro come ciò che è separato e interdetto). La società contemporanea amplifica questi temi: la grande mobilità delle cose, delle idee e soprattutto delle persone che le incarnano acuiscono da un lato le tensioni potenziali, dall’altro aprono luoghi e occasioni per sperimentare differenti modalità di vivere l’esperienza religiosa. Per questo alla necessità di trovare configurazioni aperte dei singoli luoghi di culto, che siano generatori di relazioni allargate, si affianca l’urgenza di sperimentare luoghi di condivisione delle pratiche religiose in situazioni di forte commistione culturale. Si pensa qui soprattutto ai luoghi della cultura e dell’istruzione a livelli avanzati (università, …), ai luoghi delle infrastrutture di scambio e di trasporto (stazioni, aeroporti,…), a quelli nei quali una qualche condizione obbligata costringe persone in un luoghi definiti (ospedali, carceri, …) piuttosto che a comunità che programmaticamente intendono adottare pratiche di condivisione delle esperienze religiose. L’architettura, soprattutto in una declinazione attenta alla “preziosità della persona” e “dei suoi gesti” può rispondere a questa domanda attraverso luoghi capaci di fare sintesi fra specificità irrinunciabili e possibili condivisioni. Si propone una trattazione che si sviluppi in parallelo fra problematiche teoriche, esempi storici e verifiche progettuali svolte in ambito didattico.

Gathering differences. Sacred spaces and diversities

Roberto Rizzi
2021-01-01

Abstract

Gather differences. Sacred spaces and diversity The tensions, even hard, between different credo, are often on the agenda with their ferocious degenerations, discriminations and radicalizations: “universalistic” visions clash with the need of every credo to be alternative to the others, and so in contrast. This ambiguity is contained in the word “religion” itself. In most European languages two meanings can be associated to this word, through its Latin roots: first, to tie, knotting together human and divine (religare: to connect), and second to collect around a mode (a rite), chosen to guarantee and verify an identity (religere: to distinguish). Also spaces hosting rites live on this ambiguity: they are dedicated to gather the broadest and inclusive community (and their etymologies in the three monotheistic credo remind it), and at the same time they become sign of difference and limit for every different behavior, in an idea of Sacred as secluded and forbidden. Contemporary society amplify this problems: the mobility of things, ideas and people intensify potential tensions, and at the same time it opens to places and possibilities to verify new ways of living the religious experience. For this reason the need of finding new open configurations for every place of worship, is accompanied by the urgency of experimenting sharing places for religious practices in situation of diversity. We think above all to places of culture and higher education (universities, …), or infrastructures of transports (stations, airports, ...), or places of forced stay (hospitals, prisons, ...), but also to community based on the communion of the religious experience. Architecture, especially in a declination careful to people and its gestures, can answer this question through places able to synthesize undeniable specificities and possible sharing. We propose a dissertation developing in parallel theoretical questions, historical case studies and design evaluation carried on through the university design didactics.
2021
Advances in utopian studies and sacred architecture
978-3-030-50764-0
Radunare differenze. Spazio sacro e diversità Le tensioni, spesso aspre, fra diversi credo religiosi, sono spesso all’ordine del giorno con degenerazioni cruente, esclusioni, discriminazioni e radicalizzazioni: visioni “universalistiche” si scontrano con la necessità di ogni fede religiosa di essere alternativa alle altre e per questo ad esse in contrapposizione. È una ambiguità contenuta nella stessa parola “religione” a cui possono essere associati due sistemi di significati attraverso i due verbi che ne sono alla radice: il legare, annodare insieme umano e divino (religare: cioè ciò che unisce) e il raccogliere attorno a modalità (riti) continuamente scelti come garanzia e verifica di una appartenenza (religere: cioè ciò che distingue). Anche gli spazi che accolgono i riti vivono di questa ambiguità: sono deputati all’adunanza di una comunità che si vuole ampia, inclusiva e universale (e le radici etimologiche delle parole che designano i tre luoghi dei culti monoteistici rimandano a questa dimensione), ma diventano segno di differenza e di limite a quanto non conforme al rito per il quale l’assemblea è convocata (e qui pesa maggiormente il riferimento al sacro come ciò che è separato e interdetto). La società contemporanea amplifica questi temi: la grande mobilità delle cose, delle idee e soprattutto delle persone che le incarnano acuiscono da un lato le tensioni potenziali, dall’altro aprono luoghi e occasioni per sperimentare differenti modalità di vivere l’esperienza religiosa. Per questo alla necessità di trovare configurazioni aperte dei singoli luoghi di culto, che siano generatori di relazioni allargate, si affianca l’urgenza di sperimentare luoghi di condivisione delle pratiche religiose in situazioni di forte commistione culturale. Si pensa qui soprattutto ai luoghi della cultura e dell’istruzione a livelli avanzati (università, …), ai luoghi delle infrastrutture di scambio e di trasporto (stazioni, aeroporti,…), a quelli nei quali una qualche condizione obbligata costringe persone in un luoghi definiti (ospedali, carceri, …) piuttosto che a comunità che programmaticamente intendono adottare pratiche di condivisione delle esperienze religiose. L’architettura, soprattutto in una declinazione attenta alla “preziosità della persona” e “dei suoi gesti” può rispondere a questa domanda attraverso luoghi capaci di fare sintesi fra specificità irrinunciabili e possibili condivisioni. Si propone una trattazione che si sviluppi in parallelo fra problematiche teoriche, esempi storici e verifiche progettuali svolte in ambito didattico.
spazio sacro, interreligioso, architettura degli interni, identità
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Utilizza questo identificativo per citare o creare un link a questo documento: https://hdl.handle.net/11311/1210887
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